Famiglia: Solanaceae
Specie: Lycopersicon esculentum Mill.
Sinonimo: Lycopersicon lycopersicun (L.) Karst ex Farwell
Francese: tomate; Inglese: tomato; Spagnolo: tomate; Tedesco: Tomate.
Il pomodoro è una Solanacea originaria dell’America sud-occidentale (Cile, Ecuador, Perù) che solo agli inizi del 1800 cominciò ad essere impiegata in Italia come condimento e che alla fine dello stesso secolo iniziò ad essere trasformata industrialmente.
Nell’anno 2000 il pomodoro copriva in Italia circa 128.000 ettari con una produzione media di 54 t/ha, destinati per il 15% al consumo fresco e per l’85% all’industria conserviera per concentrati, pelati, triturati, passate, ecc. rilevante importanza economica ha la produzione fuori stagione per consumo fresco con circa 6.000 ha di coltura in serra.
Frutti di Pomodoro varietà Pizzutello (foto www.agraria.org)
Il pomodoro è una pianta erbacea annuale alta da 0,7 a 2 metri, eretta quando è giovane ma che tende a diventare prostrata sotto il peso dei frutti.
Il fusto e le foglie sono pubescenti essendo ricoperti da corti peli ghiandolari che quando sono stropicciati emanano un odore caratteristico. Le piante nate e cresciute in posto sviluppano una forte radice fittonante che ramifica abbondantemente e forma un denso apparato radicale; nel caso di piante trapiantate il fittone perde la sua predominanza; la massima profondità di radicamento varia da 0,7 a 1,5 metri.
Le foglie sono grandi, spicciolate, irregolarmente composte da foglioline diseguali a lembo più o meno inciso. Il fusto in certi tipi presenta sviluppo indeterminato, cioè il suo meristema apicale mantiene per tutta la vita della pianta la capacità di formare foglie e infiorescenze all’ascella di queste; in altri tipi lo sviluppo è determinato, cioè la gemma apicale ad un certo momento si trasforma in infiorescenza e nuovi germogli si sviluppano all’ascella delle foglie precedentemente formate sicché la pianta assume portamento cespuglioso e taglia contenuta.
I fiori si formano in numero variabile da 4 a 12 su infiorescenze a racemo che sorgono all’ascella delle foglie. I fiori sono gialli, bisessuati, con ovario supero pluriloculare e pluriovulare, gli stami sono in numero di 5 o più, formati con le antere un manicotto intorno al pistillo, motivo questo per cui la fecondazione è prevalentemente autogamia.
Il frutto è una bacca di forma e dimensioni variabilissime (globosa, appiattita, allungata, ombelicata; liscia o costoluta); con numero di logge variabile; di colore generalmente rosso a maturazione per la presenza di un pigmento carotinoide chiamato licopene.
Nella polpa contenuta nelle logge delle bacche stanno numerosi semi discoidali, schiacciati che quando sono secchi sono tormentosi e di colore giallo-grigiastro; 1000 semi pesano 3 grammi circa.
La formazione di frutti partenocarpici, ossia sviluppatisi senza fecondazione e quindi privi di semi, è possibile, anzi per promuovere lo sviluppo nelle colture forzate in serra, dove le condizioni per la normale fecondazione non sono le più favorevoli, si fanno appositi trattamenti ormonici per stimolare l’accrescimento dell’ovario in mancanza di fecondazione.
Il peduncolo che sostiene il frutto normalmente presenta una zona di abscissione che suberificandosi favorisce il distacco dei frutti giunti a maturazione; in certi tipi (jointless) questa zona di distacco manca sicché i frutti restano attaccati a lungo alla pianta.
I frutti del pomodoro hanno la seguente costituzione media: polpa e succo 95-96%, buccia 1-2%, semi 2-3%.
Il pomodoro è una pianta con elevate esigenze termiche, assai sensibile al gelo, che quindi nei climi temperato-caldi trova la sua stagione di crescita nel periodo estivo; altrimenti va coltivato sotto serra. La temperatura minima per la germinazione è di 12 °C, per la fioritura di 21 °C; le temperature più favorevoli all’ingrossamento dei frutti e alla loro maturazione sono 24-26 °C di giorno e 14-16 °C di notte; temperature superiori a 30 °C, o che restano su valori elevati sia di giorno che di notte, provocano difetti di allegazione o difetti di colorazione e di consistenza dei frutti.
Una coltura trapiantata ha un ciclo di 100-120 giorni durante il quale il fabbisogno idrico totale è di circa 400 mm, secondo il clima; nel caso di coltura seminata il ciclo dura di più: circa 130-150 giorni.
Al pomodoro non si confanno gli ambienti umidi che favoriscono le malattie e i marciumi: i migliori sono quelli a clima piuttosto secco, con terreni a grande capacità di ritenzione idrica o con possibilità di irrigazione.
Per quanto riguarda il terreno, il pomodoro si adatta a una vasta gamma di tipi, purché ben drenati e di buona struttura, con pH compreso tra 5,5 e 8.
Non si può parlare di varietà se non si è prima parlato delle possibili utilizzazioni del pomodoro, che sono le seguenti.
L’industria agroalimentare produce diverse preparazioni di pomodoro: pelati, concentrati, triturati, ecc.
I pomodori da pelati devono avere le seguenti caratteristiche: bacche di forma allungata, a due logge, con pochi semi, pareti spesse, carnose e sode, buccia che si stacca con facilità durante la fase di pelatura, assenza di “fittone”, ossia di asse stilare chiaro in corrispondenza dell’attaccatura della bacca al peduncolo, o di difetti come scatolatura o strozzatura.
Ai pomodori per concentrati e per gli altri usi si richiede colore rosso intenso uniforme, alta resa industriale (pochi semi e poche bucce), alto contenuto di residuo secco, alto contenuto di zuccheri, sapore marcato, alto contenuto di licopene; la forma delle bacche in questo caso non ha rilevanza.
Per questo uso sono richiesti frutti regolari, di colore verde virante al rosso vivo, buccia sottile, polpa soda e abbondante, con pochi semi; la forma più apprezzata è quella tondo-liscia, di dimensione da grande a piccola secondo i mercati, ma anche varietà a bacca costoluta sono diffuse. Un notevole successo di mercato ha riscosso recentemente il pomodoro “cherry”, che produce frutti tondi, non più grossi di una ciliegia.
Il miglioramento genetico ha prodotto un gran numero di varietà per ciascuno di questi usi puntando ad elevare la produttività e la qualità. Altri importanti obiettivi di miglioramento sono quelli relativi alla resistenza a certe avversità ed alla meccanizzazione della raccolta. Le varietà che presentano resistenza a malattie hanno il nome accompagnato da sigle che si riferiscono al patogeno cui sono resistenti: V = Verticillium, F = Fusarium, TM = virus del mosaico del tabacco, N = nematodi.
Le varietà da raccolta meccanica (siglate RM) presentano sviluppo determinato e maturazione contemporanea, peduncolo “jointless” che resta attaccato alla pianta anziché alla bacca, buccia molto resistente che rende le bacche resistenti agli urti.
La semente di pomodoro è disponibile come varietà “standard”, ottenute da libera impollinazione, e come ibridi F1. questi stanno predominando sul mercato nonostante il loro alto costo, per una serie di vantaggi (produttività, uniformità, qualità, resistenza alle avversità).
Con i metodi dell’ingegneria genetica sono stati realizzati pomodori transgenici (OGM) aventi la caratteristica di conservarsi a lungo dopo la raccolta senza alterarsi.
Pianta di Pomodoro in fiore (foto Francesco Sodi)
Nella coltura da pieno campo il pomodoro è una tipica pianta da rinnovo. È sconsigliabile ripeterne la coltura sullo stesso terreno a intervalli troppo brevi: almeno 3-4 anni devono passare se si vuole evitare che la carica patogena di parassiti fungini (Verticillium, Fusarium) e di nematodi cresca troppo; in questo periodo il terreno non può ospitare nemmeno altre solanacee (tabacco, peperone, melanzana, patata) che hanno gli stessi problemi parassitari.
Nel caso della coltura in serra è più difficile rispettare la regola della rotazione e spesso per eliminare gli agenti patogeni presenti nel terreno si fa ricorso alla disinfezione con fumiganti e geodisinfestanti.
La preparazione del terreno per accogliere la coltura del pomodoro deve essere molto curata, soprattutto nel caso che l’impianto si faccia con semina in campo.
La successione delle operazioni in genere prevede un’aratura profonda (40-50 cm) nell’estate precedente e lavori complementari di affinamento durante l’autunno e l’inverno. Nei terreni argillosi per ottenere il perfetto affinamento richiesto dalle piccole dimensioni dei semi, opportuna risulta la preparazione anticipata del letto di semina con erpicature energiche che guasterebbero il buono stato strutturale del terreno.
In certi casi l’impianto della coltura di pomodoro non si fa in piano, ma su terreno sistemato “a porche” ossia sagomato in strette strisce sopraelevate separate l’una dall’altra dai solchi che servono per praticare l’irrigazione per infiltrazione laterale. In questi casi il terreno va predisposto modellandolo opportunamente prima della semina o del trapianto.
Al pomodoro deve essere assicurata un’adeguata fornitura degli elementi nutritivi necessari con concimi minerali anche nel caso, sempre meno frequente, che ci sia disponibile letame o qualche altro concime organico.
L’entità della concimazione va commisurata alla produttività della coltura e alla dotazione del terreno degli elementi macronutritivi N-P e K.
Nel caso di colture in serra, molto intensive e capaci di dare produzioni molto elevate (120-150 t/ha e oltre), si consigliano concimazioni del seguente ordine di grandezza: 100-150 Kg/ha di P2O5, 200-250 Kg/ha di K2O, 250-300 Kg/ha di azoto. Nel caso di colture da pieno campo la produttività è inferiore a quella in serra, ma anche qui bisogna distinguere tra coltura in asciutta e irrigata.
In coltura irrigata le produzioni sperabili sono dell’ordine di 80-100 t/ha e la concimazione va fatta con 100-120 Kg/ha di P2O5, 150-200 Kg/ha di K2O e 180-200 Kg/ha di azoto; dosi ridotte vanno previste nella coltura asciutta le cui produzioni si aggirano su 20-30 t/ha.
I concimi fosfatici e potassici vanno interrati durante la preparazione del terreno mentre quelli azotati vanno dati in parte al momento della semina o del trapianto (1/2-1/3 del totale, come urea) e in parte in copertura (come urea o nitrato ammonico).
Le coltivazioni di pomodoro possono essere impiantate con la semina in campo o con il trapianto. Il primo sistema si sta diffondendo nelle coltivazioni in pien’aria, il secondo è quello esclusivo nelle colture sotto serra ed è tuttora assai impiegato anche in pien’aria.
Semenzaio. Il trapianto richiede la produzione delle piantine in semenzaio che per lo più è protetto, per assicurare la temperatura idonea alla germinazione. La semina può essere fatta a spaglio sul letto di semina, o a seme singolo in contenitori (fitocelle, pannelli alveolari) o in cubetti di terriccio; nel primo caso le piante si trapiantano a radice nuda, negli altri casi con il pane di terra.
La semina in semenzaio assicura diversi vantaggi: guadagno di tempo, maggior precocità, maggiore uniformità, risparmio di seme (che nel caso di ibridi F1 è estremamente costoso).
La semina in semenzaio è fatta in epoca diversa secondo il tipo di coltivazione che si vuol fare: autunno-inizio inverno per le coltivazioni in serra; inverno per le colture anticipate, temporaneamente protette; fine inverno (febbraio-marzo) per le coltivazioni in campo di piena stagione; estate per le coltivazioni in ciclo posticipato.
Da 1 m quadrato di semenzaio possono essere ricavate 500-600 piantine idonee al trapianto per avere le quali vanno seminati 2-3 grammi di seme corrispondenti a 600-900 seme per metro quadrato. per ogni ettaro di coltura sono necessari 60-80 metri quadrati di semenzaio, considerando densità di piantamento di 3500-4500 piante per ettaro.
Trapianto. Dopo 40-60 giorni dalla semina le piantine di pomodoro raggiungono lo stadio di 4-5 foglie e un’altezza di 100-150 mm: è questo il momento migliore per il trapianto.
Nelle colture in pieno campo di pomodoro da industria il trapianto si fa da metà aprile a metà maggio. In pieno campo un tipo d’impianto molto usato è quello a file binate, di cui si parlerà in seguito a proposito della semina diretta.
Il trapianto si fa a mano o a macchina; a quest’ultimo sistema si adattano bene le piantine con pane di terra allevate in contenitori alveolari.
Semina diretta. La semina diretta tende a estendersi nella coltura di pieno campo perché ha il vantaggio di ridurre i costi d’impianto e di dar luogo a piante vigorose, specie nell’apparato radicale, non dovendo queste superare la crisi di trapianto. Gli aspetti negativi sono: si consumano maggiori quantità di seme, il letto di semina deve essere preparato con grande cura, un certo diradamento può talora essere necessario, la semina non può essere fatta prima che la temperatura abbia raggiunto il valore minimo necessario (12 °C circa) per assicurare una germinazione e un emergenza accettabilmente pronte.
Il pomodoro si può seminare con un eccesso di seme (1-1,5 Kg/ha) rinviando al diradamento l’eliminazione delle piante di troppo; oppure si possono seminare 0,4-0,5 Kg/ha di seme con seminatrice di precisione, nel qual caso il diradamento può essere omesso.
La distribuzione delle piante, e quindi dei semi, sul terreno si può fare a file semplici distanti 1-1,5 m, ma per lo più si fa a file binate con 0,30-0,40 m tra le file della bina e 1,3-1,5 m tra le bine.
La fila binata è vantaggiosa sotto diversi aspetti:
I. Migliore ombreggiamento delle bacche da parte del fogliame;
II. Minor ramificazione e maggior contemporaneità di maturazione per la forte competizione tra le piante della bina;
III. Minor costo dell’impianto d’irrigazione a goccia (piuttosto diffuso) per il minore sviluppo lineare delle ali gocciolanti;
IV. Maggior facilità di raccolta meccanica.
L’investimento desiderato varia da 3 piante a m2 nel caso di coltura a file semplici a 6-8 in caso di file binate.
La profondità di semina non deve essere eccessiva: data la piccolezza dei semi non vanno superati 20-30 mm.
Quando s’impiega la seminatrice di precisione la regolarità della semina è avvantaggiata dalla confettatura dei semi la cui superficie tormentosa tenderebbe a farli agglomerare.
La semina del pomodoro in pieno campo si fa in primavera: verso marzo negli ambienti più miti del Sud, in aprile al Centro-Nord.
Al trapianto è sempre necessaria un’irrigazione ausiliaria per assicurare l’attecchimento. Dopo la semina una rullatura può essere utile per favorire l’imbibizione dei semi e la germinazione.
Il risarcimento delle fallanze nel caso di trapianto e il diradamento può essere necessario per assicurare il giusto investimento. Le sarchiature sono consigliabili non solo per controllare le erbe infestanti, ma anche per arieggiare il terreno e ridurre l’evaporazione.
In molti casi è praticata la pacciamatura con film plastici neri: in genere è associata ad un tipo d’impianto a file binate e all’irrigazione “a goccia”. L’ala gocciolante è posta al centro della bina, al di sotto del film pacciamante. Gli elevati costi sono compensati da notevoli vantaggi sia agronomici sia qualitativi (pulizia del prodotto).
L’apposizione di sostegni è necessaria nel caso delle varietà da serra o di certe varietà (San Marzano) da orto a sviluppo indeterminato. In queste stesse varietà sono praticate alcune operazioni particolari quali: scacchiatura per eliminare i germogli ascellari e così mantenere una pianta monostelo; cimatura, spuntando la pianta lasciando 3-6 palchi fruttiferi in modo da favorire la maturazione dei frutti sui palchi lasciati; trattamenti con fitoregolatori che nelle colture in serra favoriscono l’allegagione dei fiori e lo sviluppo di frutti partenocarpici.
L’irrigazione è un intervento che aumenta e stabilizza le rese anche se non sempre favorisce la qualità dei frutti. Irrigazioni frequenti e leggere sono preferibili per i pomodori da mensa; per quelli da industria sono più indicate irrigazioni meno frequenti e più abbondanti, curando di fare l’ultima irrigazione con parecchio anticipo sulla raccolta; in caso di disponibilità idriche limitate si può fare qualche economia d’acqua durante la fase vegetativa e durante quella di maturazione, ma è importante che l’acqua non difetti durante la fase di fioritura. Un’impropria gestione dell’acqua può produrre su varietà sensibili danni come il marciume apicale, la spaccatura dei frutti e la scottatura.
Come sistemi d’irrigazione quello a pioggia non è scevro da inconvenienti (favorendo malattie fungine e cancro batterico); quello per infiltrazione laterale è uno dei più usati, mentre sta diffondendosi quello a goccia: entrambi hanno il vantaggio di non bagnare la vegetazione.
Piantina di Pomodoro con irrigazione a goccia (foto Francesco Sodi)
Pomodoro da mensa
La raccolta si fa a mano, scalarmene, quando i frutti sono invaiati, quando cioè il loro colore inizia a virare verso il rosa. La raccolta inizia 90-100 giorni dopo il trapianto nelle colture in serra, dopo 60-70 giorni nelle colture in piena aria. Per avere la necessaria uniformità di maturazione le raccolte devono essere fatte a intervalli brevi: 4 giorni al massimo.
I frutti vanno assortiti per calibro (minimo 35-40 mm di diametro, massimo 77-86 mm) e possono essere conservati per diversi giorni (3-4 settimane) a temperatura di 5-7 °C e alta umidità relativa dell’aria (85-90%).
Pomodoro da industria
La raccolta va fatta quando i frutti sono completamente maturi avendo raggiunto il massimo ingrossamento e sviluppo appieno la colorazione rossa.
L’epoca di raccolta coincide con il periodo di lavorazione degli stabilimenti e va dai primi di agosto alla fine di settembre al Sud, dalla metà di agosto alla seconda decade di settembre nella Valle padana.
La raccolta può farsi a mano in 2-3 volte, o in un’unica volta, ma il costo la rende difficilmente proponibile attualmente: la capacità operativa di un raccoglitore è di 80-120 Kg di frutti all’ora.
Al giorno d’oggi, grazie alle varietà a maturazione contemporanea, la raccolta si fa a macchina, in un’unica passata.
Le macchine per la raccolta del pomodoro sono semoventi o trainate ed eseguono le seguenti operazioni: una barra frontale recide le piante alla base; un piano elevatore le porta su setacci oscillanti che per sbattimento producono il distacco dei frutti e la separazione di questi dallo strame che cade posteriormente; le bacche vengono convogliate attraverso un nastro mobile su rimorchi che procedono a fianco della macchina. Ci sono macchine raccoglitrici integrali semoventi dotate di organi sterratori e addirittura di selettori ottici che riconoscono i pomodori maturi, rossi, da quelli verdi e da altri corpi estranei. La capacità di lavoro di queste macchine in condizioni ottimali può essere di 20-25 tonnellate all’ora.
Per accelerare e rendere contemporanea la maturazione dei frutti, il pomodoro può essere trattato con un fitoregolatore (Ethephon) quando è maturo il 20-30% dei frutti.
La raccolta a mano in numerose passate è tuttora praticata nelle aziende a conduzione familiare per certi tipi di pomodoro di gran pregio che hanno sviluppo indeterminato e richiedono i sostegni; esempio tipico è la varietà San Marzano.
Si considerano buone produzioni 80-100 t/ha; punte più alte (120-140 t/ha) non sono rare, in condizioni ambientali e tecniche particolarmente favorevoli, così come ovviamente sono possibili rese anche molto inferiori in condizioni opposte.
Mentre per il pomodoro da mensa la valutazione qualitativa è prevalentemente basata sulle caratteristiche organolettiche, per quello da industria tratti qualitativi importanti sono quelli attinenti alla struttura del frutto e alla sua composizione chimica, in relazione al tipo di preparazione cui i pomodori sono destinati.
Preparazioni industriali:
Pomodori pelati: si ottengono da varietà a frutto allungato, privati della buccia e inscatolati.
Pomodori triturati e polpe: frutti privati della buccia e dei semi, triturati in piccoli cubetti e inscatolati insieme a succo di pomodoro ristretto.
Succo di pomodoro: polpa e succo delle bacche di pomodoro separato dalle bucce e dai semi, al naturale o aromatizzato con spezie, succo di limone, ecc. per ottenere bevande.
Concentrati di pomodoro: succo di pomodoro concentrato con residuo secco, al netto di sale aggiunto, non inferiore ai seguenti valori: semiconcentrato: 12%; concentrato 18%; doppio concentrato: 28%; triplo concentrato: 36%; sestuplo concentrato: 55%.
Disidratato di pomodoro: succo di pomodoro disidratato e ridotto in polvere o in fiocchi (da utilizzare nelle miscele di ortaggi essiccati “da minestrone”).
Salse per condimento (tipo “Ketchup”): concentrato di pomodoro con aggiunta di zucchero, aceto, spezie.
Numerose sono le avversità che insidiano il pomodoro.
Tra le alterazioni fisiologiche ricordiamo il marciume apicale dei frutti causato da squilibri idrici; la spaccatura dei frutti provocata da un improvviso eccesso idrico che segue un periodo di stress; il colpo di sole o scottatura, quando l’improvvisa esposizione al sole dei frutti in fase di ingrossamento vi provoca chiazze decolorate e disseccate.
Tra i funghi terricoli che attaccano spesso le radici e il colletto ricordiamo Fusarium oxysporum e Vertillium dahliae che provocano la tracheomicosi. Rhizoctonia solani, Botrytis cinerea e Pythium spp. che attaccano il colletto. I più consigliati sono i mezzi di prevenzione: opportuna rotazione, buon drenaggio e impiego di varietà dotate di resistenza. In certi casi (semenzai, serre) si fa la disinfezione del terreno con fumiganti.
Tra le malattie che colpiscono la parte aerea le più pericolose sono le seguenti.
I. Peronospora (Phytophtora infestans). Colpisce le foglie, il fusto e i frutti invadendone i tessuti e formando una muffa biancastra. Bisogna trattare con prodotti preventivi o curativi.
II. Alternariosi (Alternaria solani). Sulle foglie forma macchie necrotiche rotondeggianti a contorno ben definito con zonature concentriche, sul fusto causa lesioni e strozzature del colletto. È necessario usare seme sano o conciato; i trattamenti antiperonosporici servono in genere a controllare anche questa malattia.
III. Virosi. Sono provocate da virus del mosaico del pomodoro e da quello del cetriolo. Accorgimenti opportuni sono: ampie rotazioni, seme sano, eliminazione delle piante ammalate e delle piante infestanti nei paraggi delle coltivazioni, disinfezioni di mani e attrezzi, lotta agli afidi vettori, uso di varietà resistenti.
IV. Antracnosi (Colletotrichum coccodes). Compare sui frutti prossimi alla maturazione o già raccolti, formando macchie rotondeggianti infossate che si estendono per zone concentriche.
V. Botrite (Botrytis cinerea). Oltre ad attaccare al colletto le giovani piantine, può colpire i frutti determinandone la marcescenza.
VI. Settoriosi (Septoria lycopersici). Forma sulle foglie piccole macchie circolari, di 2-3 mm di diametro, grigiastre, scure ai margini, disseminate di puntini neri. Si può intervenire con i prodotti indicati contro la peronospora.
Per ciò che riguarda i parassiti animali, subito dopo il trapianto temibili possono essere gli attacchi delle nottue e degli elateridi che rodono il colletto delle piantine: la geodisinfestazione è il più comune mezzo per controllarli.
Sulla vegetazione sono da paventare soprattutto gli afidi (Myzus persicae), la cimice del pomodoro e il ragnetto rosso (Tetranychus urticae) che in caso di forti attacchi vanno controllati tempestivamente con trattamenti specifici.
Non vanno dimenticati i nematodi galligeni che tendono a diffondersi quando la rotazione non viene rispettata, nel qual caso l’impiego di prodotti nematocidi diventa necessario.
Come si è ora visto, la coltivazione del pomodoro non è immaginabile senza certi trattamenti di difesa; è però necessario che questi trattamenti siano fatti coscienziosamente nei casi di reale necessità, scegliendo i prodotti più idonei e meno tossici, rispettando rigorosamente le dosi e i tempi di carenza.
a cura di Francesco Sodi