Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Tribù: Hordeae
Specie: Triticum durum
Francese: blè; Inglese: wheat; Spagnolo: trigo; Tedesco: Weizen.
Il frumento o grano duro si è evoluto piuttosto tardi (IV sec. a.C.) soppiantando il farro in tutta l’area mediterranea e medio-orientale a clima caldo e siccitoso, dove tuttora ha la massima diffusione. Assai recente è l’introduzione del frumento duro negli altri continenti.
Il frumento duro nel mondo è coltivato su un’area molto meno estesa del frumento tenero e con impiego prevalente per la preparazione di paste alimentari, previa speciale macinazione che porta alla produzione della semola, anziché di farina.
Le statistiche ufficiali FAO hanno solo la voce “frumento” senza distinzione tra tenero e duro; tuttavia si stima che il duro sia esteso sul 9% della superficie totale a frumento.
In Europa il principale produttore di duro è l’Italia che nel 2000 gli ha destinato 1,6 Mha su un totale a frumento di 2,3 Mha, con una produzione di 4,5 Mt.
Il frumento duro ha avuto una notevole espansione in Italia negli anni ’70 a seguito della politica agricola seguita dalla Comunità Europea. Constatato che il consumo di paste alimentari aumentava e che la produzione europea era largamente deficitaria, la CE per ridurre l’importazione ha voluto incentivare la produzione comunitaria di frumento duro.
Questa politica è stata ed è di notevole vantaggio per l’Italia, che è il più grande produttore di frumento duro, e in particolare per le sue regioni meridionali e insulari dove è stata tradizionalmente concentrata la produzione di questo cereale. I contributi comunitari per ettaro, assai superiori di quelli del frumento tenero, hanno stimolato l’espansione della coltivazione del frumento duro dalle regioni dove prima era esclusivamente limitata (Sicilia, Sardegna, Puglia, Basilicata, Lazio e Bassa Toscana) ad altre regioni dell’Italia centrale e finanche settentrionale, in sostituzione del frumento tenero.
A Triticum durum - B Triticum aestivum var. Spada - C Triticum aestivum var. Brasilia (www.ense.it)
Una tipica cariosside di frumento tenero si distingue da una tipica cariosside di frumento duro per l’aspetto opaco e la frattura non vitrescente, le minori dimensioni, la forma più arrotondata, l’embrione introflesso, la presenza di villosità all’estremità opposta a quella dell’embrione. Tuttavia il riconoscimento di cariossidi di frumento tenero in campioni di frumento duro presenta notevoli difficoltà e richiede grande esperienza, in particolare nel caso di alcune varietà di frumento tenero (es. Spada) i cui granelli hanno caratteristiche morfologiche più simili a quelle dei grani duri rispetto ad altre. (da www.ense.it)
Il frumento duro (Triticum durum) fa parte del gruppo dei frumenti tetraploidi. Verosimilmente è il frutto di selezione antropica in climi caldo–aridi, per caratteri utili delle spighe e della granella ( cariossidi nude, endosperma vitreo e ricco di proteine) a partire dai frumenti tetraploidi primitivi.
Il frumento duro si differenzia dal tenero per i seguenti caratteri morfologici;
- Spiga lateralmente compressa, anziché quadrata, se vista in sezione; glume carenate fino alla base e giumelle inferiori terminanti sempre con una resta molto lunga e spesso pigmentata;
- Cariosside assai grossa (45-60 mg), a sessione trasversale subtriangolare, con albume che tipicamente ha struttura vitrea, ambracea, cornea, anziché farinosa;
- Ultimo internodo pieno, per cui il culmo sotto la spiga è resistente allo schiacciamento.
L’adattamento del frumento duro è meno largo di quello del frumento tenero: meno di questo resiste ad avversità come il freddo, l’umidità eccessiva, l’allettamento e il mal di piede; molto più di questo vede compromessa la qualità della granella da condizioni ambientali improprie.
Per quanto riguarda il terreno il frumento duro dà migliori risultati in quelli piuttosto argillosi, di buona capacità idrica, mentre rifugge da quelli tendenti allo sciolto.
Il frumento duro è meglio del tenero adattato agli ambienti aridi e caldi, dove riesce a realizzare la migliore espressione di qualità.
Grano duro (CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=279530)
Il miglioramento genetico del frumento duro è proceduto con molto ritardo e con maggiore lentezza di quello del frumento tenero.
Solo negli ultimi decenni del XX secolo si è avuta una vivace ripresa di interesse per il miglioramento di questa specie, tradottasi nella realizzazione di parecchie nuove varietà radicalmente rinnovatrici del panorama varietale italiano.
I problemi del miglioramento genetico del frumento duro sono stati mossi da due esigenze: quella di creare varietà agronomicamente migliori per le aree di tradizionale coltivazione del frumento duro (Meridione e Isole), e quelle di creare nuove varietà per poter estenderne la coltura nell’Italia centro-settentrionale.
Gli aspetti principali da affrontare nel miglioramento del frumento duro sono i seguenti:
- Resistenza all’allettamento. La suscettibilità a questa avversità, impedendo di sorpassare soglie produttive modeste, è stato il principale fattore responsabile delle basse rese del frumento duro, nonché uno dei più forti ostacoli all’estensione della coltura a nord del suo areale tipico, in terreni, generalmente, di maggiore fertilità.
- Precocità. La tardività di fioritura e di maturazione ha sempre in passato costituito un altro gravissimo limite alla produttività del frumento duro. Infatti tanto più la cruciale fase di granigione si svolge in stagione avanzata, tanto più alte sono che la siccità e/o le ruggini la ostacolino.
- Resistenza al freddo. Rientrano in questo campo la resistenza ai forti e prolungati abbassamenti termici invernali e alle gelate primaverili. Questo problema si pone con carattere di pregiudizialità per l’estensione della coltura nell’Italia centro-settentrionale con inverni assai più rigidi delle tipiche zone meridionali di coltivazione del frumento duro.
- Resistenza alle malattie. Le stesse avversità che colpiscono il frumento tenero possono attaccare il duro. Anzi questo è ancora più sensibile di quello agli agenti del mal del piede e alla segale cornuta.
- Miglioramento qualitativo. I caratteri richiesti per un buon livello merceologico del grano duro riguardano sia la resa in semola durante il processo di macinazione che il processo di pastificazione.La bianconatura (presenza di cariossidi che invece di avere l’endosperma completamente vitreo presentano settori a consistenza farinosa) è causa di deprezzamento merceologico del prodotto in quanto ne risulta peggiorata la resa in semola, il colore di questa e l’omogenea colorazione della pasta.
Altre caratteristiche qualitative richieste per il frumento duro sono:
- Cariossidi di elevato peso ettolitrico; di colore giallo traslucido, brillante; assenza di macchie scure sull’embrione o su altre parti della cariosside(puntatura o volpatura).
- Semola ben colorata (alto indice di giallo) per elevato contenuto di carotenoidi e flavonoidi, senza residui di involucri, buona granulazione e con spigoli vivi, con basso contenuto in ceneri (non superiore a 0,85%s.s.) elevato contenuto di proteine e glutine, buone qualità del glutine;
- Pasta di bel colore giallo, trasparente, omogenea, dotata di buon comportamento alla cottura, per quanto riguarda elasticità, collosità, resistenza.
Anche per il frumento duro le prime “razze elette” sono state ottenute per selezione nell’ambito di popolazioni indigene.
Il massimo avvicinamento all’ideotipo di frumento duro è stato oggi realizzato con le varietà derivate dall’ibridazione del frumento duro con un frumento tenero giapponese.
Queste varietà per precocità e resistenza all’allettamento hanno una potenzialità produttiva elevatissima, non inferiore a quella dei frumenti teneri.
Le 10 più diffuse varietà di frumento duro, che nel 2003 coprivano il 70% dell’intera superfice, sono le seguenti, in ordine decrescente: Simeto, Duilio, Ciccio, Arcangelo, Creso, Colosseo, Iride, Rusticano, Grazia e Svevo.
La tecnica culturale del frumento duro ricalca da vicino quella del frumento tenero. Verranno qui di seguito accennati i punti per i quali se ne diversifica.
Semina. La semina del frumento duro va fatta con un leggero anticipo su quella del tenero; in tal modo si favorisce l’accestimento e si anticipa, sia pur di poco, la fioritura e la maturazione.
Quantità di seme. In passato si seminava molto meno fitto del tenero: 120Kg /ha; la tendenza odierna, specialmente nelle zone non particolarmente aride, è di impiegare quantità di seme assai maggiori, non molto più basse di quelle consigliate per il tenero: 350-400 cariossidi per metro quadrato, pari a 180-200 kg ha-1 e talora più, se la varietà, come spesso si verifica, è a granella grossa.
Avvicendamento. Le nuove varietà sono esigenti quanto i teneri: quindi vanno in rotazione come primo grano; da evitare il ristoppio data la sensibilità del duro al mal del piede.
Concimazione. Per la concimazione potassica e fosfatica si comporta come con il tenero, basandosi sulla dotazione del terreno. Per la concimazione azotata si dovrebbe seguire la tendenza a forzarla, considerando però i pericoli dell’allettamento e della stretta ( resa particolarmente pericolosa e temibile dalla tardività della maturazione). Le varietà resistenti all’allettamento possono essere concimate finanche con 150-200 kg ha-1 d’azoto, ma in ambienti siccitosi la concimazione va opportunamente ridotta. La concimazione azotata oltre ad aumentare le produzioni areiche diminuisce la percentuale di bianconatura rendendo la granella più proteica. Particolarmente efficaci per prevenire la bianconatura sono le azotature tardive.
Diserbo. Il frumento duro è un po’ più sensibile del tenero alla tossicità degli erbicidi i quali, perciò, vanno adoperati a dosi leggermente inferiori. La tecnica e i prodotti sono gli stessi indicati per il frumento tenero.
Le rese ottenibili col frumento duro sono ormai dello stesso ordine di grandezza di quelle ottenibili nelle stesse condizioni coi frumenti teneri, per cui la convenienza economica a coltivare l’una o l’altra specie dipende essenzialmente dal valore di mercato della granella e dal regime di contribuzione CE; quest’ultima, nel caso del frumento duro, è riservata a determinare regioni ed è subordinata alla coltivazione di varietà con buone caratteristiche qualitative.
In molte zone dell’Italia meridionale vanno considerate buone, rese superiori a 3,5 t/ha.
Il frumento duro produce una granella dalla quale si ricava la semola, materia prima per la preparazione delle paste alimentari, costituita da frammenti d’endosperma più o meno grandi, a spigolo vivo, non farinosi.
Mietritrebbiatura
La macinazione del frumento duro è quindi fatta con un sistema diverso da quello adottato per il frumento tenero essendo volta ad ottenere semola, anziché farina, oltre ai sottoprodotti crusca e farinetta. Il dato qualitativo più importante per l’industria semoliera è la resa di macinazione, ossia i kg di semola ottenibili da 100 kg di granella.
Questo valore dipende dal peso ad ettolitro, dal grado di bianconatura e principalmente dal contenuto in ceneri; infatti la legge stabilisce per le semole un contenuto massimo di ceneri dello 0,85% e per non superare questo limite il molitore è talora costretto ad abbassare la resa di macinazione.
I requisiti minimi richiesti per l’accettabilità del frumento duro sono praticamente gli stessi indicati per il frumento tenero panificabile con in più i seguenti: peso ad hl: 76kg; % massima di chicchi bianconati anche solo parzialmente: 50%, di cui chicchi di frumento tenero: 4%. La tolleranza relativamente alla % di bianconatura è del 20%: ciò vuol dire che detrazioni vengono fatte solo quando la bianconatura è superiore a questo valore fino al limite massimo di ricevibilità.
I duri di qualità superiore si ottengono solo nelle regioni tipiche del Sud Italia, grazie alle condizioni edafiche e climatiche che assicurano l’insieme delle caratteristiche determinanti un’ottima qualità pastificatoria.
La utilizzazione assolutamente prevalente del frumento duro è per la preparazione della pasta, definita dalla legge come segue: Sono denominati “pasta di semola di grano duro” e “pasta di semolato di grano duro” i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente:
a) con semola di grano duro ed acqua;
b) con semolato di grano duro ed acqua.
La prima lavorazione cui la granella di frumento duro viene sottoposta è, quindi, una speciale macinazione (frantumazione delle cariossidi con rulli scalanati ) con la quale si ricavano semola e semolato dall’endosperma amilifero, germe e crusca.
E’ denominata semola il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.
E’ denominato semolato il prodotto ottenuto come sopra, dopo l’estrazione della semola.
Le caratteristiche che devono possedere i due prodotti sono le seguenti:
- semola: ceneri, minimo 0,70%, massimo 0,85%; cellulosa, minimo 0,20%
massimo 0,45%; sostanze azotate, minimo 10,50%;
- semolato: ceneri, minimo 0,90%,massimo 1,20%; cellulosa, massimo 0,85%; sostanze azotate, minimo 11.50%.
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Il ristagno prolungato dell’acqua determina sulle colture nascite irregolari, diradamenti, scarso accestimento, suscettibilità a malattie; si hanno poi: maggiori invasioni di erbe infestanti, le quali generalmente tollerano l’asfissia meglio delle piante coltivate, e dispersione di azoto minerale per denitrificazione e per lisciviazione.
Allettamento. Piogge violente accompagnate dal vento possono provocare l’allettamento, cioè il coricamento dei culmi che si piegano alla base prostandosi a terra. È evidente che l’allettamento può succedere solo dopo che la levata della coltura è avviata.
Il danno che l’allettamento provoca è di natura e gravità diversa a seconda di quando si verifica: in prossimità della raccolta, quando la fase di riempimento è conclusa, il danno consiste solo in qualche difficoltà nella raccolta; a levata iniziata da poco il danno è limitato poiché i culmi allettati si raddrizzano in quanto incurvano i loro internodi e riprendono l’assetto eretto; è quando l’allettamento si verifica verso la fine della levata, quando i culmi non hanno più la capacità di raddrizzarsi, che il danno è massimo. Infatti l’anomalo assetto della vegetazione pregiudica gravissimamente l’assimilazione della coltura: la piegatura dei culmi ostacola la salita della linfa greggia; le foglie anziché essere protese a ricevere la luce, vengono a trovarsi prostrate a terra in un ammasso dove la luce non entra, l’aria circola male, le malattie fogliari trovano condizioni favorevoli per attaccare. Il risultato è che il processo di assimilazione fotosintetica è compromesso nelle fasi cruciali di fioritura e/o granigione, sempre con produzione di granella scarsa e di pessima qualità.
L’allettamento si produce per una causa meccanica: la forza orizzontale del vento, e il suo verificarsi o meno dipende, a parità di forza del vento, dalle caratteristiche della copertura vegetale: altezza delle piante, robustezza, elasticità e sanità dei culmi.
Queste caratteristiche della vegetazione dipendono in parte da fattori varietali, geneticamente determinati, in parte da fattori ambientali. L’altezza dei culmi è una caratteristica prevalentemente varietale, ma sulla quale influisce anche il livello di concimazione. La robustezza dei culmi dipende prevalentemente dalle condizioni di concimazione. L’elasticità dei culmi dipende prevalentemente dalle condizioni di coltivazione: semine troppo fitte e squilibri o eccessi di concimazione azotata predispongono le colture ad allettarsi perché per la forte competizione reciproca i culmi durante la levata si significano poco e restano sottili e deboli, specialmente gli internodi più bassi, quelli meno illuminati e più sollecitati meccanicamente.
L’allettamento è anche la conseguenza dell’attacco di un fungo (mal del piede prodotto da Cercosporella) che rende fragile la paglia nella parte basale dei culmi di frumento.
L’allettamento è il principale fattore determinante il limite di produttività dei cereali “a paglia” (tipo frumento). Lo straordinario aumento del livello produttivo delle varietà ottenute negli ultimi cinquanta anni è il risultato dei progressi del miglioramento genetico combinati con i progressi della tecnica colturale. I genetisti hanno selezionato varietà più resistenti all’allettamento che hanno consentito di modificare la tecnica colturale, intensificando la concimazione azotata e di conseguenza le produzioni unitarie.
Grandine. La grandine arreca danni particolarmente sensibili se cade alla spigatura e alla maturazione.
Numerosi sono i funghi patogeni che possono attaccare il frumento nei suoi vari organi, dalle radici alla spiga, da soli o in associazione, in tempi diversi o contemporaneamente. Vi sono parassiti considerati secondari in passato che oggi, con l’intensificazione della coltivazione, stanno aumentando la loro pericolosità.
I più importanti e comuni sono i seguenti.
Mal del piede. Per mal del piede si intende un quadro patologico che si manifesta sulla parte basale del culmo del frumento e sulle radici e che è provocato da diversi possibili agenti patogeni.
I più noti sono:
- 1 Ophiobolus graminis, molto frequente in Italia nelle zone di coltivazione del frumento tenero e solo eccezionalmente in quelle del frumento duro;
- 2 Cercosporella herpotricoides i cui attacchi rendono fragile la paglia e quindi provocano allettamenti a tappeto; è molto frequente e temuta nelle zone cerealicole fresche e umide del Centro-nord d’Europa, mentre in Italia si riscontra solo nelle annate eccezionalmente piovose;
- 3 Funghi del gen. Fusarium (F. nivale, F. culmorum, F. graminearum), sono i più importanti e diffusi agenti del mal del piede sia nell’Italia centro-settentrionale sul frumento tenero sia in quella meridionale sul frumento duro.
Il sintomo più evidente è l’imbrunimento della parte basale dei culmi accompagnato da alterazioni delle radici. In conseguenza di ciò si ha arresto dello sviluppo dei culmi di accestimento, e quindi riduzione del numero di spighe a m2; se i culmi affetti arrivano a formare la spiga, si disseccano precocemente, sbiancandosi, e la spiga resta vuota di granelli o con granelli piccoli e striminziti.
Il mal del piede viene favorito dai seguenti fattori:
- Ristagni d’acqua: infatti spesso si rileva con diversa intensità in punti diversi dallo stesso campo;
- Semine troppo anticipate;
- Cattivo stato nutrizionale: una buona concimazione azotata è un potente mezzo di prevenzione;
- Un cereale come coltura precedente: il più importante effetto negativo del ringrano, ossia della monosuccessione di frumento, è l’intensificazione degli attacchi di mal del piede;
- Presenza della paglia in superficie.
Contro il mal del piede non esistono cure efficaci o varietà resistenti. Di conseguenza questa malattia si può prevenire solo con mezzi agronomici che riducono le cause predisponesti: interramento della paglia del cereale precedente; sistemazione dei terreni che assicuri un adeguato sgrondo delle acque; concimazione azotata abbondante; avvicendamento con colture diverse dai cereali; semine ritardate nei terreni a rischio.
Ruggini. Il sintomo caratteristico di questa famiglia di malattie è costituito da pustole di diverso colore, a seconda del fungo responsabile.
Tre ruggini principalmente attaccano il frumento:
- La ruggine gialla (Puccinia glumarum o striiformis) che forma pustole piccole, arrotondate, gialle, allineate tra le nervature delle foglie e sulle spighe; essendo la meno termofila gli attacchi possono verificarsi anche assai presto in primavera, provocando danni molto seri in certe annate sulle varietà sensibili;
- La ruggine nera (Puccinia graminis varietà tritici): è la più termofila, che attacca tardivamente le guaine e i culmi del frumento formandovi pustole allungate, bruno-nerastre e provocando la “stretta” nelle varietà molto tardive (mentre le attuali varietà precoci le sfuggono);
- La ruggine bruna (Puccinia recondita o triticina) che provoca pustole giallo-rossastre sparse sulle due facce delle foglie, ha esigenze termiche intermedie tra le precedenti e provoca attacchi sporadici ma gravi.
La diffusione delle ruggini è favorita dal rigoglio vegetativo e dal decorso climatico caldo e umido; perciò le ruggini sono particolarmente temibili nei terreni vallivi, umidi, nei climi nebbiosi, sui frumenti tardivi o su quelli concimati con eccesso di azoto. I rimedi preventivi risultano quindi evidenti. La scelta di varietà tolleranti resta comunque il mezzo più efficace per evitare i danni da ruggine; per la ruggine bruna e nera un tipo di resistenza efficiente si è dimostrato la precocità che consente di sfuggire agli attacchi.
Oidio. L’oidio o mal bianco (Erisiphe graminis varietà tritici) colpisce foglie, steli e spighe formando una lanugine superficiale, prima bianca poi grigiastra disseminata di punti neri. Questa malattia si sviluppa in particolare in colture molto fitte e rigogliose e quando il cielo è coperto.
Forti attacchi riducono la capacità di assimilazione del fogliame; gravi in special modo gli attacchi sulla penultima e ultima foglia (foglia-bandiera).
Septoriosi. Le septoriosi sono provocate da septoria tritici e Septoria nodorum. La prima si sviluppa sulle foglie di frumento durante gli inverni miti, provocando macchie bruno chiare a forma di losanga che finiscono per confluire fino a disseccare le foglie.
La seconda attacca anche i nodi del culmo, che diventano molli, poi le spighe che diventano grigiastre per il disseccamento delle glume.
Le septoriosi, in caso di semente contaminata, provoca il marciume delle piantine in germinazione; a evitare questo pericolo serve la concia delle semente.
Carie. La varie (Tilletia tritici e Tilletia laevis) sono altri parassiti fungini che trasformano i chicchi del frumento in granelli ovoidali tozzi, grigio-bruni, pieni di una polvere scura dall’odore di pesce fradicio. Escludere dalla semina la granella proveniente da campi infetti ed effettuare la concia del seme sono rimedi pienamente efficaci.
Carbone. Assai meno pericoloso della carie è il carbone (Ustilago tritici), che appare alla spigatura. Le giovani spighe si presentano prive di spighette e ricoperte di una polvere bruno-scura.
La concia del seme con i fungicidi sistemici oggi disponibili è il rimedio migliore.
Segale cornuta. (Claviceps purpurea). Anche se questa malattia è molto più diffusa e grave nella segale, in rari casi è rilevabile anche sul frumento, specialmente quello duro. Il parassita si sviluppa nell’ovario dei fiori che trasforma, con la maturazione, in un corpo duro, allungato, nero-violaceo, che è lo sclerozio del fungo. Questi sclerozi contengono diversi alcaloidi (ergatossina, ecc.) fortemente tossici per l’uomo. Il limite legale di tolleranza nei cereali è l’1‰ di sclerozi nella massa.
Difesa
Mentre la concia della semente è un irrinunciabile intervento preventivo, molto opinabile è la tendenza recente a fare trattamenti anticrittogamici per prevenire e/o combattere le sopra citate malattie fogliari.
Nei Paesi del Centro Europa questi trattamenti sono diventati ordinari, considerati necessari per realizzare le altissime produzioni ivi conseguibili grazie a un clima favorevole al cereale ma anche alle crittogame fogliari.
In Italia, dove le condizioni climatiche sono meno umide e quindi meno propizie agli attacchi fungini, in genere è sufficiente evitare di coltivare varietà suscettibili ma scegliere quelle geneticamente resistenti o tolleranti, perché questi trattamenti possano essere omessi: il che è un vantaggio economico non meno che ecologico.
I parassiti animali che attaccano la pianta di frumento non provocano, di solito, danni diffusi, e in genere non richiedono interventi appositi durante la vegetazione.
Il seme appena affidato al terreno può essere preda di topi, delle arvicole, dei passeri e di altri uccelli.
La base dei culmi può venire minata dalle larve degli elateridi (Agriotes lineatus, A. obscurus, A. pilosus).
Le larve della mosca del frumento (Clorops taeniopa, Oscinella frit) possono provocare danni sensibili scavando gallerie nello stelo.
Sulle spighe, all’epoca della fioritura, si possono trovare colonie di afidi (Sitobium avenae, S. granaria). Sempre sulle spighe, in talune zone cerealicole si possono verificare attacchi massicci di cimici delle piante (Aelia rostrata) che danneggiano il raccolto con le loro punture alle spighe e alle cariossidi. Solo dopo attenta valutazione della gravità degli attacchi e dell’entità del danno atteso (“soglie d’intervento”) si dovrà decidere se intervenire.
La granella immagazzinata è soggetta agli attacchi delle tignole e del punteruolo. La larva della tignola vera (Sitotroga cerealella) penetra nel chicco nutrendosi del suo contenuto amidaceo e può produrre danni ingenti. Invece la larva della falsa tignola (Tinea granella) riunisce con fili sericei più granelli e se ne ciba. Quando l’attacco è intenso, alla superficie dei mucchi si forma un feltro di cariossidi collegate tra loro. La femmina del punteruolo (Calandra spp.) depone un uovo per cariosside; la larva si nutre rodendo l’interno del chicco.
a cura di Francesco Sodi