Riconoscimento CE: Reg. CE n. 205 del 4.02.05 - GUCE L. 33 del 5.02.05
Le aree di produzione dello Zafferano dell’Aquila a Denominazione di Origine Protetta (DOP), costituiscono nel loro insieme un ben delimitato territorio della Provincia dell’Aquila, comprendente i comuni di Barisciano, Caporciano, Fagnano Alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio ne’ Vestini, S. Pio delle Camere, Tione degli Abruzzi e Villa Sant’Angelo. Nell’ambito di tale area la coltivazione deve essere praticata unicamente sui terreni posti ad un’altitudine compresa tra i 350 e i 1000 metri s.l.m.
Prodotto ottenuto dalla tostatura degli stimmi del fiore del Crocus Sativus L., pianta tubero-bulbosa appartenente alla famiglia delle iridacee, avente colore rosso porpora e commercializzato in filamenti allo stato naturale o ridotti in polvere.
Zafferano dell'Aquila DOP (foto www.zafferanodop.it)
4.1. Nome:
«Zafferano dell’Aquila»
4.2. Descrizione:
Prodotto ottenuto dalla tostatura degli stimmi del fiore
del Crocus Sativus L., pianta tubero-bulbosa appartenente alla famiglia
delle iridacee, avente colore rosso porpora e commercializzato in
filamenti allo stato naturale o ridotti in polvere.
Il prodotto ammesso a tutela, in condizioni di assoluta purezza, deve
avere le seguenti caratteristiche:
4.3. Zona geografica:
La zona di produzione dello «Zafferano dell’Aquila»
comprende il territorio dei comuni di: Barisciano, Caporciano,
Fagnano Alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio
Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio nei Vestini, S. Pio delle
Camere, Tione degli Abruzzi, Villa S. Angelo. I confini dell’area sono
definiti dal perimetro dei territori dei comuni suddetti. Nell’ambito
dell’area la coltivazione dovrà essere praticata in quei terreni posti ad
un’altitudine compresa tra 350 e 1 000 metri s.l.m.
4.4. Prova dell’origine:
Numerosissime fonti storiche documentano con
dovizia di particolari le vicende che per oltre sei secoli sono state
legate alla produzione ed alla commercializzazione dello zafferano
nella provincia dell’Aquila.
4.5. Metodo di ottenimento:
Il sistema di coltivazione del Crocus Sativus
L., dal quale si ottiene lo Zafferano DOP, adotta le seguenti pratiche
colturali, desunte direttamente da quelle tradizionalmente in uso nella
zona.
Le operazioni di preparazione del terreno prevedono: aratura ad una
profondità di 30 cm ed interramento di concime organico, affinamento
e livellamento della superficie, preparazione delle aiuole e apertura
da 2 a 4 solchi alla distanza di 20-25 cm che ospiteranno la nuova
piantagione.
È vietato l’apporto di qualsiasi altro tipo di fertilizzante durante il
ciclo vegetativo.
I bulbo-tuberi, raccolti nella prima metà di agosto, devono essere
cerniti, avendo cura di selezionare quelli più grandi ed esenti da attacchi
parassitari, reimpiantati, con l’apice vegetativo rivolto verso l’alto, nel
nuovo terreno nella seconda metà di agosto.
La rotazione colturale è di cinque anni.
Entro ogni fila i bulbi vanno posti a fila continua, la quantità di bulbi
necessari oscilla tra 500 000-600 000 per ettaro, ovvero 7-10 t/ha.
Dopo la semina vanno effettuate semplici operazioni colturali di
rincalzatura e zappatura.
Non è consentito il diserbo chimico mentre le irrigazioni sono
consentite solo in casi di eccezionali siccità.
4.6. Legame:
La pianta del Crocus sativus, dal cui fiore si ricava lo
zafferano, ha trovato da oltre 800 anni terreno fertile per la crescita
proprio nella piana di Navelli, zona tipica di produzione dello«zafferano dell’Aquila» in provincia dell’Aquila, che degrada da 900
fino a 700 metri di altitudine.
Sono proprio le caratteristiche pedoclimatiche tipiche della zona di
produzione a rendere così peculiare lo zafferano dell’Aquila, la cui
coltura, infatti, si trova in un territorio atipico e quasi limite tenendo
conto delle caratteristiche bio-ecologiche della pianta. Le coltivazioni
aquilane di zafferano ricadono in un territorio submontano (le
colture sono impiantate a 350-1 000 metri), il più elevato dell’area
mediterranea dove si coltiva zafferano, con piovosità annua di circa
700 mm e precipitazioni anche in estate (oltre 40 mm).
Nelle altre zone a zafferano del Mediterraneo i valori pluviometrici,
invece, sono alquanto modesti. La temperatura media estiva, inoltre,
nella provincia dell’Aquila non supera i 20-22°C. Tutti questi indici
fanno sì che il territorio dell’Aquila rientri nel bioclima mediterraneo
temperato, quasi al limite col piano umido.
La zona di produzione dello zafferano dell’Aquila presenta un terreno
di medio impasto a struttura humus-argillosa, che assicura una buona
ritenzione idrica, mentre l’elevato contenuto in sabbia conferisce
scioltezza ed areazione. Buono è il contenuto in calcare attivo ed
elevata la sostanza organica, basso il contenuto di fosfati e buono
quello del potassio. Le caratteristiche chimiche e la scioltezza del suolo
rendono il territorio particolarmente idoneo alla coltivazione dello
zafferano dell’Aquila ben distinguibile da altri tipi di zafferano.
Lo zafferano dell’Aquila deve la sua peculiarità, oltre agli aspetti
pedoclimatici della zona di produzione, anche grazie alle pratiche
agronomiche plurisecolari, che sono state messe in atto dall’uomo per
far sopravvive lo zafferano in un tale ambiente submontano e piovoso.
Nel corso dei secoli si misero a punto tecniche di selezione dei bulbi
ed una pratica colturale con ciclo annuale. La tecnica di coltivazione
tipica per la produzione dello zafferano dell’Aquila, caratterizzata
dal sistema di propagazione, oltre ad assicurare la sopravvivenza
della specie, diversifica ulteriormente la pianta da varietà analoghe
coltivate in altri arfeali sia nazionali che esteri. La raccolta dei fiori
viene fatta esclusivamente a mano proprio per non arrecare danno
agli stimmi contenuti in essi. La fase della tostatura degli stimmi, che
consiste nella parte più importante per la produzione dello zafferano
dell’Aquila, viene giudicata terminata solo grazie alla mano esperta
dell’addetto a tale operazione, la cui tecnica si tramanda di generazione
in generazione.
Numerosi documenti attestano che la coltivazione dello Zafferano
nella provincia di L’Aquila veniva effettuata già dal XIII-XIV
secolo. L’importanza economica assunta e le alterne fortune hanno
segnato fortemente la vita delle popolazioni locali, favorendo scambi
commerciali con diverse aree europee come si può desumere dalle
notizie storiche.
Inoltre, la particolarità biologica di questa pianta che si propaga solo
per clonazione, in quanto sterile triploide, fa sì che in mancanza di
una evoluzione genetica legata alla riproduzione gamica, la pianta
mantenga inalterati i caratteri nel tempo. Questa particolarità rende
lo «Zafferano dell’Aquila» un fossile vivente in quanto, sia i caratteri
botanici della pianta, che le tecniche colturali impiegate per la
coltivazione, sono rimaste invariate da oltre 600 anni. Ne consegue
che le piante coltivate nella provincia dell’Aquila rappresentano
una popolazione, che definiamo cultivar o biotipo perché le piccole
modifiche biologiche che la distinguono da altre cultivar sono
intervenute esclusivamente a causa delle particolari condizioni
pedoclimatiche dell’area.
4.7. Struttura di controllo:
Nome: C.C.I.A.A. Camera di Commercio di L’Aquila
Indirizzo: Via del Guastatore, 7, I-67100 L’Aquila
4.8. Etichettatura:
L’immissione al consumo della DOP «Zafferano
dell’Aquila» deve avvenire secondo le seguenti modalità: Il prodotto
deve essere posto in vendita in bustine di carta o vasetti di vetro o altro
materiale nobile purché risponda alle vigenti normative comunitarie
in materia di confezionamento dei prodotti alimentari deperibili. Sono
escluse confezioni in plastica.
Il contenuto di ogni confezione deve essere dichiarato al netto così
come deve essere dichiarata la presentazione se polvere o stimmi
integri (fili, filamenti), la quantità per ogni confezione può essere
determinata senza vincoli.
Sulle etichette delle confezioni contrassegnate a DOP, bustine, vasetti
o altro, devono essere riportati, a caratteri chiari e leggibili, le seguenti
indicazioni:
- il logo come appresso descritto;
- la denominazione «ZAFFERANO DELL’AQUILA».
Denominazione d’Origine Protetta, realizzata con caratteri di
dimensione maggiore di quelli di ogni altra scritta dell’etichetta;
- il nome, la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda produttrice
e/o confezionatrice, nonché l’eventuale marchio aziendale;
- dovrà figurare il simbolo grafico comunitario relativo alla
identificazione della Denominazione d’Origine Protetta.
È vietata l’aggiunta di qualsiasi altra qualificazione diversa da quelle
previste dal presente disciplinare, compresi gli aggettivi: tipo, gusto,
uso, scelto e similari.
Descrizione: Il logo identificativo è rappresentato da un riquadro
(colore blu Pantone 5125) dentro il quale si evidenziano gli emblemi
di riconoscimento del prodotto.
Il nome del prodotto «ZAFFERANO DELL’AQUILA» utilizza
caratteri Proteus Medium cp 48, al centro è raffigurato il fiore
stilizzato del Crocus S. con petali colore rosso Pantone 219 al 50 % gli
stessi bordati di colore rosso Pantone 219, dal fiore inoltre escono i tre
stimmi, caratteristica del Crocus S., di colore rosso Pantone 1795.
La scritta «DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA», caratteri
Garamond colore nero, è posizio nata al di sopra del riquadro. Completa
l’identificazione della DOP il Logo Comunitario posizionato ad un
lato dell’immagine principale.
4.9. Condizioninazionali:
N. CE: IT/00266/27.12.2002.
Data di ricevimento del fascicolo integrale: 1 marzo 2004