La denominazione di origine controllata «Colli della Sabina» è riservata ai vini bianco e rosso, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione.
Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Colli della Sabina» devono provenire dai vigneti ubicati nelle seguenti zone: in provincia di Rieti tutto il territorio amministrativo dei seguenti comuni: Cantalupo in Sabina, Castelnuovo di Farfa, Fara Sabina, Selci e Tarano e, in parte, il territorio amministrativo dei seguenti comuni di: Collevecchio, Forano, Magliano Sabina, Montebuono, Montopoli in Sabina, Poggio Catino, Poggio Mirteto, Stimigliano e Torri in Sabina; in provincia di Roma, tutto il territorio amministrativo dei seguenti comuni: Marcellina, Mentana e S. Angelo Romano e parte del territorio amministrativo dei comuni di: Guidonia-Montecelio, Montelibretti, Monterotondo, Montorio Romano, Moricone, Nerola, Palombara Sabina e S. Polo dei Cavalieri.
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Colli della sabina”. La presenza della viticoltura
nell’area delimitata risale al tempo dei Romani. Strabone afferma che “Tutto il suolo della Sabina è
straordinariamente ricco di olivi e di viti”, Plinio il Vecchio ricorda il vitigno caratteristico della
Sabina : la vinaciola, mentre il poeta Orazio esaltò il buon vino della Sabina. La Sabina era poco
urbanizzata ma vi erano però numerose ville rustiche che si basavano sulla produzione di olio e
vino, prodotti che, sfruttando la navigabilità del vicino fiume erano convogliati a Roma: infatti il
Piazza nell’opera La Gerarchia cardinalizia (1703) scrive per Mentana “Nè deve recare meraviglia,
che vi fossero tante Ville, e cosi celebrati li frutti, e vini Nomentani; peròcchè dopo la diseccazione
delle Paludi, fatta da Giulio Cesare, si rese cosi fertile questo Territorio, che non vi era nobile
Romano, che non ne volesse qualche ugero, o porzione”. Più recentemente Giuseppe Marocco in
Monumenti dello Stato pontificio: e relazione topografica di ogni paese (1828) riporta la notizia che
nel 941 ci fu una donazione di terreni e, vigne che certo Insario figlio di Formoso fece all’Abate
Campone di Farfa, ed il Galletti in Gabio, antica citta di Sabina scoperta ove è ora Torri (1757)
riporta per Torri in Sabina “L' altra cioè l'ultima notizia, che noi abbíamo di Torri è dell'anno
MXLIII. Un certo Giovanni religiosus presbyter e Pietro figliuoli di Rinieri, che fu pure prete, e
Giovanni qui de Silvestro vocor, rifiutarono a XXV di Febrajo dello stesso anno una vigna
mannarìca posta territorio Sabinensi loco, qui vocatur Turris”
Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino
all’attualità, come testimonia le Sagra del vino di Mentana giunta alla 56° edizione e quella di
Magliano Sabino la cui prima edizione risale al 1929.
Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a
ottenere, i vini a DOC Colli della sabina sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben
figurano inoltre sulle principali guide nazionali.
Cantalupo in Sabina (foto Fotomania www.comune.cantalupoinsabina.ri.it)
Base ampelografica
I vini a denominazione di origine controllata «Colli della Sabina» devono essere ottenuti dalle uve
provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la composizione ampelografica appresso
specificata:
«Colli della Sabina» bianco:
Malvasia del Lazio minimo 50%
Trebbiano toscano e/o giallo dal 5% al 35%
possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, per
non oltre il 15%.
«Colli della Sabina» rosso:
Sangiovese dal 40% al 70%;
Montepulciano dal 15% al 40%,
possono concorrere altri vitigni a bacca nera, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti
nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino, riportati nel disciplinare, per non oltre il 30%.
I vini a denominazione di origine controllata «Colli della Sabina» all’atto dell’immissione al consumo debbono corrispondere alle seguenti caratteristiche:
«Colli della Sabina» bianco:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
«Colli della Sabina» rosso:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
È facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
I vini a denominazione di origine controllata «Colli della Sabina» all’atto dell’immissione al consumo debbono corrispondere alle seguenti caratteristiche:
«Colli della Sabina» bianco:
colore: giallo paglierino più o meno intenso;
odore: delicato, caratteristico, fruttato;
sapore: dall’asciutto all’amabile, delicato, armonico.
«Colli della Sabina» rosso:
colore: rosso rubino vivace;
odore: vinoso, intenso;
sapore:, da secco ad amabile.
Colli della Sabina rosso: va abbinato con primi piatti con sughi di carne e funghi e carni rosse di cacciagione alla griglia. Temperatura di servizio 18°C.
Colli della Sabina bianco: si abbina a piatti di pesce anche di lago, minestroni di verdure, frittate e formaggi non stagionati. Temperatura di servizio 10°C.