Il primo contatto tra l’uomo e la capra e il suo addomesticamento
La capra è il primo animale ad essere addomesticato dall’uomo. Dati arcaici infatti affermano che in Medio Oriente, con precisione in prossimità della città di Zagros tra l’Iraq e l’Iran, durante il corso del Neolitico all’incirca 10.000 anni fa l’uomo riuscì per la prima volta ad intraprendere l’allevamento caprino. La prima capra allevata è di un’unica razza chiamata anche Capra aegragus detta anche Bezoar. Dalla zona di addomesticamento l’allevamento della capra si diffonde a est e a ovest attraverso le migrazioni delle popolazioni che si sono succedute nel tempo. In Europa e precisamente sulle Alpi, arriva a seguito delle popolazioni danubiane circa 5000 anni fa a.C, mentre sulle coste la via d’ingresso di questa specie è rappresentata principalmente dalle migrazioni via mare,che si sono verificate attraverso il mediterraneo. Cosi in seguito a diversi incroci si sono diffuse le prime razze di capre, e tra le più riconosciute possiamo citare le africane-mediterranee, asiatiche-mediorientali e alpine-europee. Ma giusto per capire in quale ambiente l’uomo è venuto a contatto per la prima volta con la capra, e soprattutto i benefici che ha tratto passiamo ad esaminare il contesto storico.
Il Neolitico
Il Neolitico è un periodo della preistoria, l'ultimo dei tre che costituiscono l'età della pietra. Etimologicamente il termine fa riferimento all’età della nuova pietra,ma questa età è caratterizzata soprattutto dalla pratica dell’agricoltura, e dell’allevamento del bestiame in particolare nella zona della Mezzaluna fertile dove infatti all’allevamento si accompagna la coltivazione dei primi foraggi essenziali per l’alimentazione degli animali come l’orzo, i cereali, la bietola, soia, farro. Con ciò si constata come il neolitico mediante l’allevamento del bestiame vede la prima rivoluzione della storia, la madre di tutte le rivoluzioni che seguiranno nel futuro, e ciò che maggiormente mi rende felice a dimostrazione dell’importanza dell’allevamento caprino è proprio il fatto che alla base della prima rivoluzione è protagonista la capra. Cosi l’uomo oltre a ricavare i primi vantaggi dovuti alla produzione del latte, e della carne, ha modo di instaurare il primo rapporto affettivo con la capra. In fine col trascorrere degli anni sino alla fine del novecento quasi ogni casa disponeva di una stalla per far posto ad una capretta.
La capra nella più famosa Trilogia di Camilleri “Il Sonaglio” e il rapporto affettivo con il protagonista Giurlà.
Anche nella letteratura italiana soprattutto,in quella contemporanea la figura della capra assume un ruolo centrale. Oltre infatti ad essere trattata da Umberto Saba nella poesia “La Capra” è presente anche in un grande contemporaneo ancora in vita: Andrea Camilleri, che infatti nella sua immensa produzione colloca al primo posto una trilogia nella quale lo scrittore siciliano, sostiene di aver dato il meglio di sé. Il primo dei tre che formano questa trilogia si intitola: “Il Sonaglio” e il tema centrale di questo libro è la storia di un ragazzino Giurlà di 14 anni che durante l’ottocento, secolo in cui è ambientata la storia,in seguito agli eventi negativi che coinvolgono la famiglia, si ritrova a lavorare presso un grande feudo. Qui gli viene affidata la gestione di duecento capre, con le quali Giurlà instaura un grande rapporto affettivo particolarmente con una capretta che chiamerà Beba. Il rapporto è cosi intenso che addirittura Beba soffre la temporanea assenza di Giurlà tanto da non voler nemmeno mangiare e viceversa anche il giovane sente la mancanza di Beba. Il rapporto che si crea tra i due nonostante Camilleri abbia apportato delle caricature è del tutto normale. E infatti lo stesso rapporto che si crea in una fattoria didattica tra il bambino e gli animali quante volte capita che i bambini non vogliono abbandonare la fattoria didattica!! Questo rapporto inoltre si fa testimone di come non solo gli animali domestici, ma anche animali da reddito come la capra riescono ad interagire perfettamente con l’uomo e maggiormente con i bambini o ragazzi. Essi riescono soprattutto a farsi protagonisti delle maggiori opere di letterati italiani del calibro come Camilleri e Saba.
Il significato della storia si concentra soprattutto sulla possibilità del riscatto sociale mediante le proprie tradizioni, e i vecchi mestieri. In questo caso Giurlà aveva l’opportunità di lavorare in una miniera, ma spinto dalla passione, e dall’amore nei confronti delle capre decise di lavorare con loro. Cosi Giurlà è stato premiato è infatti riuscito a sposare alla fine la figlia del nobile presso cui lavorava riuscendo ad arricchirsi, realizzando contemporaneamente il suo desiderio di vivere in mezzo alle capre e alla campagna. La storia deve fungere da esempio a stare con gli animali e incentivare soprattutto i rapporti affettivi con essi in questo caso con le capre che a quanto sostiene Camilleri, svolgono un ruolo essenziale al fine dell’interazione con i giovani. Ecco perché tra tutti gli animali Camilleri ha voluto scegliere la Capre.
Il mito Amaltea la capra che allevò Zeus
Secondo la mitologia tramandataci da Ovidio nel XI libro delle Metamorfosi sappiamo che Amaltea, probabilmente la capra di una ninfa, allattò Zeus,il re degli Dei, ed un fauno,sul monte Ida a Creta. Zeus infatti ancora infante era stato nascosto dalla madre Rea per sfuggire al padre Crono,il quale divorava tutti i suoi figli per paura di essere spodestato. Diventato grande e re degli dei Zeus diede un potere alle corna di Amaltea, mediante il quale il suo possessore poteva ottenere tutto ciò che desiderava, da qui nasce il corno dell’abbondanza relativo alla capra Amaltea o cornu copiae, chiamato appunto così in onore della capra. Ovidio ci tramanda anche che alla morte di Amaltea, Zeus la pose insieme ai suoi capretti tra gli astri del cielo e la chiamò Capella, da qui nasce il nome di una delle costellazioni più famose delle Pleiadi mentre chiamò i figli Aurige e n Aurige. Inoltre, prima della deposizione, Zeus prese la pelle della capra e creò una corazza indossata poi nella lotta contro il padre e tale rivestimento viene conosciuto come egide. Si vuole sottolineare il rapporto tra Zeus e la capra Amaltea e soprattutto come questa riesca a sostituire addirittura la figura della madre nonostante si tratti di una trattazione mitologica.
Le Metamorfosi sono state scritte da Ovidio fra il 1 d.C e l’8 d.C e sono conosciute come il poema delle trasformazioni. Ovidio in questi 15 libri narra in esametri epici circa 250 trasformazioni, la narrazione procede in maniera continua. Le principali fonti da cui Ovidio trae spunto sono Callimaco, Catullo e Virgilio. In conclusione possiamo dire che le Metamorfosi appaiono come un’opera assai godibile.
Amaltea insieme a Zeus e un fauno (Lorenzo Bernini – Roma, Galleria Borghese)
Amaltea con Zeus ormai adulto (Pierre Julie – Parigi, Museo Louvre)
La Capra in quanto animale. L’importanza del Rapporto tra l’uomo e gli animali nella filosofia di Marinetti
Sono diversi i filosofi che nella storia hanno considerato l’importanza e il valore degli animali nella società,e nel rapporto con l’uomo,e che ritengono necessario il rispetto nei loro confronti. Ma qualche intellettuale e filosofo del calibro di Marinetti si è voluto particolarmente concentrare sul rapporto affettivo tra l’uomo e gli animali. Egli sostiene a proposito della tradizione scolastica: che tolte le profonde barriere tra l'uomo e l'animale, se ne possano derivare, circa la loro comune natura ed origine, delle conseguenze che essa giudica pericolose." Marinetti inoltre traducendo il Parerga und Paralipomena di Schopenhauer evidenzia: “che la dedizione totale al presente, propria degli animali, è la precipua causa del piacere che ci danno gli animali domestici, essi sono il presente personificato e ci rendono sensibile il valore di ogni ora, di pace, e di tranquillità”. Ancora Marinetti sostiene:”che gli animali sono pieni di moralità, affetto e riconoscenza anch'essi godono, soffrono, ed esprimono all’uomo coi mezzi più suggestivi i sentimenti che essi provano”. Uno studioso della filosofia di Schopenhauer Giovanni Vattimo, sostiene: "in un'epoca in cui l'umanità si vede
sempre più minacciata nelle stesse elementari possibilità di sopravvivenza (la fame, la morte atomica, l'inquinamento), la nostra radicale fratellanza con gli animali si presenta in una luce più immediata ed evidente". Quanto detto non vuole affatto elevare gli animali al di sopra del loro essere, o della loro vita istintiva, ma vuole soltanto sensibilizzare l’uomo al rispetto di essi. A tal proposito Schopenhauer conclude il discorso sugli animali sostenendo che: "gli uomini riconosceranno che vi è fra tutte le creature un rapporto ed un'obbligazione vicendevole ed
estenderanno, senza sforzo, a tutti gli esseri viventi quei sensi di carità e di giustizia, che ora
consideriamo come dovuti soltanto agli uomini". In conclusione si può facilmente dedurre come i due filosofi invitano a mantenere permanentemente una tale interazione affettiva,e un rapporto amichevole con gli animali.
Piero Marinetti nasce a Point Cavese il 21 Agosto 1821, filosofo italiano,si distinse per essere stato uno dei docenti universitari, nonché l'unico filosofo universitario italiano, che rifiutò di prestare giuramento al fascismo. Si interessa della filosofia post-Kantiana.
Negli scritti “La psiche degli animali” e “Pietà verso gli animali”, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti umani, ma deve estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore. Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.
L’intuizione del valore terapeutico degli animali risale addirittura a 12000 anni fa quando l’uomo in seguito all’addomesticamento degli animali instaura un rapporto di intensa affettività con essi. Bisogna giungere al XVIII secolo prima di riconoscere l’effetto benefico esercitato dalla presenza degli animali sull’umore e sulle condizione di salute del paziente. Fu poi un medico francese al termine della II guerra mondiale ad utilizzare animali, da compagnia come supporto per ridurre i danni psicologici causati a molte persone dagli eventi bellici. Questa terapia in medicina viene riconosciuta col nome di Pet Therapy, neologismo inventato da una psichiatra anglosassone Boris Levinson nel 1953. Infatti in seguito ad una scoperta casuale: un bambino con tratti autistici, in cura presso di lui, si dimostrò più spontaneo e più disponibile all'interazione, dopo aver avuto un contatto da lui stesso voluto, con il cane (cocker) .
Nel 1961 nasce ufficialmente la "terapia con gli animali" come tecnica d'intervento terapeutico: l'animale diventa "co-terapeuta" nel processo di guarigione, rivestendo il ruolo di "mediatore emozionale" e "catalizzatore" dei processi socio-relazionali.
La funzione della capra nella Pet Therapy, e l’interazione con i diversamente abili.
La capra come già noto riesce ad instaurare un ottimo rapporto affettivo con l’uomo tanto da sentirne la temporanea mancanza, per cui viene utilizzata nella Pet Terapy a scopo terapeutico soprattutto in bambini con disturbo da deficit ed iperattività, ma anche con bambini aventi problemi cognitivi e psicosociali. Oltre a garantire la sostituzione di affetti mancanti o carenti, è particolarmente adatta a favorire i contatti inter-personali offrendo spunti di conversazione, di ilarità, e di gioco, l'occasione, di interagire con gli altri per mezzo suo. Ancora la capra nella Pet Therapy. Può svolgere la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress, e di conflittualità e può rappresentare un valido aiuto per pazienti con problemi di comportamento sociale e di comunicazione, specie se bambini o anziani, ma anche per chi soffre di alcune forme di disabilità e di ritardo mentale e per pazienti psichiatrici. Ovviamente la Pet Therapy coinvolge non solo la capra ma tutti gli animali da reddito, e inizialmente si diffonde con l’utilizzo del cane.
Come si applica la Pet Therapy
Innanzitutto è il medico a stabilire quando bisogna intervenire con la Pet Therapy, e spetta anche al medico stabilire quale animale utilizzare in base alla patologia del paziente. La Pet Therapy va applicata da personale specializzato che può essere psicologo, neurologo, medico, educatore, assistente o anche veterinario. Nell’applicare la medesima terapia bisogna garantire il rispetto nei confronti degli animali. Infine le fondamenta essenziali per poter applicare saggiamente la Pet Therapy sono le seguenti: passione e amore per gli animali e rispetto delle esigenze degli animali coinvolti nella Pet Therapy, competenze specifiche per questo tipo di lavoro, attitudini personali, e convinzione nel credere nell’efficacia di questa terapia.
Pet Therapy con le capre
Il valore della capra nella fattoria didattica
Una fattoria didattica è un’azienda agricola, in cui si fanno attività educative “attive”,in particolare per bambini e ragazzi. Le attività proposte della fattoria sono tenute da personale specializzato e l’obbiettivo della fattoria didattica è diffondere le conoscenze sulle attività svolte in fattoria, coinvolgendo gli ospiti (bambini, ragazzi e anche adulti) nella realizzazione di un "prodotto" tipico, o in altre attività agricole, come la raccolta di prodotti ortofrutticoli. Cosi la fattoria didattica fa da ponte tra la campagna e la città, con lo scopo principale di educare colui che si appresta a venire a contatto con gli animali. Il Decreto legislativo 228 del 18 maggio 2001, “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”, indica le attività ricreative e didattiche che mirano a una migliore conoscenza del territorio tra le attività multifunzionali dell’imprenditore agricolo.
Nascita delle fattorie didattiche
Le fattorie didattiche iniziano a diffondersi intorno agli anni Venti dello scorso secolo insegnando la vita della campagna a chi vive in città; si diffondono soprattutto nei Paesi scandinavi, in particolare in Norvegia, Danimarca e Svezia. In Italia la fattoria didattica inizia a svilupparsi intorno agli anni Settanta. A dare idee e ispirazione al fenomeno era un movimento giovanile nato nel 1914 negli Stati Uniti. Questo movimento (che esiste ancora) si chiama Club4H. Le quatto ‘h’ del nome indicano le parole inglesi head, health, hearth e hand (head-testa, health-salute, heart-cuore e hand-mani). Il Club4H promuove lo sviluppo armonico dell’individuo moderno, secondo un modello di insegnamento che si riassume nello slogan “learn to do by doing”(imparare facendo). Ma passiamo ora a vedere che cosa è davvero una fattoria didattica e soprattutto a valutare l’importanza della capra in essa.
Lo scopo della fattoria didattica
Con la guida di operatori qualificati, adulti e bambini imparano a conoscere meglio l’ambiente rurale, le piante, gli animali e i prodotti della terra. Si cimentano in attività agricole tipiche e in antichi mestieri. L’Italia attualmente dispone di oltre 2000 fattorie didattiche con oltre il 50 % che allevano capre, e recentemente sono nati anche dei progetti con fini educativi come Educazione alla Campagna Amica”, “Primavera Bio”, "Fattorie Didattiche a porte aperte" e "Campagna Amica".
La capra nella fattoria didattica assume un ruolo importante: permette infatti di conoscere se stessi e il proprio corpo,prendersi cura delle sue necessità comporta una gratificazione reciproca che cementa il rapporto tra persona e animale. La capra oltre che ha garantire il contatto diretto dell’uomo con essa, e dunque permettere una dettagliata conoscenza delle strutture fisiologiche dell’animale,ai fini di poter capire le caratteristiche proprie, garantisce anche un grande rapporto d’affetto. La capra infatti essendo un ruminante molto curioso e facilmente affabile instaura un grande rapporto affettivo con l’uomo e specialmente con i bambini a maggior ragione se questi riescono ad accattivarsi la sua fiducia, tanto da soffrirne in seguito la loro mancanza. Questo rapporto d’affetto è di cruciale importanza nelle persone diversamente abili e particolarmente in bambini con disturbo da deficit di attenzione con iperattività, in casi di bambini affetti da autismo,o da sindrome di Down, e in molte altri disturbi psicosociali. Ovviamente la fattoria didattica non ospita soltanto bambini diversamente abili, ma anche bambini che hanno voglia di stare a contatto con gli animali,e molte fattorie didattiche inoltre collaborano mediante dei progetti con le scuole ai fini di mettere a contatto anche bambini delle città a contatto con gli animali da reddito. Oltre il rapporto che si crea con la capra inoltre bisogna anche valutare come si può lavorare con i prodotti della capra si può a tal caso intraprendere la lavorazione del latte per i formaggi e la ricotta ai fini di imparare nuove arti piacevoli ed importanti. D'altronde chi dei bambini non mangia latte o latticini?
L’educazione in fattoria mira, a finalità specifiche collegate al programma didattico che si svolge, alla qualità dell’offerta formativa e alle peculiarità dell’azienda. Non basta certo una giornata in fattoria per imparare come funziona un’azienda agricola o un allevamento, oppure com’è la vita degli animali della fattoria, per questo sempre più spesso tra scuola e fattoria si istaurano rapporti duraturi con più visite in stagioni diverse.
Finalità educative
Le finalità educative generali delle visite in fattoria:
- educare i giovani ad una sana alimentazione e a un consumo consapevole attraverso la comprensione delle relazioni esistenti tra tecniche produttive, qualità delle produzioni, tutela della salute e dell’ambiente;
- far crescere l’attenzione per l’agricoltura a basso impatto ambientale e la tutela dell’ambiente stesso promuovendo comportamenti ecocompatibili e sostenibili;
- valorizzare il rapporto città campagna, avvicinando il consumatore ai valori culturali, storici, ambientali, produttivi del mondo rurale;
- favorire la conoscenza della storia locale e delle tradizioni legate ai cicli stagionali;
- educare all’uso dei sensi come strumenti di valutazione della qualità;
- far conoscere le produzione tipiche del territorio;
- comprendere l’importanza della biodiversità;
- valorizzare il ruolo dell’allevatore.
a cura di Angelo Saglimbeni