La denominazione di origine controllata “Noto” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed
ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
“Moscato di Noto”;
“Moscato di Noto” spumante;
“Moscato di Noto” liquoroso
“Moscato Passito di Noto” o “Passito di Noto”;
“Noto” rosso;
“Noto” Nero d’Avola.
La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Noto” comprende tutto il territorio dei comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola, in provincia di Siracusa.
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a doc “Noto”.
La zona di produzione della DOC “Noto” appartiene ad una plaga di antichissima tradizione
vitivinicola; la presenza della vitivinicoltura è testimoniata sin dai tempi della colonizzazione greca
della Sicilia orientale.
La città di Pachino, fondata nel 1760 trae il nome da due parole greche “Pachis” (abbondante) e
oinos (vino).
Gabriele Castelli, principe di Torremuzza, nella sua Sicilia numismatica del 1781, mostra il disegno
della moneta di Abolla, città bizantina dalla quale con molta probabilità discende l’odierno abitato
di Avola; la moneta, su di una faccia, a testimonianza della vocazione vitivinicola della zona,
mostra, a pieno campo, un grappolo d’uva colmo di acini (in F. Grignani Pantano, 1996).
La estensione ed importanza dei vigneti presenti nella zona a partire dalla fine del secolo XV, è
testimoniata dai numerosi atti di vendita e di dotazione presenti nei registri notarili.
Nel 1747, un manoscritto redatto dalla Deputazione della città di Avola informa sul valore delle
vigne in tale anno. In particolare evidenzia come il loro prezzo, nelle contrade Fiumara, Zagaria,
Gaggi e nei bassifondi limitrofi, sia valutato il doppio rispetto alle vigne piantate in altre contrade
del territorio (in F. Grignani Pantano, 1996).
I vini di Avola, nel ‘700, sono comunque rinomati se i viaggiatori stranieri che in questo secolo
visitano la Sicilia, si soffermano nella città per osservare le piantagioni di canna da zucchero e per
degustarne i vini (in F. Grignani Pantano, 1996).
Risale intorno agli anni 1774-77 un primo riferimento al Nero d’Avola, da parte del fiorentino
Domenico Sistini, bibliotecario presso il Principe Biscari, a Catania; descrivendo i vigneti del
siracusano annota che tale vitigno produce una “ottima qualità di vino”.
L’abate Paolo Balsamo (1809) così si esprime: “Il vino è per Avola un’importantissima derrata. Le
più stimate uve nere sono osso nero, nero campanello, nero d’Avola, montonico, vernaccione nero”.
(in C. Di Rosa , 1996)
Alla fine dell’800 col nome di Pachino s’intendeva la produzione di Noto, Avola e Pachino a base
esclusiva di “Nero d’Avola”.
Questi vini erano molto richiesti dal Mezzogiorno della Francia che li dirottava verso la Gironda e
la Borgogna.
Ma questa zona era anche rinomata per la produzione di vini bianchi: il Moscato di Siracusa viene
infatti identificato con il Pollio siracusano , il più antico vino d’Italia , così chiamato dal nome del
re tracio che governò Siracusa nel VII sec. A.C.
A fine 800 si ha testimonianza anche di rinomati vini bianchi tra cui l’Albanello di cui esistevano
due tipi, uno secco e uno dolce. Gli Albanelli più famosi si producevano a Siracusa e Floridia ma
anche ad Avola e Noto (Pastena 1999).
Nel 1848 Noto poteva vantare 1.764 ettari di vigneto, Avola 527, Pachino nel 1929 vanta circa
3.000 ettari di vigneto a testimonianza dell’importanza che rivestiva la vitivinicoltura in questa
zona.
Nella seconda metà dell’ottocento l’invasione della fillossera distrugge gran parte dei vigneti
dell’isola e nel siracusano (1884-1886) la vite viene soppiantata da altre colture.
Negli anni della ricostituzione dei vigneti, dopo l’invasione fillosserica, il Nero d’Avola, come altri
vitigni, viene utilizzato per innestare barbatelle di “Riparia” e offerto agli agricoltori. (in C. Di Rosa
1996)
Ad Avola, come nel circondario, qualche agricoltore esperto incominciò a fornirsi di viti americane
innestate, e la vite cominciò nuovamente a verdeggiare.
L’“attuale” Moscato di Noto ottenuto dal vitigno Moscato bianco è stato codificato dalla Cantina
Sperimentale di Noto, nella persona dell’allora direttore dr. Carlo Monteneri. Nel 1933 nella prima
mostra mercato di Siena dei vini tipici italiani era presente il Moscato di Noto come vino tipico
italiano.
Nel corso dei secoli dunque la viticoltura ha mantenuto un ruolo di coltura molto importante per il
territorio, fino ad arrivare ad oggi. La storia recente è caratterizzata da una evoluzione positiva della
denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende, la professionalità degli
operatori che hanno contribuito ad accrescer il livello qualitativo e la rinomanza della DOC “Noto”,
come testimoniano i riconoscimenti in campo nazionale ed internazionale dei vini a DOC “Noto”
prodotti dalle aziende della zona geografica di riferimento.
E’ stato riconosciuto come DOC “Moscato di Noto” nel 1974 con Dpr 14 marzo 1974.
In questo primo disciplinare si distinguevano solo tre tipi: il naturale, il liquoroso e lo spumante a
base esclusiva di Moscato bianco.
Successivamente, con decreto ministeriale del 2/1/2008, è stato modificato il disciplinare di
produzione della DOC “Moscato di Noto”e, contestualmente, in virtù delle “novità” introdotte, ne è
stata cambiata la denominazione, da “Moscato di Noto” a quella più omnicomprensiva di “Noto”.
Si avvertiva ormai da tempo la necessità di un nuovo disciplinare, più dettagliato nel fissare
determinati parametri e più rispondente alla evoluzione dei gusti dei consumatori pur nel rispetto
della “tradizione” e dell’identità del prodotto
Sono state introdotte le tipologie “Moscato Passito di Noto” o “Passito di Noto” , “Noto rosso” e “Noto Nero d’Avola”.
E’ stata introdotta la tipologia “Moscato Passito o “Passito di Noto”, considerato che
l’appassimento delle uve è da sempre stata una tecnica tradizionale della zona ma non era stata “codificata ” nel primo disciplinare. Anticamente , infatti, le uve di Moscato venivano fatte
appassire per incrementare la percentuale di zucchero nell’acino a seguito della disidratazione,
contemporaneamente ottenendo una maggiore quantità di alcol, ma anche di estratti, migliorando in
rotondità e complessità aromatica, ed aumentando l’intensità del colore.
Le nuove tipologie “Noto” rosso e “Noto” Nero d’Avola sono state introdotte nel nuovo disciplinare
considerata la forte presenza di questo vitigno nella zona di produzione della DOC (in provincia di
SR è la cultivar più diffusa con l’ 84% di incidenza sulla superficie vitata totale della provincia) ed
anche il fatto che tale zona della Sicilia è quella, se non di origine, quanto meno di più antica
coltivazione del vitigno siciliano più famoso.
Noto Doc (foto www.marabino.it)
Base ampelografica
I vini a denominazione di origine controllata “Noto” devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi nell’ambito
aziendale, rispettivamente per le varie tipologie, la seguente composizione ampelografica:
“Moscato di Noto”, “Moscato di Noto” spumante, “Moscato di Noto” liquoroso, “Moscato Passito
di Noto” o “Passito di Noto”: interamente dal vitigno Moscato bianco;
“Noto rosso”: Nero d’Avola: minimo il 65%.
Per la rimanente parte possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca nera,
non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sicilia, iscritti nel registro nazionale delle
varietà di vite per uve da vino approvato,
riportati nel disciplinare.
“Noto” Nero d’Avola: Nero d’Avola minimo l’ 85%.
Per la rimanente parte possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca nera,
non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sicilia, come sopra specificato.
I vini a denominazione di origine controllata “Noto” devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:
“Moscato di Noto”:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol di cui almeno 9,50% vol svolto;
- acidità totale minima: 4,5 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
“Moscato di Noto” Spumante:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol di cui almeno 8,00% vol svolto;
- zuccheri riduttori: 50,0 g/l minimo;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l;
- pressione assoluta in bottiglia a 20° C: almeno 4 atmosfere.
“Moscato di Noto” liquoroso:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 21,00% vol di cui almeno 15,00% vol svolto;
- acidità totale minima: 4,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
“Moscato Passito di Noto” o “Passito di Noto”:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 18,00% vol di cui almeno 9,50% vol svolto;
- acidità totale minima: 4,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 28,0 g/l.
“Noto” rosso:
- titolo alcolometrico totale minimo: 12,50% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
“Noto” Nero d’Avola:
- titolo alcolometrico totale minimo: 13,00% vol;
- acidità totale minima: 5,0 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti dell’acidità totale e dell’estratto non riduttore minimo con proprio decreto.
I vini a denominazione di origine controllata “Noto” devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:
“Moscato di Noto”:
- colore: dal giallo dorato più o meno intenso all’ambrato;
- odore: caratteristico, fragrante di Moscato;
- sapore: aromatico, caratteristico di Moscato.
“Moscato di Noto” Spumante:
- limpidezza: brillante e in tale stato conservabile in condizioni normali;
- colore: paglierino o giallo dorato tenue, comunque non intenso o rossiccio;
- odore: aroma caratteristico di Moscato;
- sapore: delicatamente dolce, aromatico di Moscato.
“Moscato di Noto” liquoroso:
- colore: giallo dorato più o meno intenso;
- odore: delicato, fragrante di Moscato;
- sapore: dolce, gradevole, caldo, vellutato.
“Moscato Passito di Noto” o “Passito di Noto”:
- colore: dal giallo dorato più o meno intenso all’ambrato;
- odore: caratteristico, fragrante di Moscato;
- sapore: dolce, aromatico, gradevole.
“Noto” rosso:
- colore: rosso rubino più o meno intenso;
- odore: franco, intenso;
- sapore: sapido, giustamente tannico con retrogusto gradevolmente asciutto, fresco.
“Noto” Nero d’Avola:
- colore: rosso rubino più o meno intenso, talvolta con riflessi violetti o granati;
- odore: franco, intenso;
- sapore: sapido, giustamente tannico con retrogusto gradevolmente asciutto, fresco.
In relazione all’eventuale affinamento e/o conservazione in recipienti di legno il sapore dei vini può rilevare lieve sentore o percezione di legno.
Variano a seconda della tipologia di vino.