Non sono ancora certe le origini di questa razza, anche se possiamo attribuire la sua derivazione alla popolazione caprina dell’arco alpino costituita in origine da soggetti simili nella morfologia, tipo di corna, portamento delle orecchie, mole, ma caratterizzati da grande mescolanza di mantelli.
L’uomo allevatore successivamente, preferendo alcuni mantelli rispetto ad altri, ha dato il via alla nascita di gruppi di soggetti accomunati da questo carattere. A favorire questa situazione risulta anche l’ambiente geografico in cui ci troviamo; infatti le catene montuose fino ad alcuni decenni fa costituivano delle barriere naturali determinando la nascita di isole all’interno delle quali si evolveva la selezione artificiale e naturale degli animali da reddito allevati.
Oggi l’unico standard ufficiale per questa razza è quello pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (27 gennaio 1995), anche se le nuove conoscenze maturate negli ultimi anni hanno arricchito lo standard in molte sue parti. La capra bionda dell’Adamello è un soggetto dal pelo di media lunghezza e dal mantello di colore bruno chiaro, da qui il nome, ma a rendere affascinante questo animale sono le pezzature bianche distribuite sul corpo in maniera perfettamente regolare.
Sempre presenti le due striature che partendo dalla regione sopraciliare si fondono sul muso che risulta chiaro, come le orecchie e le parti distali degli arti. Dello stesso colore sono l’interno delle cosce, lo specchio anale e, molto ricercato e non sempre presente, il ventre e lo sterno di colore chiaro.
Maschio e femmina di capra Bionda dell'Adamello (foto www.assonapa.com)
In tabella sono indicate le misure morfometriche di un campione ( n. 101 femmine) di soggetti "biondi":
Tipo di misura | Media ± D.S. (cm) |
Altezza al garrese | 74,3 ± 3,4 |
Altezza alla spina soprassacrale | 75,6 ± 3,4 |
Larghezza del torace | 15,9 ± 1,5 |
Altezza del torace | 32,6 ± 2,2 |
Lunghezza della groppa | 23,7 ± 1,5 |
Larghezza alle anche | 16,9 ± 1,2 |
Larghezza alle articolazioni coxofemorali | 20,3 ± 1,8 |
Lunghezza del tronco | 81,8 ± 4,2 |
Circonferenza del torace | 84,6 ± 4,8 |
Circonferenza dello stinco | 8,7 ± 0,5 |
La zona di massima concentrazione di questa capra risulta sicuramente la Val Camonica (BS), soprattutto nella Valle di Saviore ai piedi del massiccio dell’Adamello; di minore importanza sono i greggi presenti nella provincia di Bergamo e quelli nella zona dell’Alto Lario in provincia di Lecco.
L’allevamento della capra Bionda va dal tipo estensivo, con lo sfruttamento della produzione del capretto durante le festività pasquali, a quello di tipo semi-estensivo (professionale o amatoriale) dove il latte viene sfruttato inizialmente per l’alimentazione dei capretti e, successivamente, quando questi ultimi sono svezzati o macellati, per la caseificazione. In questo ultimo caso, sicuramente quello più interessante dal punto di vista economico, gli animali trovano ricovero nelle stallette di fondo valle nel periodo fra dicembre e marzo, mentre nel primaverile estivo si ha lo sfruttamento razionale del maggengo e dell’alpeggio.
Gli allevatori che sfruttano la produzione di latte a livello professionale sono indirizzati verso una caseificazione di tipo tradizionale che associ la loro razza ad una produzione tipica, caratteristica oggi molto richiesta dal consumatore. Fra le produzioni di formaggi dei più disparati tipi ne esistono due di antica tradizione casearia: il "Fatulì" e il "Mascarpin". Il primo è prodotto con solo latte di capra Bionda e fatto affumicare su apposite griglie poste all’interno del camino, mentre il secondo è un’ottima ricotta prodotta con il siero di latte ottenuto dalla lavorazione del formaggio tradizionale e riposta per pochi giorni in appositi sacchetti di cotone. Attualmente risulta modesta la produzione di latte.
Questa situazione non è tipica solo della capra Bionda, ma può essere ricondotta a tutte la altre razze autoctone, e proprio per questo motivo bisognerebbe considerare le razze locali allevate in modo tradizionale come a triplice attitudine, carne per la produzione del capretto, latte per una caseificazione tradizionale e "sociale" perché sono in grado di mantenere sul territorio gli abitanti di zone marginali, garantendo la pulizia dei boschi, lo sfalcio dei prati o pratopascoli e rallentando l’abbandono degli alpeggi.
Riguardo all’importanza delle popolazioni di razze locali possiamo distinguere tre aspetti:
- Aspetto scientifico: è legato alla biodiversità e quindi all’aver preso coscienza che l’allevamento di poche razze superselezionate ha portato ad una erosione genetica con perdita di patrimoni preziosi difficilmente riproducibili;
- Aspetto economico: in visione del fatto che il consumatore oggi predilige un prodotto identificabile da una tecnologia di produzione tipica meglio se riconducibile ad un preciso animale rispetto ad un prodotto del tutto anonimo, come accade oggi con il latte alimentare prodotto esclusivamente con vacche di razza Rendena;
- Aspetto sociale: perché può aiutare a dar vita ad un settore legato a profonde tradizioni culturali che altrimenti andrebbero a morire.
Chiaramente per la buona riuscita della salvaguardia di una razza, l’aspetto economico risulta leggermente più importante rispetto ali altri: è infatti facile intuire che l’allevatore ripone nei propri animali sia interessi affettivi per una razza autoctona della zona, ma anche economici, quando risulta più facile la commercializzazione dei prodotti caseari tradizionali. Questo è positivo per l’allevatore che ha un riscontro economico e di riflesso anche per gli animali che verranno preferiti ad altri. Sicuramente la situazione, per quanto riguarda la capra Bionda, è migliorata rispetto a qualche anno fa, anche se il pericolo di vederla estinta è solo parzialmente scongiurato. Infatti secondo la "World Watch List for domestic animal diversity", FAO ’93, una razza per non essere considerata in pericolo deve presentare: una consistenza di fattrici pari a 1000 capi (per la bionda erano 700 nel 1997), femmine allevate in purezza al 100% e la popolazione deve essere in crescita. Nel nostro caso le prime due condizioni non si sono ancora verificate ma la popolazione è sicuramente in costante crescita.
Per la salvaguardia di questa razza locale risulta importante il coinvolgimento di Enti come i Parchi (Adamello e Adamello-Brenta), che come in Francia potrebbero diventare i propositori e i depositari dei progetti di salvaguardia delle razze in via di estinzione in un'ottica non propriamente protezionistica, come nel caso dei selvatici, ma più gestionale economica. In fondo tutto questo nasce dalla speranza di rivedere un giorno questo animale ritornare numeroso nei greggi delle sue valli a testimonianza della rinascita della zootecnia in montagna e del riappropriarsi del ruolo indispensabile che per anni ha legato strettamente l’uomo al suo territorio.
Associazione Allevatori per la Tutela e la Valorizzazione della capra Bionda dell’Adamello
Via Zendrini, 62 - 25050 BRESCIA
Tel 0364 638246
da "L’Allevatore" del 10 novembre 1997