Il miele deriva da una trasformazione del nettare mediante aggiunta di enzimi
Il nettare giunge nella borsa melaria, una dilatazione dell’esofago dove viene accumulato, dopo di che le bottinatrici al rientro nell’alveare rigurgitano il contenuto alle api di casa che provvedono ad aggiungerci altri enzimi (tramite il fenomeno della trofallassi). Dopo diversi passaggi lo sistemano nelle celle dove subisce una concentrazione, quando il miele risulta maturo cioè sufficientemente concentrato lo proteggono con un opercolo di cera.
Componenti:
% | |
acqua | 13.4-26.6 |
fruttosio | 21.7-53.9 |
glucosio | 20.4-44.4 |
saccarosio | 0.0-7.6 |
altri zuccheri | 0.1-16.0 |
acido gluconico | 0.17-1.17 |
% dell’1% | |
minerali | 0.02-1.03 |
proteine | 0.00-0.13 |
enzimi | >0.1% |
sostanze aromatiche | >0.1% |
HMF, ecc… | >0.1% |
Il glucosio è uno dei principali costituenti del miele di fiori, è però meno solubile in acqua del fruttosio e perciò più soggetto a cristallizzare. La cristallizzazione è un processo naturale e non ci sono differenze in termini nutrizionali tra il miele solido e il miele liquido, è la stessa sostanza soltanto in forma diversa. Appena estratto il miele non è altro che una sostanza soprassatura di acqua e zuccheri e data la sua instabilità tende col tempo a raggiungere un equilibrio liberando un soluto in eccesso sotto forma di cristalli. Tuttavia non bisogna trascurare l’influenza della temperatura su detto processo, infatti la cristallizzazione può avvenire tra i 5° e i 25°C, con un picco di 14°C. La cristallizzazione è ostacolata al diminuire della temperatura, perché aumentando la viscosità del miele sono più difficili i movimenti che avvengono all’interno della massa che comportano un rallentamento dei processi chimici di accrescimento dei cristalli. Temperature troppo elevate invece rallentano il processo dove si ha la distruzione dei cristalli. Alcuni mieli hanno una maggior tendenza a cristallizzare rispetto ad altri, questo dipende dalle differenti caratteristiche botaniche, ci sono persone tuttavia che preferiscono mieli liquidi, altre, mieli cristallizzati.
Il miele viene classificato in base alla sua origine, a come viene raccolto e lavorato o grazie all’uso a cui viene destinato.
Si distingue in base all’origine in:
Il miele di melata presenta un’assenza o quasi di cristallizzazione e questo è dovuto a un’alta percentuale di fruttosio rispetto al glucosio. Inoltre il miele di melata presenta un’acidità elevata e livelli di enzima idrossimetilfurfurale (HMF) notevoli. Il miele di melata presenta dei valori più elevati, rispetto al miele di fiori, in: sali minerali, amminoacidi, zuccheri con più alto peso molecolare (oligosaccaridi). Questo miele inoltre ha una maggiore conduttività elettrica, un maggior contenuto di ceneri e un sapore più intenso, alcune ricerche indicano che presenta anche proprietà antibatteriche in media superiori rispetto agli altri mieli grazie a livelli elevati di glucosio-ossidasi che porta alla formazione di perossido di idrogeno,
Miele di girasole cristallizzato (foto www.agraria.org)
Classificazione in base alla lavorazione:
Classificazione in base all’uso:
L’HMF è utilizzato come indice della freschezza del miele e del suo stato di conservazione. Una specifica normativa regolamentata dalla legge n. 753 del 12 ottobre del 1982 (e successive modifiche), disciplina la produzione, il confezionamento e l’etichettatura del miele; le normative di fatto pongono per l’HMF un limite massimo di 40mg/kg (ppm), un valore eccessivamente elevato dato che un miele di qualità non dovrebbe superare, alla produzione, un valore superiore a 10 mg/kg. La maggior parte delle aziende produttrici, e dei distributori, eseguono controlli periodici sia sul prodotto appena confezionato, sia sullo stock presente in magazzino, per accertarsi che durante il tempo in cui il prodotto si trova sugli scaffali del negozio di vendita, o del deposito, non si sia verificata una degradazione degli zuccheri. Per prevenire questo problema è necessario porre attenzione alle fasi di smielatura, invasettamento, trattamenti termici, lavorando in condizioni di igienicità per evitare contaminazioni da agenti batterici o di varie particelle estranee e conservazione a temperatura ambiente, la quale può portare ad una maggiore formazione di HMF rispetto a una temperatura di 4°C, come quella del frigorifero. Ma oltre alla temperatura, come responsabile della formazione dell’HMF, anche l’acidità gioca il suo ruolo fondamentale. Tutti i mieli hanno una componente acida, numerosi acidi organici sono infatti contenuti nel nettare o nella melata e in parte provenienti dalle api, presentando valori di PH sempre inferiori a 7, per lo più compresi tra 3,5 e 4,5. L’acidità aumenta con l’invecchiamento, con la fermentazione, o se il miele viene estratto da favi fortemente propolizzati. In ambiente acido il fruttosio subisce un processo di degradazione che porta alla formazione dell’HMF.
Il motivo per cui il contenuto di HMF va controllato, oltre alla necessità di fornire un prodotto fresco che mantenga le caratteristiche organolettiche intatte, risiede nella sua potenziale tossicità per le api.
Gli apicoltori spesso nutrono i propri allevamenti di api utilizzando miele vecchio, spesso sottoponendolo a processi di sterilizzazione (per eliminare possibili patogeni) e temperature elevate per diverso tempo. L’HMF esplica la sua tossicità per le api a livello gastrointestinale provocando perfino la morte ad elevate concentrazioni. Sull’uomo non si sono evidenziate tossicità alle concentrazioni reperibili all’interno dei mieli.