Riconoscimento DOP: Reg. CE n.134/98
Zona di produzione: intero territorio della Regione Calabria.
Per la sua produzione si utilizza la parte superiore del lombo di suini nati e allevati in Calabria. Il peso iniziale, da crudo, deve essere compreso tra i 3,5 e i 4,5 chilogrammi. Dopo l'iniziale disossatura, si procede alla salagione, fatta esclusivamente con del sale, che rimane applicata per un periodo compreso tra i 4 e gli 8 giorni. Trascorso il tempo, la carne viene lavata, asciugata e cosparsa di aceto di vino. Un energico massaggio precede l'aromatizzazione con il pepe in grani, prima di avvolgere il tutto nel diaframma parietale suino. Dopo aver sottoposto il capocollo ad un'energica legatura, il budello viene forato. La stagionatura si svolge in locali ben aerati, per un tempo di circa 15 settimane.
Il capocollo ha gusto delicato, con profumi gradevoli e complessi.
Capocollo di Calabria DOP
Capocollo di Calabria DOP
Articolo. 1
Denominazione
La denominazione di origine protetta "Capocollo di Calabria" è riservata ai prodotti di salumeria aventi i requisiti fissati nel presente disciplinare di produzione.
Articolo. 2
Zona di produzione
L’elaborazione del Capocollo di Calabria deve avvenire nella tradizionale zona di produzione sita nel territorio della regione Calabria.
Articolo. 3
Materie prime
Il Capocollo di Calabria deve essere ottenuto dalla lavorazione di carni di suini nati nel territorio delle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania e allevati nel territorio della regione Calabria dall’età massima di quattro mesi. Le fasi di macellazione e lavorazione devono aver luogo nel territorio calabrese.
Dalla lavorazione sono escluse le carni di verri e scrofe.
I suini, al momento della macellazione, debbono essere di peso non inferiore a kg. 140, di età non inferiore ad otto mesi, aventi le caratteristiche proprie del suino pesante italiano, ottenuto impiegando razze tradizionali di taglia grande quali:
- Calabrese;
- Large White e Landrace Italiana così come migliorate dal libro genealogico italiano o figli di verri di quelle razze;
- suini figli di verri della razza Duroc, così come migliorate dal libro genealogico italiano;
- suini figli di verri di altre razze o di verri ibridi purché detti verri – siano essi nati in Italia o all’estero - provengano da schemi di selezione o incrocio attuati con finalità non incompatibili con quelle del libro genealogico italiano, per la produzione del suino pesante.
Per contro, sono espressamente esclusi:
suini portatori di caratteri antitetici, con particolare riferimento alla sensibilità agli stress (PSS);
animali in purezza delle razze Landrace Belga, Hampshire, Pietrain e Spot.
I suini debbono inoltre presentare il marchio di qualità "suino allevato in Calabria" e rispettare le prescrizioni per quanto concerne razze, alimentazione e tecniche di allevamento.
I mangimi per l’alimentazione dei suini debbono essere mangimi composti integrati di orzo, favino, mais, ghiande, ceci, in misura non inferiore al 50% del contenuto.
Non è consentito l’uso nell’alimentazione di manioca e patate e di sottoprodotti che potrebbero conferire alle carni ed al grasso sapori ed odori indesiderati.
Per avere carni più compatte per l’ingrasso è vietata l’alimentazione a brodo.
Per la confezione del Capocollo di Calabria è ammesso l’uso di soli ingredienti naturali quali sale (cloruro di sodio), pepe nero in grani ed in polvere, pepe rosso piccante, pepe rosso dolce, aceto di vino. Possono inoltre essere impiegati: caseinato, acido ascorbico e/o sale sodico, lattato di sodio, nitrato di sodio e/o di potassio, nitrito di sodio e/o di potassio. Il loro utilizzo è limitato a quanto consentito e fintanto che sia previsto dalle vigenti disposizioni di legge.
Articolo. 4
Metodi di elaborazione
Il "Capocollo di Calabria" è preparato utilizzando le carni della parte superiore del lombo dei suini, disossato e quindi salato a secco, con sale da cucina macinato.
Il peso del capocollo, allo stato fresco, deve essere compreso tra i 3,5 ed i 4,5 chilogrammi.
Il taglio di carne selezionato dal lombo, per la confezione del capocollo, deve presentare uno strato di grasso di circa 3-4 mm per mantenerlo morbido durante le fasi della stagionatura e migliorarne le caratteristiche organolettiche.
La salatura dura da quattro ad otto giorni, dopo di che il capocollo viene lavato con acqua, bagnato con aceto di vino e sottoposto alla operazione di "massaggio" e "pressatura", aggiunto di pepe nero a grani e quindi avvolto in diaframma parietale suino.Infine si procede alla tradizionale legatura, in senso avvolgente, con spago naturale ed alla foratura dell’involucro.
In seguito si appende a sgocciolare in locali ben ventilati nei quali si controlla l’umidità relativa e la temperatura.
La stagionatura deve avvenire in locali a temperatura e umidità controllate, tali da limitare lo sviluppo della flora microbica e favorire invece la lenta maturazione.
La maturazione avviene in non meno di cento giorni dalla data dell’avvenuta salatura.
Articolo. 5
Stagionatura
La stagionatura del Capocollo di Calabria deve essere fatta allo stato naturale in apposito ambiente, igienicamente sano, per cento giorni.
Articolo. 6
Caratteristiche
Il "Capocollo di Calabria" all’atto dell’immissione al consumo presenta le seguenti caratteristiche.
Di forma cilindrica, avvolto in pellicola naturale, legato a mano in forma avvolgente con spago naturale.
Alla vista presenta un colore roseo o rosso più o meno intenso per la presenza di pepe nero o di peperoncino rosso macinato.
Al taglio si presenta di colore roseo vivo con striature di grasso proprie del lombo suino.
Il sapore è delicato che si affina con la maturazione; il profumo è caratteristico e di giusta intensità.
Articolo. 7
Controlli
Il controllo per l’applicazione delle disposizioni del presente disciplinare di produzione è svolto da un organismo privato autorizzato, conformemente a quanto stabilito dall’art. 10 del regolamento CEE n. 2081 del 14 luglio 1992.
Articolo. 8
Designazione e presentazione
La designazione della denominazione d’origine protetta Capocollo di Calabria deve essere realizzata in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare nell’etichetta o cartellino allegato al prodotto o indicazione sulla confezione del prodotto porzionato, ed essere immediatamente seguite dalla menzione "Denominazione d’origine protetta". Le suddette diciture e menzioni sono intraducibili.
Può inoltre comparire la sigla DOP in altra parte dell’etichetta nel medesimo campo visivo. Per il prodotto destinato ai mercati internazionali può essere utilizzata la menzione "Denominazione d'origine protetta" nella lingua del paese di destinazione.
Tali indicazioni sono abbinate inscindibilmente al marchio della denominazione del Capocollo di Calabria che deve essere applicato nella relativa etichetta seguendo le indicazioni descritte nel manuale di presentazione allegato.
Nella parte retrostante del cartellino o sulla confezione del prodotto porzionato, devono essere riportati i dati essenziali di composizione del Capocollo di Calabria ed i componenti organolettici.
Devono, inoltre, essere indicati il nome ed il cognome del produttore, o la ragione sociale, la zona di produzione e la sede dello stabilimento di produzione.
È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non prevista dal disciplinare.
È tuttavia consentito l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo o tali da trarre in inganno l’acquirente, nonché l’eventuale nome di aziende suinicole dai cui allevamenti deriva il prodotto.
Il Capocollo di Calabria può essere immesso al consumo in pezzi singoli, così come descritto all’art. 6, ovvero confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, in tranci o affettato.
Le operazioni di confezionamento, affettamento e porzionamento devono avvenire esclusivamente nella zona di produzione indicata all’art.
È il nome che viene dato nelle regioni del centro e del sud Italia alla coppa, derivando infatti dallo stesso taglio. All'aspetto risulta di colore vivace, con profumi pronunciati e gusto ricco, molto persistente. Ne esistono differenti versioni. In Puglia si usa dapprima ricoprirlo di sale, dove resta per circa due settimane, poi lavarlo con una mistura di vino cotto e spezie. Insaccato nel budello di maiale, dopo un po' di riposo subisce una lieve affumicatura, prima di iniziare la stagionatura che arriva ai tre mesi. In Umbria lo si aromatizza con pepe, aglio, coriandolo e semi di finocchio; quindi, dopo l'insaccamento, inizia una stagionatura che può variare dai quattro mesi a un anno. In Basilicata invece si usa cospargere il capocollo di peperoncino tritato, dopo averlo insaporito con sale e pepe; la stagionatura in passato avveniva avvolgendo la carne con tela grezza.
Capocollo (foto www.ghiottolandia.com)