L'indicazione geografica tipica "Tarantino" è riservata ai seguenti vini:
bianchi, anche nelle tipologie frizzante, uve stramature e passito;
rossi, anche nelle tipologie frizzante, uve stramature, passito e novello;
rosati, anche nella tipologia frizzante e novello.
La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con la indicazione geografica tipica "Tarantino" comprende l'intero territorio amministrativo della provincia di Taranto.
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, infatti il fattore
antropico nella zona è intervenuto in maniera significativa a modificare le tecniche colturali e di
produzione e ad esaltare le caratteristiche pedologiche, climatiche ed agronomiche dei territori;
così, ad esempio, i viticoltori nelle operazioni agronomiche hanno effettuato operazioni di scasso e
frantumazione sul crostone roccioso, andando a trovare il terreno di ottima qualità e freschezza che
si trova al di sotto di esso; in alcune sottozone i viticoltori hanno utilizzato la presenza di pietre per
la costruzione dei famosi “muretti a secco” e, in tutta l’area il clima, con forti escursioni termiche
ed il terreno ricco di scheletro ha favorito il riaffermarsi delle produzioni vitivinicole nel rispetto
della tradizione del territorio Tarantino. Infatti l’introduzione delle pratiche vitivinicole nel
Tarantino si deve, probabilmente, ai coloni spartani che fondarono la città greca. Della viticoltura di
epoca coloniale sappiamo molto poco, ma è molto probabile che essa rivestisse un ruolo molto
importante all'interno delle aziende medio-piccole proliferate all'interno della chora nei secoli V-III
a.C.. Questa specificità la si riscontra in parte anche oggi e non è un caso se fin dal ‘700 il sistema
della masseria, personificazione della grande proprietà (feudale, laica o ecclesiastica) si
contrapponeva a quello del semplice vigneto, espressione invece del piccolo possesso contadino;
non è un caso, quindi, che ben di rado il peso economico del vigneto all'interno della masseria
risultasse consistente, nonostante il suo pur articolato corredo di funzioni produttive.
Fu nell’800, a seguito della nascita di una nuova forma insediativa delle elite borghesi, che
prese le mosse dalla trasformazione delle strutture produttive deputate alla vite (i palmenti, con gli
ambienti che ospitavano il custode del vigneto) in casini di campagna, dove le antiche funzioni
convivevano con le nuove, residenziali e di rappresentanza insieme, che si realizzò uno sviluppo
importante della viticoltura anche per il fatto che la popolazione contadina, per emulazione,
cominciò a risiedere in campagna per periodi prolungati favorendo così la nascita di veri villaggi
rurali. Sorse così una miriade di microaziende viticole che giunsero a colonizzare finanche la duna
costiera, mentre i moltissimi trulli eretti nelle campagne divennero un inequivocabile segno di
nuovo, seppure stagionale, modello di popolamento rurale.
Comunque, anche in tale contesto, il vigneto continuava a costituire il nucleo della pur grama
proprietà contadina, fermo restando la condizione di esigua produzione
commercializzabile. Contemporaneamente i grossi proprietari terrieri, grazie a finalmente
importanti investimenti, impiantarono estesi vigneti la cui produzione poteva finalmente essere
destinata ad un mercato più ampio; iniziava così una pratica: l'impiego del vino pugliese per
migliorare le prestazioni delle più celebrate produzioni del Centro e Nord italiane.
La viticoltura ha sempre rappresentato la pratica agricola più redditizia e, al tempo stesso, però
quella più onerosa ed il binomio vite-vino, sebbene racchiuda gran parte della storia della
viticoltura tarantina, non lo esaurisce, infatti nella zona pianeggiante dell’arco jonico si è sviluppata
la coltura della vite da tavola e nell’area denominata “Colline Joniche” si è consolidata, con alti e
bassi, quella da vino. Tutto ciò può trovare una spiegazione sia nella tipologia pedoclimatiche
dell’area che nella tradizione. Infatti alcune varietà di vite (come il moscatellone e la duraca) erano
considerate di elevato pregio, per cui si preferiva allevarle all'interno dei giardini, mentre la vite
destinata alla produzione di vino era allevata senza sostegni (ad alberello), le pregiate varietà di uva
da tavola necessitavano di irrigazioni e di sostegni. Tale funzione avevano, all'interno dei giardini,
gli scenografici pergolati, costituiti da colonnati, gli antesignani dei moderni tendoni, come pure
nelle aree orticole (come le Paludi del Tara), dalla abbondante disponibilità idrica, veniva coltivata,
invece, l'uva in impalata: si trattava in genere di una varietà da tavola (l'uva lunga o cornola)
allevata con sostegni fatti di canna.
Anche la vinificazione delle uve, sia nei metodi che nelle procedure e tecnologie, ha radice
consolidate nella tradizione. Il ciclo lavorativo annuale prevedeva due o tre zappature (o
conce:autunnale, primaverile e estiva), la mondatura e la probaginatura (con la quale si
sostituivano, con il sistema delle propaggini,cioè della margotta, le piante venute meno per varie
cause).
La tipica azienda viticola medio-grande includeva anche gli edifici deputati alla trasformazione
delle uve in mosti.
Tipicamente essi consistevano in una casa di custodia che ospitava il conduttore della vigna (il
vignaiolo,abitata in genere per il periodo della vendemmia e delle lavorazioni), in una rimessa, in
alcuni pozzi per la fornitura della molta acqua necessaria, nelle vasche (pile) e nell'impianto di
trasformazione vero e proprio, comprendente il palmento e le strutture annesse (caricaturi, palaci e
palmentelli).
Verso i palmenti venivano indirizzate anche le uve dei piccoli viticoltori circostanti, che in genere
non avevano sui propri terreni tali strutture.
Il mosto che si ricavava dalla pigiatura e dalla torchiatura veniva caricato su carri adeguatamente
attrezzati per il trasporto di liquidi (le carrizze) e trasferito nelle cantine in città o in paese, ove
veniva imbottato per essere poi sottoposto ai successivi travasi.
Ed oggi, nel rispetto della tradizione, nell’areale interessato, tanti piccoli produttori conferiscono a
sistemi cooperativi che hanno il compito di valorizzare e commercializzare il prodotto ed alcuni
hanno cominciato a diversificare la loro attività completando la filiera e commercializzando
direttamente le proprie produzioni di qualità.
L’incidenza dei fattori umani, nel corso degli ultimi anni, in particolare riferita alla puntuale
definizione degli aspetti tecnico produttivi ha modificato questo trend indirizzando le produzioni
verso altri mercati che hanno saputo premiare gli sforzi, le caratteristiche e le specificità dell’intero
territorio.
Vigneto nel Tarantino
Base ampelografica
I vini ad indicazione geografica tipica "Tarantino", bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da
uve provenienti da vigneti, composti nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla
coltivazione, per la provincia di Taranto, a bacca di colore corrispondente iscritti nel registro
nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato, riportati nel disciplinare.
L'indicazione geografica tipica "Tarantino", con la specificazione di uno dei seguenti vitigni o
relativi sinonimi:
Aglianico n.;
Aleatico n.;
Asprinio bianco b.;
Barbera n.,
Bianco di Alessano b.;
Bombino bianco b.;
Bombino nero n.;
Cabernet Franc n.
Cabernet Sauvignon n.;
Chardonnay b.;
Falanghina b.;
Fiano b.;
Francavilla;
Garganega b.;
Greco b.;
Greco bianc
o b.;
Grillo b.;
Impigno b.
Incrocio Manzoni 6.0.13 b.;
Lacrima n.,
Lambrusco n. (da Lambrusco Maestri);
Malbech n.;
Malvasia bianca b. (da malvasia bianca e/o
Malvasia bianca di Candia);
Malvasia n. (da Malvasia nera di Brindisi e/o
Malvasia nera di Lecce);
Merlot n.;
Moscatello selvatico b.;
Moscato bianco b.;
Negroamaro n.;
Negroamaro precoce cannellino n.;
Notardomenico n.;
Ottavianello n.;
Pampanuto b.;
Petit Verdot n.;
Piedirosso n.;
Pinot bianco b.;
Pinot grigio g.;
Pinot nero n.;
Primitivo n.;
Refosco dal Peduncolo rosso n. ;
Riesling italico b.;
Riesling renano b.;
Sangiovese n.;
Sauvignon b.;
Semillon b.;
Susumaniello n.;
Sylvaner verde b.;
Syrah n.;
Traminer aromatico b.;
Trebbiano b;
Uva di Troia n.;
Verdeca b.;
Vermentino b.;
Verdicchio b.;
è riservata ai mosti e vini ottenuti dalla vinificazione delle uve provenienti dai rispettivi vitigni per
almeno l'85%.
Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le
uve dei vitigni idonei alla coltivazione, diversi da quello oggetto di specificazione, per la provincia
di Taranto fino ad un massimo del 15%.
I vini ad indicazione geografica tipica “Tarantino” con la specificazione di vitigno, possono essere
prodotti anche nelle tipologie frizzante, passito e novello quest’ultima limitatamente alle uve a
bacca rossa. Detti vini possono essere prodotti anche nella tipologia “vino da uve stramature”
rivenienti da vendemmia tardiva.
I vini qualificati con la specificazione di uno dei vitigni a bacca nera possono
essere prodotti anche nella tipologia rosato.
I vini ad indicazione geografica tipica "Tarantino", anche con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:
“Tarantino” Bianco:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00 % vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15 g/l.
zucchero riduttore residuo non superiore a 10,00 g/l.
“Tarantino” Bianco da uve stramature:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00 % vol di cui almeno 11,00 % vol svolto;
acidità totale minima: 4,0 g/1;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/1.
“Tarantino” Bianco Frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 9,50 % vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.
“Tarantino” Bianco passito:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00 % vol di cui almeno 11,00 % vol svolto;
acidità totale minima: 4,0 g/1;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/1.
“Tarantino” Rosso:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50 % vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l;
zucchero riduttore residuo non superiore a 10,0 g/l.
“Tarantino” Rosso da uve stramature:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00 % vol di cui almeno 11,00 % vol svolto;
acidità totale minima: 4,0 g/1;
estratto non riduttore minimo: 24,0 g/1.
“Tarantino” Rosso Frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 9,50 % vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.
“Tarantino” Rosso Novello:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00 % vol;
acidità totale minima: 5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
zuccheri riduttori residui massimi: 10,0 g/l.
“Tarantino” Rosso Passito:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00 % vol di cui almeno 11,00 % vol svolto;
acidità totale minima: 4,0 g/1;
estratto non riduttore minimo: 24,0 g/1.
“Tarantino” Rosato:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
zucchero riduttore residuo non superiore a 10,0 g/l.
“Tarantino” Rosato Frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 9,50 % vol;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.
“Tarantino” rosato novello:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00 % vol;
estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l
zucchero riduttore residuo non superiore a 10,0 g/l.
I vini ad indicazione geografica tipica "Tarantino", anche con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:
“Tarantino” Bianco:
colore: giallo paglierino più o meno intenso;
odore: gradevole, delicato;
sapore: fresco, da secco ad abboccato.
“Tarantino” Bianco da uve stramature:
colore: dal giallo paglierino al dorato;
odore: caratteristico, delicato, persistente;
sapore: dal secco al dolce, tipico, armonico.
“Tarantino” Bianco Frizzante:
spuma: fine ed evanescente;
colore: giallo paglierino più o meno intenso;
odore: delicato, fruttato;
sapore: da secco ad amabile, armonico.
“Tarantino” Bianco passito:
colore: dal giallo paglierino al dorato;
odore: caratteristico, delicato, persistente;
sapore: dal secco al dolce, tipico, armonico.
“Tarantino” Rosso:
colore: dal rosso rubino al granato;
odore: gradevole,caratteristico;
sapore: da secco ad abboccato, armonico.
“Tarantino” Rosso da uve stramature:
colore: rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: caratteristico, delicato, persistente;
sapore: dal dolce al secco, tipico, armonico.
“Tarantino” Rosso Frizzante:
spuma: fine ed evanescente;
colore: rosato più o meno intenso;
odore: delicato, fruttato;
sapore: da secco ad amabile, armonico.
“Tarantino” Rosso Novello:
colore: rubino più o meno intenso;
odore: intenso, gradevole, caratteristico;
sapore: da secco ad abboccato, caratteristico.
“Tarantino” Rosso Passito:
colore: rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: caratteristico, delicato, persistente;
sapore: dal dolce al secco, tipico, armonico.
“Tarantino” Rosato:
colore: rosato più o meno intenso;
odore: caratteristico, fruttato;
sapore: da secco ad abboccato, armonico.
“Tarantino” Rosato Frizzante:
spuma: fine ed evanescente;
colore: rosato più o meno tenue;
odore: delicato, fruttato;
sapore: da secco ad amabile, armonico, caratteristico.
“Tarantino” rosato novello:
colore: rosato più o meno intenso;
odore: caratteristico, fruttato;
sapore: da secco ad abboccato, armonico.
I vini a indicazione geografica tipica “Tarantino” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.
Variano a seconda della tipologia.