La pratica dell’inseminazione artificiale ha rappresentato, negli ultimi anni, una svolta nell’organizzazione e nella gestione degli allevamenti cunicoli industriali. La monta naturale è una realtà ancora valida ma solo per gli allevamenti molto piccoli in quanto richiede maggiori costi in ragione di tempo, manodopera e un gran numero di maschi per la riproduzione. Inoltre l’inseminazione artificiale consente di mantenere un più alto standard igienico in quanto non solo evita i contatti tra animali ma consente anche una maggior sorveglianza sanitaria sulle fattrici. In genere il seme viene acquistato in centri di allevamento di riproduttori selezionati anche se alcuni allevatori si sono organizzati con un proprio “reparto maschi” per la produzione e la raccolta del seme; tale argomento sarà argomento di discussione in un successivo articolo.
Ma veniamo alla femmina, oggetto della presente trattazione. Essendo la coniglia un animale ad ovulazione indotta è necessario, in corso di inseminazione artificiale, sopperire alla mancanza dello stimolo del coito con uno stimolo adeguato capace di innescare il meccanismo neuro-endocrino responsabile dell’ovulazione. Per fare ciò esistono due sistemi fondamentali: il primo di tipo farmacologico ed il secondo non farmacologico chiamato anche biostimolazione. Le biostimolazioni sono ancora oggetto di studio a causa dei dati discordanti riportati dai vari autori ma sono destinate a prendere piede soprattutto nella zootecnia biologica dove è bandito l’utilizzo dei farmaci. A questa grande famiglia appartengono il “flushing” (apporto supplementare di sostanze energetiche e proteiche nella razione),”l’effetto maschio” (stimolazione olfattiva dovuta ai feromoni prodotti dal maschio), “l’effetto luce” (aumento del fotoperiodo che influirebbe positivamente sulle performances riproduttive), sfregamento con il catetere dei genitali femminili (per simulare il coito), ed infine alcune manipolazioni quali la separazione della fattrice dalla nidiata ed il cambio della gabbia. Molto più pratici, efficaci e standardizzati sono invece i trattamenti farmacologici, di origine essenzialmente ormonale. Ad esempio il GnRH (Gonadotropin Releasing Hormon) o analoghi sintetici somministrati per via intramuscolare al momento dell’inseminazione determinano, a livello ipofisario, il rilascio di LH (o Luteinizing Hormon) responsabile dello scoppio dei follicoli pre-ovulatori e quindi dell’ovulazione. Alcuni protocolli prevedono l’utilizzo del PMSG (Pregnant Mare Serum Gonadotropin o gonadotropina sierica di cavalla gravida) con effetto follicolo stimolante (crescita e maturazione del follicolo), da somministrarsi 48-72 ore prima dell’inseminazione, che sembra essere efficace soprattutto in femmine allattanti anche se, sul suo utilizzo, non tutti gli autori sono concordi poiché, secondo alcuni, potrebbe indurre risposta immunitaria con produzione di anticorpi anti-PMSG: se ne consiglia pertanto un utilizzo moderato. Efficace sembra essere anche l’associazione di PMSG e hCG (Humane Corionic Gonadotropin). Infine un ultimo protocollo prevede l’utilizzo di prostaglandine (PGF2α) utilizzate per la sincronizzazione degli estri da somministrarsi 64 ore prima della inseminazione artificiale. Inoltre per una maggior probabilità di successo nell’inseminazione artificiale e nella scelta del protocollo per l’induzione dell’ovulazione è necessario tener conto di alcuni fattori legati alle performances riproduttive. Innanzitutto l’ordine di parto: recettività, fertilità e prolificità sembrano essere migliori nelle nullipare e nelle pluripare e un po’ più scarse nelle primipare soprattutto se in fase di lattazione; tutto ciò è dovuto all’antagonismo ormonale che si crea tra la riproduzione e la lattazione a cui si aggiunge il deficit energetico che si verifica nei soggetti giovani che non hanno ancora terminato lo sviluppo corporeo ulteriormente aggravato dalla minor capacità di ingestione durante la gravidanza a causa dell’ingombro dell’utero dei feti. La fase riproduttiva ha anch’essa un’importanza determinante proprio a causa delle suddette ragioni: infatti prolattina (ormone necessario alla produzione e secrezione del latte) e progesterone (ormone indispensabile per la gravidanza) esercitano un effetto di inibizione l’uno sull’altro. La recettività sessuale è un altro “dettaglio” da non sottovalutare. Un animale recettivo presenta frequenza di ovulazione, fecondità e prolificità maggiori rispetto ad un animale non recettivo. Tale recettività è maggiore nell’immediato post-partum per poi decrescere per alcuni giorni (poco meno di 1 settimana) ed infine attestarsi su valori accettabili grazie alla maturazione dei follicoli ed alla produzione di estrogeni. Veniamo adesso alla tecnica: come si effettua l’inseminazione della fattrice? Innanzitutto tale pratica deve essere affidata a personale addestrato e qualificato, ed effettuato con perizia, delicatezza e pazienza, pena il provocare danni più o meno gravi agli animali. Il piano di lavoro essenziale è costituito da un tubo-contenitore per la fattrice, le provette contenenti il seme ed un contenitore per i cateteri. Un piano di lavoro realizzato “in casa” è visibile nella Foto 1.
Foto 1: Piano per l'inseminazione - Foto 2: Inseminazione di una fattrice (foto C. Papeschi)
La fattrice deve essere introdotta delicatamente nel tubo-contenitore con la testa rivolta verso il fondo (Foto 2). L'inseminazione si effettua introducendo profondamente in vagina lo sperma attraverso un catetere in vetro monouso plastica in vetro o (che dovranno essere sterilizzati prima del riutilizzo) della lunghezza variabile dai 25 ai 28 cm con diametro pari a 3 mm e terminante a punta ricurva e smussata (Foto 3), onde evitare gravi traumatismi e lesioni.
All’estremità del catetere vi è una piccola siringa. La dose inseminante è costituita da una quantità di materiale spermatico variabile in funzione della diluizione e della concentrazione di spermatozoi.
In genere il liquido inoculato è pari a 0,5 ml e deve contenere almeno 10 milioni di spermatozoi vivi e vitali.
L'operatore prende la coda della fattrice tenendola fra il dito indice ed il medio, tirandola leggermente verso l'alto (sempre con delicatezza) e spingendo con il pollice verso il basso l'apertura vulvare. Contemporaneamente si introdurrà il catetere con la punta rivolta verso il dorso della coniglia e cioè verso l'alto. Dopo 3 cm circa si incontrerà una difficoltà nel proseguire la penetrazione per la presenza di una plica vaginale posta cranialmente all’apertura dell'uretra: si compierà così una rotazione di 180° della punta del catetere onde evitare il meato urinario e si proseguirà fino alla fine della vagina. Il materiale fecondante dovrà essere deposto nel fondo della vagina in corrispondenza delle due cervici (vagina craniale). Un operatore con una buona pratica può arrivare ad inseminare anche 60 coniglie ogni ora.
In conclusione: l’inseminazione artificiale è una pratica, ad oggi, piuttosto conveniente sia per il basso costo del seme in rapporto ai costi di gestione di un parco maschi, sia per la maggior percentuale di femmine ingravidate ed infine per il risparmio in tempo e manodopera.
Foto 3 - Catetere per inseminazione artificiale (foto C. Papeschi)
Il maschio raggiunge, in media, la maturità sessuale intorno ai 5-5,5 mesi di vita. La produzione e l’emissione del seme avviene, nel coniglio come in tutti gli altri mammiferi, attraverso l’apparato genitale, composto dai seguenti organi fondamentali: i testicoli, il pene, le ghiandole accessorie e le vie genitali. I testicoli sono la sede di produzione degli spermatozoi e sono organi pari, ovali, divisi in logge contenenti i tubuli seminiferi. All’interno di tali tubuli troviamo le cellule germinative deputate alla produzione degli spermatozoi e le cellule del Sertoli che forniscono sostegno e nutrimento alle precedenti mentre nel tessuto interstiziale sono presenti le cellule di Leydig che producono gli ormoni (androgeni) indispensabili per la sintesi dei gameti maschili. I tubuli seminiferi confluiscono nella rete testis che a sua volta si riversa nell’epididimo, sede di accumulo e maturazione degli spermatozoi. La funzionalità testicolare è regolata da un complesso meccanismo ormonale che agisce sul sistema ipotalamo-ipofisi-gonadi e che porterà, nel giro di 45-50 giorni, alla formazione di spermatozoi con potere fecondanti a partire dagli spermatogoni (cellule madri) attraverso un processo di divisione, maturazione e capacitazione che si concluderà con l’accumulo degli spermatozoi nell’epididimo pronti per essere eiaculati. La produzione media giornaliera di spermatozoi per animale ammonta a circa 150-200 milioni. Durante l’eiaculazione gli spermatozoi vengono mischiati ad altre sostanze (zuccheri, enzimi, ormoni e soluzioni elettrolitiche) secrete da vescicole seminali e prostata ed indispensabili per la protezione, il nutrimento ed il trasporto. Il liquido seminale così composto verrà depositato in vagina durante l’inseminazione artificiale (o la monta naturale). A questo punto gli spermatozoi dovranno risalire le vie genitali femminili grazie al movimento della propria coda ma anche delle contrazioni utero-vaginali e delle cellule cigliate. Durante questo tragitto gli spermatozoi subiranno un processo di selezione dovuto alle asperità del tragitto all’interno delle vie genitali femminili e solo una piccola frazione (il 10% circa) di questi riuscirà a raggiungere l’ovidutto e a fecondare il gamete femminile.
Il pene o organo copulatore è sprovvisto di glande, retroverso e racchiuso, a riposo, in una plica cutanea mentre durante l’erezione assumerà una posizione orizzontale e le dimensioni di 3-4 cm.
I giovani maschi allevati per la produzione del seme non dovranno essere alimentati con razioni particolarmente energetiche almeno fino all’inizio della produzione. Nelle prime fasi è meglio somministrare un mangime più ricco di fibra. In seguito, una volta a regime produttivo, sarà invece necessario aumentare il livello energetico della razione in funzione del numero di prelievi che si intende effettuare. Le gabbie entro le quali saranno stabulati i maschi dovranno essere congegnate in modo da garantire la comodità dell’animale e dell’operatore pertanto saranno più spaziose delle gabbie fattrice e dovranno avere un apertura che non impedisca le operazioni di prelievo. I locali di stabulazione dovranno garantire un microclima adeguato con una temperatura di 18-20 °C, umidità relativa del 70% e un fotoperiodo di 8-10 ore di luce. Le gabbie dovranno essere pulite e disinfettate periodicamente in modo da evitare contaminazioni microbiche dei genitali e una particolare attenzione deve essere posta ai nuovi soggetti acquistati che dovranno trascorrere un periodo di quarantena in isolamento prima di essere alloggiati all’interno dell’allevamento.
Il prelievo del seme dovrà avvenire in maniera moderata almeno fino a che il testicolo non abbia raggiunto il suo completo sviluppo (8-9 mesi). Il prelievo del seme si effettua con l’ausilio di vagine artificiali in vetro o plastica rivestite internamente da una guaina in lattice in modo da formare uno spazio vuoto tra la parete esterna della vagina e la guaina. Tale intercapedine, per mezzo di una valvolina, verrà riempita di acqua alla temperatura di 40-42°C in modo da simulare la temperatura dei genitali della femmina al momento dell’accoppiamento. Ad un’estremità della vagina artificiale verrà collocata una provetta graduata indispensabile per la raccolta del seme eiaculato dal maschio attraverso l’apertura posta all’estremità opposta dello strumento. Il prelievo viene effettuato infilando una mano contenente la vagina artificiale nella gabbia e lasciando che il maschio vi si “accoppi”. I maschi giovani ed inesperti possono essere restii a donare il seme ed in questo caso è possibile ovviare al problema inserendo una femmina nella gabbia mantenendo la vagina artificiale tra le zampe posteriori di quest’ultima.
Il volume dell’eiaculato oscilla, in media tra i 0,6-2 ml/capo con una concentrazione media di 180-190 milioni di spermatozoi, una vitalità del 70% circa ed un pH compreso tra 7,1-7,3.
A causa della possibile presenza di batteri contaminanti quali Chlamidie, Stafilococchi, Streptococchi e Pasteurella, si consiglia di effettuare dei rilievi microbiologici sul seme almeno 2-3 volte l’anno.
Il seme prelevato deve essere privato del tappo mucoso, deve essere valutato ed utilizzato intero o diluito a seconda delle esigenze.
La valutazione del seme si effettua mediante l’ausilio di un microscopio con ingrandimento 100-200x per poter valutare sia il movimento complessivo (100x) che il movimento dei singoli spermatozoi e le anomalie morfologiche di questi ultimi ad una temperatura di 37°C circa. Se il seme viene utilizzato intero potrà essere suddiviso in dosi da 0,2-0,3 ml e dovrà essere utilizzato entro un paio d’ore. Più comunemente il seme viene diluito 1:10 e come diluitori si possono utilizzare: soluzione fisiologica (utilizzo entro poche ore) oppure TRIS BUFFER (Tris ammino metano + acido citrico monoidrato + fruttosio + acqua distillata sterile) il cui utilizzo dovrà avvenire entro 48 ore.
Dr. Cristiano Papeschi - Università della Tuscia (VT)
Foto 4 - Vagina artificiale (foto C. Papeschi)
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