L'indicazione geografica tipica “Avola”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai
requisiti stabiliti nel disciplinare, per le seguenti tipologie:
bianco;
rosso, anche nelle tipologia novello;
rosato.
La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con l'Indicazione Geografica Tipica “Avola” comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di Avola e Siracusa, in provincia di Siracusa.
I comuni di Avola e Siracusa appartengono ad una plaga di antichissima tradizione vitivinicola.
Il Moscato di Siracusa viene infatti identificato (S. Landolina Nava 1802) con il Pollio siracusano, il
più antico vino d’Italia, così chiamato dal nome del re tracio che governò Siracusa nel VII sec. a.C.
Gabriele Castelli, principe di Torremuzza, nella sua Sicilia numismatica del 1781, mostra il disegno
della moneta di Abolla, città bizantina dalla quale con molta probabilità discende l’odierno abitato
di Avola; la moneta, su di una faccia, a testimonianza della vocazione vitivinicola della zona,
mostra, a pieno campo, un grappolo d’uva colmo di acini. (F. Grignani Pantano, 1996).
La estensione ed importanza dei vigneti presenti nella zona a partire dalla fine del secolo XV, è
testimoniata dai numerosi atti di vendita e di dotazione presenti nei registri notarili.
Nel 1747, un manoscritto redatto dalla Deputazione della città di Avola informa sul valore delle
vigne in tale anno. In particolare evidenzia come il loro prezzo, nelle contrade Fiumara, Zagaria,
Gaggi e nei bassifondi limitrofi, sia valutato il doppio rispetto alle vigne piantate in altre contrade
del territorio (F. Grignani Pantano, 1996).
L’interesse degli abitanti, nel secolo XVIII, a coltivare vigneti, è dimostrato da un bando emanato a
Napoli il 24 aprile 1733, dal marchese d’Avola Diego Pignatelli Aragona Cortes il quale,
preoccupato da tale tendenza, a discapito della coltivazione della canna da zucchero (Archivio di
Stato di Napoli – Archivio Pignatelli), vieta a tutti coloro che nel suo Stato possedevano terre
soggette all’acqua, “di farci plantatione di vigne” (F. Grignani Pantano, 1996).
I vini di Avola, nel ‘700, sono comunque rinomati se i viaggiatori stranieri che in questo secolo
visitano la Sicilia, si soffermano nella città per osservare le piantagioni di canna da zucchero e per
degustarne i vini (F. Grignani Pantano, 1996).
Non scordiamoci , infine, che questa zona del siracusano è da molti ritenuta zona di origine del
vitigno Nero d’Avola, il vitigno siciliano più rinomato.
Risale intorno agli anni 1774-77 un primo riferimento al Nero d’Avola, da parte del fiorentino
Domenico Sistini, bibliotecario presso il Principe Biscari, a Catania; descrivendo i vigneti del
siracusano annota che tale vitigno produce una “ottima qualità di vino”.
L’abate Paolo Balsamo (1809) così si esprime: “Il vino è per Avola un’importantissima derrata. Le
più stimate uve nere sono osso nero, nero campanello, nero d’Avola, montonico, vernaccione nero”
(C. Di Rosa , 1996).
Lo storico Rosario Gregorio afferma, nel 1846, che fra i vini più pregiati erano quelli di
Castellammare, Marsala, Alcamo, Castelvetrano, Milazzo, Avola, Vittoria, e ci dà notizia anche di
esportazione di uva pure in Francia, Olanda e Inghilterra.
Dopo la conquista garibaldina dell’Isola, Avola, per la qualità e la quantità dei vigneti impiantati è
menzionata fra le contrade più rinomate da Girolamo Caruso, nel 1869, in uno dei più bei libri sulla
viticoltura e enologia siciliana (C. Di Rosa, 1996).
Alla fine dell’800 col nome di Pachino s’intendeva la produzione di Noto, Avola e Pachino a base
esclusiva di “Nero d’Avola”. Nello stesso periodo si annoverano anche i vini rossi di Siracusa
derivati dalle uve del Nero d’Avola, più alcolici e colorati di quelli della zona di Pachino.
Questi vini erano molto richiesti dal Mezzogiorno della Francia che li dirottava verso la Gironda e
la Borgogna.
Il botanico avolese Giuseppe Bianca nella sua “Monografia agraria del territorio di Avola”,
illustrava i modi di coltivare la vite e di fabbricare il vino che erano simili, affermava lo studioso, a
quelli praticati in Siracusa.
A fine 800 si ha testimonianza anche di rinomati vini bianchi tra cui l’Albanello di cui esistevano
due tipi, uno secco e uno dolce.
Gli Albanelli più famosi si producevano a Siracusa e Floridia ma anche ad Avola e Noto (Pastena
1999).
Nel 1829 Avola contava 277 ettari di superficie vitata; nel 1848 Siracusa poteva vantare 1.400 ettari
di vigneto ed Avola 527.
Nella seconda metà dell’ottocento l’invasione della fillossera distrugge gran parte dei vigneti
dell’isola e nel siracusano (1884-1886) la vite viene soppiantata da altre colture, in particolare ad
Avola si estende la coltivazione del mandorlo.
Negli anni della ricostituzione dei vigneti, dopo l’invasione fillosserica, il Nero d’Avola, come altri
vitigni, viene utilizzato per innestare barbatelle di “Riparia” e offerto agli agricoltori (C. Di Rosa,
1996).
Ad Avola, come nel circondario, qualche agricoltore esperto incominciò a fornirsi di viti americane
innestate, e la vite cominciò nuovamente a verdeggiare.
Intorno al 1920, è negli agri di Pachino, Comiso, Vittoria, Acate, Avola, Noto, etc., cioè nelle
provincie di Siracusa e di Ragusa, che il “Nero d’Avola” risulta grandemente diffuso, tanto da
diventare addirittura il vitigno ad uva nera, se non esclusivo, almeno prevalente (Carpentieri F.,
1920) (C.Di Rosa , 1996)
Nella seconda metà del novecento la superficie del vigneto si riduce ancora una volta per far posto
alla coltivazione agrumicola.
Fine anni ottanta - primi anni novanta, sulla scia del “rinascimento” dell’enologia siciliana, la
viticoltura di questa zona comincia ad essere rivitalizzata e valorizzata e nascono alcune aziende
che ne riportano in auge i vini.
Vitigno Nero d'Avola
Base ampelografica
I vini a Indicazione Geografica Tipica “Avola” bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da
uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla
coltivazione nel territorio della Regione Siciliana a bacca di colore corrispondente, iscritti nel
registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino, riportati nel disciplinare.
I vini a indicazione geografica tipica “Avola” all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:
“Avola” bianco:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;
acidità totale minima: 3,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 13,0 g/l.
“Avola” rosso:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidità totale minima: 3,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 17,0 g/l.
“Avola” rosato:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;
acidità totale minima: 3,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
I vini a indicazione geografica tipica “Avola”, prodotti nella tipologia “novello”, all'atto dell'immissione al consumo, possono avere un titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%.
I vini a indicazione geografica tipica “Avola” all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:
“Avola” bianco:
colore: giallo paglierino più o meno intenso;
odore: fine, elegante;
sapore: secco, equilibrato, caratteristico.
“Avola” rosso:
colore: rosso rubino più o meno intenso;
odore: gradevole, fruttato;
sapore: secco, armonico.
“Avola” rosato:
colore: rosa più o meno intenso;
odore: fine, elegante;
sapore: asciutto, armonico, equilibrato.
Variano a seconda della tipologia.