Le piante carnivore sono in grado di produrre organi capaci di catturare e digerire animali. Questa caratteristica è il risultato di un adattamento ad ambienti poveri di nutrienti (paludi, torbiere, rupi stillicidiose ecc.), caratterizzate da un’abbondante presenza di acqua povera di nutrienti, in particolar modo azoto, e forte acidità del suolo.
L’origine delle piante carnivore è polifiletica, ovvero si sono evolute a partire da più antenati diversi. Una pianta per essere definita carnivora deve possedere le seguenti caratteristiche:
1. Attirare una preda;
2. Catturare una preda;
3. Digerire una preda;
4. Assimilare i nutrienti derivanti dalla digestione;
5. Trarre beneficio dall’uptake di nutrienti esterni (prede).
Esistono diverse tipologie di trappole:
1. Passive: sono prive di movimento, la secrezione di enzimi è indipendente dalla presenza della preda. Sono divise ulteriormente in:
A caduta: Le foglie modificate assumono una forma di imbuto o calice e vengono chiamate“ascidi”. Queste tipologie di trappole si riscontrano nel genere Sarracenia, Nepenthes, Cephalotus follicularis e Darlingtonia californica;
A nassa: Queste trappole presentano una particolare forma di “Y” rovesciata. Le trappole producono sostanze volatili che attirano le prede nell’apertura a spirale che caratterizza la parte inferiore della diramazione ad “Y”. Una volta all’interno le prede sono spinte verso la parte superiore della struttura ad “Y” dove è presente la zona digestiva. Queste trappole si riscontrano nel genere Genlisea e nella specie Sarracenia psittacina Michx.
Ascidio di Sarracenia leucophylla (foto Michele Fiordellisi)
2. Attive: Sono dotate di movimento e la produzione di enzimi è dipendete dalla presenza della preda. Sono divise ulteriormente in:
A scatto: Questa tipologia di trappola è formata da due lobi. Ogni lobo presenta nella pagina interna una sostanza zuccherina in grado di attirare le prede e da 3 peli sensoriali “Triggers”, che sono i recettori di movimento della pianta. Inoltre ai margini di ogni lobo sono presenti delle ciglia. Questa tipologia di trappola si riscontra nella Dionaea muscipula e nell’Aldrovanda vesiculosa L.
A colla: In questo caso la trappola è formata dall’intera lamina fogliare, sulla quale sono presenti diversi peli unicellulari. Quest’ultimi presentano all’apice delle ghiandole, che hanno la funzione di attirare gli insetti grazie alla secrezione di una sostanza zuccherina e di catturarli grazie alla produzione di una sostanza collosa. Questa tipologia di trappola si riscontra nel genere Pinguicula, Drosera e nel Drosophyllum lusitanicum (L.) Link.
Ad aspirazione: Queste trappole, che prendono il nome di “utricoli” hanno una struttura molto complessa. Si presentano come delle piccole sacche trasparenti con un diametro che va da 1 a 10 mm. L’apertura della trappola ha una forma circolare simile ad una “porta” la quale è unita sulla parte superiore al resto della trappola con delle cellule flessibili simili a dei veri e propri cardini. Mentre una sottile membrana, il “vellum”, ricopre l’intera apertura sigillandone la chiusura. Esternamente, collegate con la “porta”, sono presenti delle antenne sensoriali chiamate “trigger”. La struttura degli utricoli è simile sia nelle Utricularie terrestri che acquatiche.
Dopo la cattura di un insetto la foglia si arrotola su sé stessa