L'IFOAM, la Federazione Internazionale dei Movimenti per l'Agricoltura Biologica (International Federation of Organic Agriculture Movements), così definisce l'agricoltura biologica: "Tutti i sistemi agricoli che promuovono la produzione di alimenti e fibre in modo sano socialmente, economicamente e dal punto di vista ambientale. Questi sistemi hanno come base della capacità produttiva la fertilità intrinseca del suolo e, nel rispetto della natura delle piante degli animali e del paesaggio, ottimizzano tutti questi fattori interdipendenti. L'agricoltura biologica riduce drasticamente l'impiego di input esterni attraverso l'esclusione di fertilizzanti, pesticidi e medicinali chimici di sintesi. Al contrario, utilizza la forza delle leggi naturali per aumentare le rese e la resistenza alle malattie".
Con il termine "biologico", in Italia, Grecia, Francia, Olanda e Portogallo, o con il termine "ecologico", in Spagna, Danimarca, Germania e Svezia, o "organico" nei Paesi di lingua inglese, si intende ciò che viene ottenuto, pianta o animale, attraverso un metodo produttivo che non ricorra ai prodotti di sintesi e che rispetti una serie di norme che vincolano il produttore nel modo di operare.
Il concetto di Agricoltura biologica ha origine ai primi del '900 soprattutto nell'Europa centrale. Tre sono i movimenti principali:
- in Germania per ispirazione di Rudolf Steiner, a cui si deve l'elaborazione della dottrina antroposofica nasce l’Agricoltura Biodinamica;
- l'Agricoltura Organica, nasce in Inghilterra subito dopo la seconda guerra mondiale e trae origine soprattutto dalle idee di Sir Howard;
- in Svizzera, negli anni '40, Hans Peter Rusch e H. Muller definiscono il metodo dell’Agricoltura Biologica.
L’agricoltura biologica si sviluppa in modo spontaneo senza riferimenti normativi e svincolata dalle leggi di mercato.
Dagli anni sessanta in poi la crescita del movimento si accelera: i crescenti danni ambientali e una diversa consapevolezza su come e cosa mangiare, sono da soli sufficienti a spingere verso un'agricoltura dove il ricorso alla chimica sia ridotto e maggiormente controllato. In quegli anni nasce un vero mercato del biologico, sempre più ampio, differenziato, rivolto alle grandi città del Nord Europa che stimola l'agricoltura di quei Paesi. Spagna, Portogallo e Italia cominciano a diventare fornitori di questi mercati.
Negli anni Settanta si sviluppano i sistemi di controllo e di certificazione, all'inizio in modo un po' caotico, successivamente con regole sempre più chiare e complete. L'IFOAM nasce in Francia nel 1972 e riunisce oltre 500 movimenti di operatori del biologico di tutti e cinque i continenti, per un totale di 90 nazioni.
Solamente nel 1991 con il Reg. CEE 2092 (entrato in vigore il 1° gennaio 1993) si ha il riconoscimento ufficiale e la regolamentazione del metodo produttivo nonché della trasformazione e della commercializzazione del prodotto biologico. Ne rimaneva escluso il comparto zootecnico che sarà normato con il Reg. CEE 1804/99 entrato in vigore il 24/8/2000, fatta eccezione per alcuni punti (divieto dell'uso di organismi geneticamente modificati e di loro derivati nell'alimentazione degli animali) diventati obbligatori da subito.
Dal 1 gennaio 2009 il quadro normativo comunitario relativo alle produzioni agroalimentari ottenute con metodo biologico è profondamente mutato. Il Reg. CEE 1804/99 è stato abrogato dal Reg. CE 834/07 >>>
L'impegno a varare una normativa specifica e complementare per la zootecnia biologica era stato preso già con il primo regolamento (1991). Il ritardo di 8 anni si spiega tenendo conto di due fatti:
- l'oggettiva differenza della zootecnia (non solo biologica) a livello europeo per quanto riguarda clima, fattori strutturali (dimensione delle aziende) e socio-culturali (storia, tradizione);
- la presenza in molti stati membri del nord (Austria, Danimarca; Francia, Gran Bretagna) di legislazioni nazionali sulla zootecnia biologica emanate anche precedentemente al regolamento 2092/91, mentre in altri (Italia compresa) si seguivano direttive e indirizzi sanciti dall'IFOAM ma non ratificati ufficialmente dall'Unione Europea.
In ambito comunitario si configuravano pertanto situazioni assai diversificate che sfociavano talora in difficoltà operative e provvedimenti controversi quali, ad esempio, gli avvenuti o minacciati sequestri di prodotti biologici zootecnici per oggettive o presunte irregolarità.
Altro momento da ricordare è il 1992 con il Reg. CEE 2078 attraverso il quale vengono inserite nella riforma della PAC misure di sostegno alle aziende che si impegnano a ridurre l'uso di numerosi prodotti di sintesi.
Il concetto di zootecnia biologica è quello di condurre un allevamento che sia rispettoso dell’animale, dell’ambiente e del consumatore. Gli animali in azienda sono importanti perché:
- chiudono il ciclo ecologico dell’azienda;
- forniscono letame, ammendante per il terreno e principale fonte di sostanza organica nell'agricoltura biologica;
- producono latte, carne e loro derivati;
- richiedono aree a foraggio impedendo rotazioni troppo strette delle colture e favorendo la fertilità del terreno.
Un aspetto importante sancito dal Reg. 1804/99 e confermato dai decreti ministeriali attuativi è il criterio dei chilogrammi di azoto ad ettaro anno di provenienza animale. Fatto pari a 170 kg per ettaro, questo elemento condiziona il numero di animali allevabili secondo la categoria (vedere tabella sottostante).
Un altro punto sancito dal regolamento riguarda il benessere degli animali (aspetto sempre più considerato dai consumatori) e il ricorso a razze storiche o migliorate, ma sempre ben adattate all'ambiente. Si sancisce l'obbligo del controllo di tutta la filiera attraverso un organismo certificante e per finire vengono lasciate delle finestre aperte, a carattere transitorio o definitivo, affinché siano possibili adattamenti locali o regionali. In caso di conversione da un allevamento commerciale ad un allevamento biologico è necessario attendere un certo periodo di tempo prima di poter dichiarare biologiche le produzioni.
Il Reg. 1804/99 è stato reso attuativo in ogni Paese membro da decreti ministeriali, come previsto in sede comunitaria. In Italia il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, di concerto con il Ministero della Sanità, ha tracciato le linee guida all'applicazione del regolamento tramite il Decreto Ministeriale del 4/8/2000 seguito da un secondo decreto n. 182, pubblicato sulla G.U. il 7 agosto 2001.
Numero massimo di animali per ettaro per specie
Equini di oltre 6 mesi | 2 |
Vitelli da ingrasso | 5 |
Altri bovini | 5 |
Bovini maschi da 1 a meno di 2 anni | 3,3 |
Bovini femmine da 1 a meno di 2 anni | 3,3 |
Bovini maschi di 2 anni e oltre | 2 |
Giovenche da allevamento | 2,5 |
Giovenche da ingrasso | 2,5 |
Vacche da latte | 2 |
Vacche lattifere da riforma | 2 |
Altre vacche | 2,5 |
Coniglie riproduttrici | 100 |
Pecore | 13,3 |
Capre | 13,3 |
Suinetti | 74 |
Scrofe riproduttrici | 6,5 |
Suini da ingrasso | 14 |
Altri suini | 14 |
Polli da tavola | 580 |
Galline ovaiole | 230 |
ORIGINE DEGLI ANIMALI
In caso di conversione da un allevamento commerciale ad un allevamento biologico è necessario attendere un certo periodo di tempo prima di poter dichiarare biologiche le produzioni. I tempi sono:
12 mesi per equini e bovini da carne
6 mesi per piccoli ruminanti e suini (4 mesi fino al 2003)
6 mesi per animali da latte (3 mesi fino al 2003)
10 settimane per il pollame da carne di meno di 3 giorni
6 settimane per le galline ovaiole
Se invece si parte da zero e la stalla vuole nascere biologica si dovrebbe ricorrere ad animali i cui genitori sino già biologici. Considerata però l’attuale esigua consistenza della zootecnia biologica, si prevedono già delle deroghe, la più importante è quella che permette l’acquisto di animali convenzionali purché di età:
inferiore alle 18 settimane per le pollastrelle per la produzione di uova
inferiore ai 3 giorni per i polli da carne
inferiore ai 6 mesi per i bufali
comunque inferiore a 6 mesi per puledri e vitelli che abbiano appena terminato lo svezzamento
sempre dopo lo svezzamento ed entro i 45 giorni per pecore e capre
subito dopo lo svezzamento e sotto i 25Kg per i suinetti.
Entro il 2003 si dovrà verificare la disponibilità di animali biologici e quindi eventualmente ritoccare le deroghe.
ALIMENTAZIONE
L’alimentazione deve essere rigorosamente biologica. Detto questo, non ci sono limitazioni e l’alimentazione può essere di qualsiasi tipo. Come deroga temporanea fino al 2005, è ammissibile il 10% per gli erbivori e il 20% per i monogastrici di alimenti convenzionali con le caratteristiche che vedremo in seguito. Tali percentuali sono espresse sulla sostanza secca di prodotto agricolo su base annuale e mantenendo un massimo del 25% sulla razione giornaliera. Il prodotto in conversione può essere utilizzato fino a un massimo del 30% aumentabile al 60% in caso di produzione aziendale. Per i poligastrici almeno il 60% della razione deve essere costituita da foraggi freschi, insilati o essiccati. La razione del pollame all’ingrasso deve contenere almeno il 65% di cereali. La percentuale di prodotto convenzionale utilizzato non può essere di qualunque tipo ma viene riportato un lungo elenco di prodotti ammessi, che in estrema sintesi sono tutti i prodotti vegetali, purché non trattati con solventi, e in alcuni prodotti animali (latte e sottoprodotti). Sono riportati anche gli elenchi delle sostanze minerali utilizzabili, degli additivi per insilati e mangimi e di altri prodotti specifici tra i quali risaltano le vitamine anche di origine sintetica purché identiche a quelle naturali( solo per i monogastrici).
TRATTAMENTI
Sono consentiti 2-3 cicli di trattamenti con medicinali allopatici in un anno ovvero in un ciclo se si tratta di animali con vita inferiore all’anno. L’uso in forma preventiva di medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica non è consentito nell’agricoltura biologica. Altro grosso capitolo è quello relativo al divieto di utilizzo di qualunque cosa contenga o derivi da organismi geneticamente modificati con la sola eccezione dei farmaci veterinari. L’impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o a modificare il ciclo riproduttivo degli animali non sono compatibili con i principi dell’agricoltura biologica. In linea di principio la riproduzione degli animali deve basarsi a metodi naturali, tuttavia è consentita l’inseminazione artificiale mentre è vietato il trapianto di embrioni. Tutti i mammiferi devono avere accesso ai pascoli o a spiazzi liberi ogni qualvolta le condizioni lo consentano. Solo la fase finale di ingrasso dei bovini, suini, e pecore per la produzione di carne, può avvenire in stalla, per un periodo inferiore ad un quinto della loro vita o comunque al massimo per 3 mesi. E’ vietato l’allevamento di vitelli in box individuali dopo una settimana di età. Per il pollame e per le api sono previste norme particolareggiate in ordine alle condizioni di allevamento, ma anche sull’età minima prima della macellazione. L’identificazione dei prodotti animali deve essere garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione.
STALLE E PASCOLI
Le condizioni di stabulazione degli animali devono rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche. Non è obbligatoria la stabulazione nelle regioni aventi condizioni climatiche che consente la vita all’aperto. Le stalle devono avere delle superfici minime coperte e scoperte. La stabulazione fissa è di norma vietata