La denominazione di origine controllata «Tarquinia» è riservata ai vini ottenuti in conformità alle
condizioni ed ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
«Tarquinia» bianco, anche nella tipologia amabile e frizzante;
«Tarquinia» rosso, anche nella tipologia amabile e novello;
«Tarquinia» rosato.
La zona di produzione delle uve ammessa alla produzione dei vini a denominazione di origine
controllata «Tarquinia» è costituita dai territori:
la provincia di Roma limitatamente agli interi territori amministrativi dei comuni di Allumiere,
Tolfa, Bracciano, Cerveteri, Ladispoli, Civitavecchia, Santa Marinella, Canale Monterano,
Manziana, Trevignano Romano, Anguillara ed, in parte, i territori amministrativi dei comuni di
Campagnano Romano, Roma, Fiumicino e Formello;
la provincia di Viterbo limitatamente agli interi territori amministrativi dei comuni di Montalto di
Castro, Tarquinia, Blera, Oriolo Romano, Sutri, Bassano Romano, Villa San Giovanni in Tuscia,
Barbarano Romano, Vejano e parte dei territori amministrativi dei comuni di Tessennano, Tuscania,
Monteromano, Ronciglione, Arlena di Castro e Capranica.
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Tarquinia”.
La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, iniziata sicuramente dagli Etruschi,
raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale
ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.
Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da
evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli
ampi rapporti commerciali di questo popolo. Per quanto riguarda le zone e i vitigni coltivati dagli
Etruschi, alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso la produzione vitivinicola
in Etruria. A Gravisca (antico porto di Tarquinia) e nell'antica Statonia (nel territorio di Vulci) già
nel 540-530 a.C. i vigneti erano in grado di fornire una produzione sufficiente ad alimentare un
rilevante commercio esterno.
Le fonti letterarie ed archeologiche testimoniano l’esistenza di una importante e rinomata
produzione vitivinicola nel territorio ceretano: la scoperta del relitto di una nave etrusca nelle acque
antistanti Marsiglia risalente al VI secolo a.C. racconta del ruolo di esperti viticoltori e grandi
commercianti svolto dagli Etruschi di Cerveteri.
I georgici latini citano più volte il vino del Ceretano: Marziale ricorda il vino caeretanus come
ottimo e che assomigliava al Setino vecchio e di buona qualità, e anche Columella celebra l’antica
Cere per il suo vino squisito.
Gli Statuti della città di Civitavecchia emanati nel 1451 contenevano ben 20 capitoli che
regolamentavano la produzione ed il commercio del vino, ed in particolare prevedevano l’epoca
della vendemmia, pene per i danneggiatori delle vigne e le misure che dovevano usare i Tavernari
per la vendita.
In tempi più recenti, nel 1761, il Marchese Frangiapani nella Istoria dell’antichissima città di
Civitavecchia, riporta in un passo la vigna del Sig. Malacrosta, e anche un passo del Muratori che
nell’ Antichità Italiane del mezzo tempo, descrivendo la vita di Cola di Rienzo (1327-1354) riporta
intorno a Civitàvecchia: “guastaro vigne, oliveta, arvori: ogni cosa messe in ruina”.
Nell’Inchiesta Jacini, Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe
agricola (1883), si riportano aumenti di superfici a vigneto nei comuni di Cerveteri con varietà
principali Uva Grassa, Buccia dura, Verdello, Spagnuola e Procanico e Tolfa (Pergolese e
Aleatico).
Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del
territorio contribuendo allo sviluppo sociale ed economico dell’area come testimonia la Sagra
dell’uva e del vino dei Colli Ceriti giunta alla cinquantesima edizione.
Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a
ottenere, i vini a DOC Cerveteri sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano
inoltre sulle principali guide nazionali.
Tarquinia (foto www.lextra.info/public/web)
Base ampelografica
I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» devono essere ottenuti esclusivamente
mediante la vinificazione delle uve prodotte da vigneti che abbiano la seguente composizione ampelografica:
«Tarquinia» bianco:
Trebbiano toscano (localmente detto Procanico) e Trebbiano giallo, da soli e congiuntamente,
almeno per il 50%;
Malvasia di Candia e Malvasia del Lazio, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 35%.
Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca bianca provenienti da vitigni
- ad eccezione del Pinot grigio - idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro
nazionale delle varietà di vite per uve da vino, riportati nel disciplinare fino ad un massimo del 30%.
«Tarquinia» rosso:
Sangiovese e Montepulciano congiuntamente in misura non inferiore al 60%, con un minimo di
presenza dell’uno o dell’altro vitigno non inferiore al 25%.
Cesanese comune fino al 25%.
Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca rossa provenienti da vitigni,
idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per
uve da vino, riportati nel disciplinare, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%.
I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia», all’atto dell’immissione al consumo, devono presentare i seguenti requisiti minimi:
«Tarquinia» bianco secco:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50%vol;
- acidità totale minima: 4,5 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
«Tarquinia» rosso secco:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
«Tarquinia» bianco frizzante:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
- acidità totale minima: 4,5 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
«Tarquinia» rosso novello:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
«Tarquinia» rosato:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.
«Tarquinia» bianco amabile:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
«Tarquinia» rosso amabile:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto i limiti minimi sopra indicati relativi all’acidità totale e all’estratto non riduttore minimo.
I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia», all’atto dell’immissione al consumo, devono presentare i seguenti requisiti minimi:
«Tarquinia» bianco secco:
- colore: giallo paglierino più o meno intenso;
- odore: vinoso, gradevole, delicato;
- sapore: secco, pieno, armonico.
«Tarquinia» rosso secco:
- colore: rosso rubino più o meno intenso;
- odore: vinoso;
- sapore: secco, sapido, armonico di giusto corpo.
«Tarquinia» bianco frizzante:
- colore: giallo paglierino;
- odore: gradevole, delicato;
- sapore: vivace, vinoso, morbido, talvolta abboccato.
«Tarquinia» rosso novello:
- colore: rosso più o meno intenso;
- odore: vinoso, lievemente fruttato;
- sapore: vinoso, armonico, talvolta vivace.
«Tarquinia» rosato:
- colore: rosa più o meno intenso;
- odore: fruttato, gradevole;
- sapore: fine, delicato, armonico.
«Tarquinia» bianco amabile:
- colore: giallo paglierino;
- odore: fruttato gradevole, delicato;
- sapore: amabile.
«Tarquinia» rosso amabile:
- colore: rosso intenso;
- odore: vinoso, gradevole;
- sapore: amabile, vinoso, vellutato.
Variano a seconda della tipologia di vino.