Riconoscimento UE: 2020
La “Mozzarella di Gioia del Colle” deve il suo nome alla modalità di lavorazione (“mozzatura” della pasta filata per essere modellata nelle forme tipiche) ed al preciso “storico” riferimento alla cittadina della Murgia pugliese cui questo formaggio, già dalla prima metà del secolo scorso, viene associato.
La zona di produzione, di trasformazione del latte e confezionamento della “Mozzarella di Gioia del Colle” comprende il territorio amministrativo dei seguenti comuni della provincia di Bari, della provincia di Taranto e parte del comune di Matera in Basilicata:
Acquaviva delle Fonti, Alberobello, Altamura, Casamassima, Cassano delle Murge, Castellana Grotte, Conversano, Gioia del Colle, Gravina in Puglia, Locorotondo, Monopoli, Noci, Putignano, Sammichele di Bari, Santeramo in Colle, Turi;
Castellaneta, Crispiano, Laterza, Martina Franca, Massafra, Mottola;
Mozzarella di Gioia del Colle
La “Mozzarella di Gioia del Colle” si presenta nelle seguenti tre diverse forme: sferoidale, di nodo e di treccia. Il suo peso, secondo la forma e le dimensioni, varia dai 50 ai 1.000 grammi. Viene commercializzata immersa in liquido di governo costituito da acqua, eventualmente acidulata e salata.
Si presenta con una superficie liscia o lievemente fibrosa, lucente, non viscida, né scagliata. L’aspetto esterno è di colore bianco, con eventuali sfumature stagionali di colore paglierino. Al taglio la pasta, che deve avere consistenza elastica ed essere priva di difetti, presenta una leggera fuoriuscita di siero di colore bianco. Per il sapore le note prevalenti sono di latte delicatamente acidulo, con piacevole retrogusto di fermentato, più intenso nel formaggio appena prodotto. Le note odorose prevalenti sono di latte/yogurt bianco con eventuali sfumature di burro.
Oltre ad essere un prelibato formaggio da tavola, accompagnato da verdure crude, o anche solo con olio e erbe aromatiche, grazie alla sua versatilità viene utilizzata in tantissime preparazioni: da appetizer, a condimento per primi piatti freddi o caldi, a ingrediente principe per la pizza, a gustoso condimento per preparazioni al forno a cui contribuisce con la sua attitudine a fondere. Si abbina sia a vini bianchi morbidi, di medio corpo, che forniscano una piacevole sensazione acida per contrastarne l'aroma delicato ma deciso, sia a vini rossi giovani.
Articolo 1.
Denominazione
La Denominazione di Origine Protetta “Mozzarella di Gioia del Colle” è riservata al formaggio fresco a pasta filata che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
Articolo 2.
Caratteristiche del prodotto
La “Mozzarella di Gioia del Colle” è un formaggio fresco a pasta filata, ottenuto da solo latte intero crudo di vacca, eventualmente termizzato o pastorizzato, ed è caratterizzato da una tecnologia di produzione basata sull’impiego di siero-innesto autoctono.
Composizione chimica (valori su prodotto fresco):
- lattosio ≤ 0,6 %;
- acido lattico ≥ 0,20 %.
Il profilo microbiologico del prodotto è caratterizzato dalla presenza di lattobacilli e/o lattococchi derivanti dall’uso del sieroinnesto.
La “Mozzarella di Gioia del Colle” si presenta con una superficie liscia o lievemente fibrosa, lucente, non viscida, né scagliata. L’aspetto esterno è di colore bianco, con eventuali sfumature stagionali di colore paglierino. Al taglio la pasta, che deve avere consistenza elastica ed essere priva di difetti, presenta una leggera fuoriuscita di siero di colore bianco. Per il sapore le note prevalenti sono di latte delicatamente acidulo, con piacevole retrogusto di fermentato, più intenso nel formaggio appena prodotto. Le note odorose prevalenti sono di latte/yogurt bianco con eventuali sfumature di burro.
Non è consentito l’impiego di conservanti e additivi/coadiuvanti.
La “Mozzarella di Gioia del Colle” si presenta nelle seguenti tre diverse forme: sferoidale, di nodo e di treccia. Il suo peso, secondo la forma e le dimensioni, varia dai 50 ai 1.000 grammi. Viene commercializzata immersa in liquido di governo costituito da acqua, eventualmente acidulata e salata.
Articolo 3. (Zona di produzione)
La zona di produzione, di trasformazione del latte e confezionamento della “Mozzarella di Gioia del Colle” comprende il territorio amministrativo dei seguenti comuni della provincia di Bari, della provincia di Taranto e parte del comune di Matera in Basilicata:
- in provincia di Bari:
Acquaviva delle Fonti, Alberobello, Altamura, Casamassima, Cassano delle Murge, Castellana Grotte, Conversano, Gioia del Colle, Gravina in Puglia, Locorotondo, Monopoli, Noci, Putignano, Sammichele di Bari, Santeramo in Colle, Turi;
- in provincia di Taranto:
Castellaneta, Crispiano, Laterza, Martina Franca, Massafra, Mottola;
- in comune di Matera:
porzione di territorio confinante con i comuni di Altamura, Santeramo in Colle e Laterza e delimitato dalla SS. 99 e dalla SS. 7.
Articolo 4.
(Elementi che comprovano l’origine)
Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. La tracciabilità del prodotto è garantita attraverso l’iscrizione di produttori e trasformatori in appositi elenchi gestiti dall’organismo di controllo, ed attraverso la denuncia tempestiva allo stesso dei quantitativi prodotti. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, saranno assoggettate a verifiche da parte dell’organismo di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano dei controlli.
Articolo 5.
Metodo di ottenimento
Il latte utilizzato per produrre la “Mozzarella di Gioia del Colle” proviene da allevamenti in cui le vacche in lattazione devono essere allevate in stabulazione che prevede il ricorso al pascolamento, per almeno 150 (centocinquanta) giorni per anno, di erbai monofiti o polifiti autunno-primaverili, composti da essenze leguminose (trifoglio, veccia, favino e pisello proteico) e cereali (avena, orzo, frumento duro, frumento tenero e loietto), ovvero da pascoli naturali di erbe spontanee.
L’alimentazione del bestiame, il cui latte è utilizzato per produrre la “Mozzarella di Gioia del Colle”, è costituita da erba e/o fieno di erbaio polifita in percentuale almeno pari al 60% della sostanza secca totale. Nella razione alimentare sono previsti inoltre concentrati di cereali (mais, orzo, frumento, avena) leguminose (soia, fave, favino, pisello proteico) e loro farine/fioccati, tal quale o sotto forma di mangimi complementari. Ed ancora carrube e sottoprodotti della lavorazione dei cereali, come crusca e cruschello di grano tenero, farinaccio di grano duro in percentuale inferiore al 40% della sostanza secca. Infine complessi minerali e vitaminici quali integratori.
Di tali prodotti destinati all’alimentazione degli animali, al fine di non compromettere le caratteristiche qualitative della “Mozzarella di Gioia del Colle” dovute al legame con il territorio, non meno del 60% deve provenire dalla zona geografica definita all’art.3.
Non possono essere somministrati alle vacche da latte alimenti che possono trasmettere al latte aromi e sapori anomali, tali da alterarne le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche; alimenti che rappresentano fonti di contaminazione o in cattivo stato di conservazione.
Per la produzione della Mozzarella di Gioia del Colle è utilizzato solo latte raccolto in due diverse mungiture.
1. Materia prima
All’arrivo al caseificio, il latte, non deve essere stato trattato termicamente;
Deve avere le seguenti caratteristiche: titolo in grasso minimo del 3,4 % e titolo proteico minimo del 3,2 % (media geometrica mensile di due analisi chimiche da laboratorio accreditato)
Deve essere trasformato entro la quarantottesima ora dalla prima mungitura.
2. Lavorazione in caldaia.
L’acidificazione della cagliata è ottenuta mediante l’aggiunta al latte di siero-innesto derivante da precedenti lavorazioni avvenute nella medesima azienda o, comunque, nel territorio di produzione. Il protocollo di produzione del siero-innesto è indicato nel successivo punto 4;
La coagulazione, previo riscaldamento del latte ad una temperatura variabile da 34°C a 36°C, avviene per aggiunta di caglio di vitello. La quantità aggiunta deve essere tale da far avvenire la coagulazione entro massimo 20 minuti;
E’ vietata l’acidificazione diretta con acidi organici e l’impiego di altri tipi di coagulanti; La rottura della cagliata deve avvenire fino alla dimensione di una piccola nocciola;
La maturazione della cagliata deve avvenire sotto siero per un tempo non inferiore alle 2 ore, a partire dall’aggiunta dell’innesto. Essa deve proseguire ininterrottamente all’interno dello stesso caseificio, fino al raggiungimento del pH desiderato. E’ vietato impiegare cagliata conservata di qualsiasi tipologia nonché l’uso di additivi e conservanti.
3. Filatura, formatura, salatura.
L’estrazione della cagliata avviene in prossimità del raggiungimento del pH di filatura (5.1- 5.4). Al termine della maturazione, la cagliata, dopo breve sosta sul tavolo spersoio, deve essere sminuzzata e posta in appositi contenitori per la filatura.
La filatura deve essere effettuata con acqua calda (con aggiunta di sale) avente una temperatura non inferiore a 85°C.
Dopo la modellatura il prodotto deve essere immesso in acqua fredda per ottenere il rassodamento.
4. Siero-innesto.
Il siero innesto si ottiene lasciando sviluppare in condizioni controllate la microflora presente naturalmente nel siero riveniente dalla lavorazione del giorno precedente. Il primo siero-innesto si ottiene dalla lavorazione di latte crudo proveniente dalla zona di produzione come da art. 3. Una volta coagulato il latte ed estratta la cagliata, si preleva il siero, si filtra e si trasferisce in fermentiera o altro recipiente in acciaio inox per l’incubazione; se possibile si effettua una preventiva scrematura, se non possibile si provvede periodicamente all’allontanamento del grasso che tende ad affiorare. I recipienti per l’incubazione devono essere adeguatamente igienizzati e ben risciacquati, onde evitare la presenza di residui di detergenti o disinfettanti.
La procedura d’incubazione del siero perché esso diventi siero-innesto deve essere la seguente:
- se non si usa fermentiera e non è prevista la termostatazione, portare la temperatura della massa sierosa a 42-44 °C, lasciare a riposo fino ad un'acidità di 22-28 °SH su 50 ml;
- se si usa fermentiera operare l’incubazione alla temperatura di 36-38 °C per il periodo necessario al raggiungimento dell’acidità sopra indicata.
Il profilo microbiologico “filo caseario” del siero-innesto, così ottenuto, risulta caratteristico.
La dose d’impiego del siero-innesto va rapportata alla sua acidità e alla shelf-life che si desidera conferire al prodotto, e può variare dal 2 al 10 % del latte in caldaia. E’ consentito rifornirsi di siero-innesto da caseifici della zona di produzione inseriti nel sistema di controllo della DOP, che effettuano la preparazione secondo il presente disciplinare di produzione.
Articolo 6.
Legame con la zona geografica
Il legame con il territorio trova le sue ragioni nella tipologia degli allevamenti e nel latte in essi prodotto, nonché nella storia e nella tecnica di caseificazione. Gli allevamenti sono ubicati sulla Murgia barese e tarantina, e sono costituiti per la gran parte da vacche di razza Bruna e Frisona stabilizzate sul territorio partendo dall’incrocio di sostituzione dell’autoctona Podolica pugliese. Si tratta di aziende zootecniche di piccola e media dimensione, strutturate secondo gli usi locali e a conduzione prevalentemente familiare, in cui l’alimentazione delle lattifere, fattore discriminante per l’ottenimento delle caratteristiche della mozzarella, si basa prevalentemente sull’impiego di alimenti prodotti all’interno della zona geografica di riferimento. In questi allevamenti è consuetudine prevedere lunghi periodi di pascolamento su terreni dalle caratteristiche pedoclimatiche uniche, nonché paesaggistiche (Natura 2000) e geologiche (presenza di calcare cretaceo e ridotte argille). Inoltre, il clima temperato del Mediterraneo e l’influenza della ventilazione proveniente dai mari Ionio e Adriatico hanno un ruolo sulle essenze spontanee (quali il Timus Striatus) dalle particolari note aromatiche e olfattive che vengono trasmesse al latte. Il legame tra prodotto e territorio viene ampiamente raccontato dalla storia della cultura contadina di questi posti: nel territorio gli allevamenti e le aziende di trasformazione ancora oggi sono poco distanti e in diversi casi coincidenti, e la consuetudine di produrre la mozzarella, formaggio di rapido ottenimento e consumo, dal basso tenore di grassi e adatto all’utilizzo in particolare nelle stagioni calde, è molto antica. Questa consuetudine deriva dalla storica difficoltà di conservare e stagionare i formaggi a causa delle alte temperature, consuetudine mantenuta, negli anni in cui si sviluppano le prime produzioni per il mercato, per la mancanza di ambienti di conservazione refrigerati. La “Mozzarella di Gioia del Colle” deve il suo nome alla modalità di lavorazione (“mozzatura” della pasta filata per essere modellata nelle forme tipiche) ed al preciso “storico” riferimento alla cittadina della Murgia pugliese cui questo formaggio, già dalla prima metà del secolo scorso, viene associato. Da alcuni documenti storici si evince che nei primi decenni del ‘900 tale Clemente Milano, allevatore in agro di Gioia del Colle di vacche di razza Bruna Alpina, utilizzò per primo il latte che produceva “per la preparazione di speciali latticini freschi che presero il nome di mozzarelle” (da “Gioia del Colle, oggi” – Curato da Giovanni Bozzo per Japigia Editrice – Bari – 1970). Inoltre, già dagli anni ’60 del secolo scorso, è documentato lo svolgimento di numerosi eventi, sempre a Gioia del Colle, dedicati alla promozione e valorizzazione della mozzarella. La “Mozzarella di Gioia del Colle” è pertanto un formaggio della tradizione casearia della zona geografica precedentemente indicata e possiede un ulteriore legame con il territorio grazie all’utilizzo del siero-innesto per la sua realizzazione. Il siero-innesto rientra nelle colture lattiche caratterizzate da “microflore autoctone”, ovvero provenienti dalla zona di produzione, ed è ottenuto lasciando sviluppare in condizioni controllate la microflora presente naturalmente nel siero riveniente dalla lavorazione del latte del giorno precedente. La microflora che si sviluppa è pertanto la sommatoria della microflora originaria del latte e di quella degli ambienti di caseificazione. Di fatto il siero-innesto costituisce il legame tra le caseificazioni che si susseguono giorno per giorno e la sua microflora, insieme alle caratteristiche della materia prima, dona inimitabili caratteristiche al prodotto, particolarmente intense nel formaggio appena prodotto. Tali caratteristiche vanno dal colore bianco/giallo paglierino della superficie alla struttura elastica della pasta, dall’odore di latte/yogurt bianco con eventuali sfumature di burro, al sapore delicatamente acidulo fino al piacevole retrogusto di fermentato. Ovviamente tutto questo non sarebbe possibile senza le capacità della moltitudine di uomini e donne che operano nell’allevamento e nella trasformazione, custodi della manualità e della conoscenza delle tecniche tradizionali, supportate da una moderna ma non invasiva tecnologia, in grado di produrre un alimento di alta qualità quale la “Mozzarella di Gioia del Colle”.
Articolo 7.
Controlli
1. I controlli saranno svolti da un organismo autorizzato, conformemente a quanto disposto dall’articolo 37 del Regolamento (UE) n. 1151/2012.
2. La struttura designata è CSQA Certificazioni S.r.l., con sede in Via San Gaetano, n. 74, CAP 36016 Thiene (VI); partita IVA 02603680246; tel. +39 0445/313011.; fax +39 0445/ 313070; e-mail: csqa@csqa.it; PEC: csqa@legalmail.it.
Articolo 8 (Confezionamento ed etichettatura)
1. Sulle confezioni deve essere apposto, all’atto dell’immissione al commercio, il logo grafico che costituisce parte integrante del presente disciplinare di produzione, a garanzia della rispondenza alle specifiche prescrizioni normative, accompagnato dalla data di produzione.
Logo e Tavola cromatica
2. Le dimensioni di detto logo, che deve rispettare i cromatismi e la grafia imposta, non deve mai essere di dimensioni inferiori a mm 30 di base ed essere posizionato sulla faccia superiore e le facce laterali della confezione al fine di consentire una adeguata leggibilità e riconoscibilità. Ove trattasi di singola porzione imbustata, l’involucro deve riportare su una o entrambe le facce il logo rispettando la dimensione minima indicata.
3. L’etichetta deve riportare la dicitura “di latte vaccino”.
4. Sulla stessa confezione deve essere apposto il simbolo europeo della DOP.