Classe: Dicotyledonae
Ordine: Leguminosae
Famiglia: Papilionaceae
Tribù: Genisteae
Specie: Lupinus spp.
Lupino bianco Lupinus albus L.
Francese: Lupin blanc; Inglese: White lupin, Wolf bean; Spagnolo: Altramuz chocho blanco; Tedesco: Wolfsbohne, weisse Bohne, weisse Lupine.
Lupino blu Lupinus angustifolius L
Lupino giallo Lupinus luteus L.
Il lupino è una leguminosa da granella nota e diffusa fin dalla più remota antichità nel Bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente per la sua notevole adattabilità agli ambienti più ingrati, acidi e magri dove ogni altra leguminosa fallisce, per il suo potere di migliorare la fertilità del terreno e per la sua capacità di produrre una granella ricchissima di proteine (fin oltre il 35%) anche se non priva di vari inconvenienti. Infatti i semi di lupino contengono alcaloidi amari e/o velenosi che devono essere eliminati mediante prolungato lavaggio perché i semi possano essere adoperati nell’alimentazione umana o animale.
In Italia la coltura del lupino è crollata a seguito dello spopolamento delle aree svantaggiate nelle quali il lupino aveva trovato inserimento in ordinamenti colturali quanto mai poveri.
Le regioni italiane dove il lupino ha la maggior diffusione sono Calabria, Lazio, Puglia e Campania.
Nuove prospettive di espansione potrebbero aprirsi per il lupino con la selezione di varietà a bassissimo contenuto di alcaloidi (varietà dolci).
Lupino bianco - Lupinus albus L. e Lupino blu - Lupinus angustifolius L. (foto www.net-garden.de)
I lupini coltivati in Europa appartengono a tre specie: lupino bianco (Lupinus albus), lupino giallo (L. luteus) e lupino blu o azzurro (L. angustifolius).
In Italia la sola specie interessante, perché la più adatta al clima e ai terreni prevalenti, è il lupino bianco, mentre le altre specie sono più favorite dai terreni acidi e dal clima a estate umida e fresca.
Il lupino bianco è caratterizzato dai seguenti tratti. Pianta annuale, eretta, alta fino a 1,5 m, poco ramificata, pubescente. Radice robusta, fittonante, che ospita numerosi tubercoli globosi prodotti dal Rhizobium.
Le foglie sono alterne, palmato-composte, cioè composte da un lungo picciolo alla sommità del quale sono inserite 5-9 foglioline intere ovate-lanceolate, glabre sulla pagina superiore, spesso vellutate su quella inferiore.
I fiori sono bianchi, grandi, vistosi, riuniti in racemi sulla parte terminale del fusto e delle ramificazioni.
Dopo la fecondazione, che è prevalentemente autogamia, si formano i legumi che sono lunghi, eretti, addossati all’asse del racemo, pubescenti, schiacciati, contenenti numerosi (3-6) semi.
I semi sono grandi, bianchi, lenticolari, di diametro fino a 15 mm, di peso variabile da 0,3 a 0,6 g per seme.
Lupino giallo - Lupinus luteus L. (foto http://tncweeds.ucdavis.edu)
Come si è accennato, la peculiarità del lupino è quella di prosperare sui terreni acidi. È solo in questi che esso merita considerazione, infatti nei terreni calcarei il lupino non cresce e, d’altra parte, altre leguminose da granella di miglior qualità vi si possono coltivare.
La esigenza di acidità o, in altre parole, la tolleranza al calcare varia con la specie: il L. albus è il più tollerante (fino a pH 7,2), il L. luteus è il meno tollerante (pH ottimale tra 4,8 e 6).
Tutti i lupini, nessuno escluso, temono grandemente i ristagni e l’asfissia radicale, per cui solo i terreni sciolti e ben drenati si confanno loro.
I terreni subacidi di origine vulcanica presenti dal Lazio alla Campania sono i più vocati per il lupino.
Per quanto riguarda le esigenze climatiche, l’elemento più importante è la resistenza ai geli: solo il lupino bianco resiste al freddo tanto da poter essere seminato in autunno in Italia e d’altra parte tollera i calori e la siccità che quivi incontra nella fase di maturazione.
Il miglioramento genetico del lupino è iniziato diversi decenni fa con l’obiettivo di abbassare il contenuto di alcaloidi dei semi. Varietà straniere “dolci” sono oggi disponibili sia di lupino bianco sia di lupino azzurro: di tutte va verificato se siano idonee alla semina autunnale in Italia.
Nuovi obiettivi che il miglioramento genetico ha iniziato a perseguire sono la resistenza alle crittogame, la indeiscenza dei baccelli, la tolleranza al calcare, la resistenza al freddo.
Il lupino va considerato come una coltura miglioratrice che si alterna con il cereale autunnale e che richiede una tecnica non meno curata delle altre coltivazioni. Quindi: aratura delle stoppie a media profondità, anticipata il più possibile rispetto alla semina, ed erpicature per preparare il letto di semina che peraltro, non richiede di essere molto amminutato.
La semina del lupino bianco in Italia si fa in ottobre-novembre, a file distanti 0,25-0,35 m con un numero di semi idoneo ad assicurare una densità di popolamento di 20-30 piante a m2; con i tipi più comuni necessitano 100-150 Kg/ha di seme. Il lupino riesce a ben compensare deficienze d’investimento mediante la maggior ramificazione delle piante esistenti.
La concimazione da adottare ordinariamente è quella fosfatica: si può ritenere che 60-80 Kg/ha di P2O5 soddisfino largamente le esigenze della coltura. La concimazione potassica non è certamente necessaria nel caso di terreni subacidi di origine vulcanica, mentre può essere utile nei terreni silicei, acidi per dilavamento dei cationi. L’azoto non è mai necessario, grazie all’attiva azotofissazione simbiotica che ha luogo nei tubercoli radicali, abbondanti nel lupino.
Il controllo delle malerbe può essere realizzato con il diserbo; i diserbanti applicabili sul lupino sono compresi tra quelli già citati per le altre leguminose da granella.
Lupini sottovuoto (foto www.agraria.org)
La maturazione si raggiunge in giugno-luglio. Tradizionalmente il lupino era raccolto prima della piena maturazione, tagliando o estirpando le piante, lasciandole in campo a completare l’essiccazione e trebbiandole successivamente a parte.
La raccolta con mietitrebbiatrice è ostacolata dalla scolarità con cui i baccelli maturano, dalla facile deiscenza dei baccelli stessi e dalla possibilità che i semi siano rotti dagli organi lavoranti della mietitrebbiatrice.
Le produzioni medie che risultano dalle statistiche sono piuttosto basse, ma con un’idonea tecnica di coltivazione produzioni di 2,5-3,5 t/ha di granella dovrebbero essere realizzabili.
Avversità crittogamiche che possono recare serio pregiudizio al lupino sono i marciumi radicali (Fusarium spp., Rhizoctonia solani, Phythium debaryanum), favoriti dal terreno asfittico. Anche diversi virus possono attaccare questa specie.
a cura di Francesco Sodi