Le uve devono essere prodotte nel territorio delle province di: Bari, Foggia, Brindisi, Lecce e Taranto.
Il legame della Puglia con il vino, e quindi con la vite, ha origini antichissime, un legame che da
sempre ha caratterizzato - unitamente all'olio e all'olivo - la cultura e la tradizione di questa regione.
La storia della vite in Puglia ha radici antichissime e si ritiene che questa pianta sia stata sempre
presente nel territorio della regione. La vite era probabilmente presente in Puglia prima dei tempi
della colonizzazione greca - nel VIII secolo a.C. - tuttavia alcune delle varietà oggi considerate
autoctone di questa regione sono state introdotte proprio dai greci, come il Negroamaro e l'Uva di
Troia. Dalla Grecia fu introdotto anche il sistema di coltivazione della vite ad “alberello”, il metodo
più diffuso in Puglia. Con l'arrivo del dominio degli antichi romani - in seguito alla vittoria contro
Pirro nel 275 a.C. - la produzione e il commercio di vino furono particolarmente vivaci e i vini della
Puglia cominciarono ad essere presenti - e apprezzati - nella tavole di Roma. Nella sua
monumentale opera Naturalis Historia, Plinio il Vecchio, nell'elencare le varietà di uve greche,
ricorda che in Puglia erano presenti le Malvasie Nere di Brindisi e Lecce, il Negroamaro e l'Uva di
Troia. Plinio il Vecchio, Orazio e Tibullo hanno lasciato ampie testimonianze nei loro scritti sulle
tecniche di coltivazione della vite e della produzione di vino in Puglia ai tempi degli antichi
Romani, decantando - in particolare - il colore, il profumo e il sapore dei vini pugliesi. Plinio il
Vecchio definì Manduria - la terra della Puglia più rappresentativa per il Primitivo - come
viticulosae, cioè “piena di vigne”. Manduria non fu l'unica zona a guadagnarsi l'appellativo di
viticulosae: anche Mesagne, Aletium (Alezio) e Sava furono definite in questo modo da altri autori.
Altri autori illustri di quei tempi - come Marziale, Ateneo e Marrone - elogiarono nei loro scritti le
qualità dei vini pugliesi. Con la costruzione del porto di Brindisi - nel 244 a.C. - il commercio del
vino pugliese conosce un periodo piuttosto fiorente e a Taranto, con lo scopo di facilitare la
spedizione e l'imbarco, si conservano enormi quantità di vino in apposite cantine scavate nella
roccia lungo la costa.
Già a quei tempi, quindi, la Puglia diviene un importante “deposito” di vino, una terra che farà del
vino, e dell'olio, due prodotti fortemente legati alla propria tradizione e cultura.
Il vino di qualità lascerà un segno indelebile nella cultura della Puglia: da merum, che in latino
significa “vino puro” o “vino genuino”, deriva infatti il termine mjere, che in dialetto pugliese
significa “vino”.
Dopo la caduta dell'impero romano, la viticoltura e la produzione di vino in Puglia subiscono un
periodo di crisi e sarà solo per opera dei monasteri e dei monaci che le due attività saranno
conservate e continueranno a caratterizzare la Puglia. Nel Medioevo, in Puglia si registrano ancora
enormi produzioni di vino: non a caso Dante Alighieri, nei suoi versi, descrive la Puglia come «terra
sitibonda ove il sole si fa vino». L'importanza dello sviluppo della viticoltura e della produzione del
vino fu ben compresa anche da Federico II che - nonostante fosse astemio - fece piantare migliaia di
viti nella zona di Castel del Monte, importando le piante dalla vicina Campania.
Il vino assume un ruolo strategico per l'economia della Puglia tanto che, nel 1362, Giovanna I
d'Angiò firma una legge che vietava nel territorio l'introduzione di vino prodotto al di fuori della
regione. Sarà solamente durante il Rinascimento che i vini della Puglia cominceranno a conoscere i
consensi delle altre zone d'Italia e di alcune zone della Francia, i vini pugliesi fanno il loro ingresso
nelle tavole delle corti nobili. Andrea Bacci, uno degli autori di vino più conosciuti di quel periodo,
ricorda nella sua opera De naturali vinorum historia che nelle zone di Lecce, Brindisi e Bari si
producono vini di “ottima qualità”, mentre dei rossi di Foggia e del Gargano dirà che sono vini di “media forza ma sinceri nella sostanza sicché durano fino al terzo anno e anche di più”. Nei periodi
successivi - nel 1700 e nel 1800 - la Puglia si farà sempre notare per le enormi quantità di vino
prodotte, mai per la qualità, tanto che le eccedenze cominciano ad essere un serio problema, pur
tuttavia costituendo un cospicuo profitto.
I sistemi di allevamento a pianta bassa e ad alta intensità di individui per superficie favoriranno una
produzione per pianta, tale da considerare il prodotto ottenuto con caratteristiche organolettiche più
interessanti.
Inoltre il sistema di allevamento, la potatura, le coltivazioni influiranno sulla quantità e qualità
finale del prodotto.
Aleatico di Puglia Doc (foto http://www.vinizullo.com)
Base ampelografica
Il vino a DOC “Aleatico di Puglia” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti
dal seguente vitigno: Aleatico minimo 85%; possono concorrere alla produzione di detto vino, da
sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni: Negro amaro, Malvasia nera e Primitivo,
presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.
Il vino a DOC “Aleatico di Puglia” può essere preparato ne seguenti tipi: dolce naturale liquoroso dolce naturale da indicare in etichetta, e devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
“Aleatico di Puglia” Dolce Naturale:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol;
titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 13,00% vol;
acidità totale minima: 4,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
“Aleatico di Puglia” Liquoroso Dolce Naturale:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 18,50% vol;
titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 16,00% vol;
acidità totale minima: 4,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
Il vino a DOC “Aleatico di Puglia” può essere preparato ne seguenti tipi: dolce naturale liquoroso dolce naturale da indicare in etichetta, e devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
“Aleatico di Puglia” Dolce Naturale:
colore: rosso granata più o meno intenso, con riflessi violacei, tendente all’arancione con
l’invecchiamento;
profumo: aroma delicato, caratteristico, più intenso ed etereo con l’età;
sapore: moderatamente dolce, pieno, vellutato.
“Aleatico di Puglia” Liquoroso Dolce Naturale:
colore: rosso granata più o meno intenso con riflessi violacei, tendente all’arancione con
l’invecchiamento;
profumo: delicato, caratteristico, etereo ed intenso con l’invecchiamento;
sapore: dolce, pieno, caldo, armonico, gradevole.
Aleatico di Puglia: si accompagna a dolci al miele, pasticceria secca, dessert a base di cioccolato. Temperatura di servizio 14° - 16°C.