Riconoscimento CE: Reg. UE n. 623 del 15.07.10 (GUUE L. 182 del 15.07.10)
La zona di produzione della DOP “Farro di Monteleone di Spoleto” ricade nell’area montana (di altitudine maggiore o uguale a 700 m s.l.m) dell’area sud est della Provincia di Perugia e comprende: l’intero territorio amministrativo dei comuni di Monteleone di Spoleto e Poggiodomo e parte del territorio amministrativo dei comuni di Cascia, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera e Scheggino.
Il “Farro di Monteleone di Spoleto” è un ecotipo locale della specie Triticum dicoccum (2n=4x=28) e che ha assunto, grazie all’adattamento nel tempo al clima ed ai terreni della zona di produzione, le singolari caratteristiche morfo-fisiologiche che lo distinguono dal farro ottenuto in altre zone geografiche.
Farro di Monteleone di Spoleto DOP
Articolo 1.
Denominazione
La Denominazione di Origine Protetta “Farro di Monteleone di Spoleto” è riservata alla granella
prodotta dalla varietà locale della specie Triticum dicoccum (Schubler) e che risponda ai requisiti
stabiliti dal presente disciplinare di produzione.
Articolo 2.
Caratteristiche del prodotto
Il “Farro di Monteleone di Spoleto” è un ecotipo locale della specie Triticum dicoccum
(2n=4x=28), tipico della zona delimitata all’art. 3, e che ha assunto, grazie all’adattamento nel
tempo al clima ed ai terreni dell’area delimitata, le singolari caratteristiche morfo-fisiologiche
che lo distinguono dal farro ottenuto in altre zone geografiche:
- habitus primaverile
- altezza della pianta inferiore a 120 centimetri;
- grado di accestimento medio;
- portamento semieretto a fine accestimento;
- piante con culmi e foglie sottili con glaucescenza variabile da debole a media;
- spiga di piccole dimensioni, tendenzialmente piatta e aristata a maturazione di colore
bianco sporco;
- glumelle strettamente aderenti alla cariosside;
- cariosside con abbondante peluria apicale, pronunciata gibbosità, a frattura vitrea;
- colore marrone chiaro ambrato, caratteristica che conferisce un particolare carattere di
differenziazione, riscontrabile in tutti i prodotti anche dopo la molitura.
Il “Farro di Monteleone di Spoleto” DOP viene immesso al consumo nelle seguenti tipologie:
• Farro integrale: si presenta in chicchi allungati e ricurvi di colore marrone chiaro
ambrato, spogliato della pula. Al palato risulta consistente e asciutto;
• Farro semiperlato: differisce da quello integrale solo per una leggera graffiatura
(molatura) della superficie della cariosside che resta intera. Visivamente risulta più chiaro
del farro integrale e al palato più morbido. Pertanto è il più indicato per minestre ed
insalate di farro;
• Farro spezzato: è ottenuto dai chicchi di farro integrale cioè semplicemente svestiti della
pula spezzando ogni chicco in più parti (3 o 4 parti) e successivamente vagliato nel
calibro attraverso una macchina vagliatrice. Visivamente presenta una colorazione
marrone chiaro ambrato ed un aspetto caratterizzato da scaglie vitree;
• Semolino di farro: è ottenuto per molitura del farro integrale, si presenta come tritello più
fine dello spezzato, ma non polveroso per la sua caratteristica vitrea. Al palato si dissolve
con una sensazione di pastosità. Il colorito è marrone molto chiaro.
Articolo 3.
Zona di produzione
La zona di produzione della DOP “Farro di Monteleone di Spoleto” ricade nell’area montana (di
altitudine maggiore o uguale a 700 m s.l.m) dell’area sud est della Provincia di Perugia e
comprende: l’intero territorio amministrativo dei comuni di Monteleone di Spoleto e
Poggiodomo e parte del territorio amministrativo dei comuni di Cascia, Sant’Anatolia di Narco,
Vallo di Nera e Scheggino.
La linea di delimitazione dell’areale inizia, in senso antiorario, da sud e segue il confine tra la
Provincia di Perugia e la Provincia di Rieti, fino alla località Fonte Ruzzo. La linea risale quindi
verso nord seguendo la strada doganale che collega Fonte Ruzzo alla località Fonte del Sorcio,
successivamente prosegue sulla strada che si dirige verso la località Onelli, all’interno del
Comune di Cascia, fino alla località Chiesa di San Sisto. Prosegue poi sulla strada che si dirige a
Cascia. Da Cascia procede per la strada in direzione ovest verso Roccaporena passando per
località Capanne di Roccaporena, fino ad intersecare il confine amministrativo tra il Comune di
Cascia e il comune di Poggiodomo. Risale quindi verso nord lungo il confine amministrativo del
Comune di Poggiodomo, fino alla località Casali del Lago. Da Casali del Lago la linea segue la
strada verso sud fino a località Forcella e di seguito località San Pietro, fino a giungere alla
località Forchetta di Vallo. Da Forchetta di Vallo la linea segue la strada che passa per località
Casale Montecastello e Casale Forcella, fino all’innesto con la strada provinciale n. 471
all’interno del territorio comunale di Sant’Anatolia di Narco. Il confine dell’areale procede lungo
il corso della strada provinciale n. 471 in direzione sud e passando per località Caso fino a
località Gavelli. Da località Gavelli la linea passa lungo la strada che si dirige verso località
Romitorio di Sant’Antonio e successivamente, entrando nel Comune di Scheggino, fino a
località Pozzo Massarini. Da località Pozzo Massarini prosegue fino a località Immagine, poi
continua in direzione sud ovest lungo il confine amministrativo della Provincia di Perugia con la
provincia di Terni. La delimitazione segue fino al confine con la Provincia di Rieti (punto di fine
e partenza).
Articolo 4.
Prova dell’origine
Al fine di garantire l’origine del prodotto ogni fase del processo produttivo deve essere
monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso
l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, delle particelle catastali, dei
coltivatori/produttori e dei confezionatori, nonché attraverso la denuncia tempestiva alla struttura
di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone,
fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della
struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano
di controllo.
Articolo 5.
Metodo di ottenimento
Lavorazioni del terreno. La lavorazione del terreno viene eseguita in ottobre-novembre per
permettere ai semi delle erbe infestanti di germinare ed insediarsi dopo le piogge di fine estate.
La tecnica colturale adottata è quella tradizionale, in uso da centinaia di anni: le lavorazioni
principali del terreno, quali aratura e rippatura, sono autunnali o primaverili. La profondità di
aratura è di 30-35 cm con rovesciamento completo della zolla; il terreno così lavorato viene
lasciato “maturare” per tutto l’inverno. Prima della semina viene effettuata l’erpicatura.
Semina. La semente da utilizzare per la produzione di granella, certificabile come “Farro di
Monteleone di Spoleto”, è compresa tra 120 e 150 kg/ha di granella vestita che deve provenire
esclusivamente da coltivazioni effettuate nel territorio delimitato.
La produzione massima consentita di granella vestita di “Farro di Monteleone di Spoleto” è
fissata in 3,0 tonnellate per ettaro.
Il “Farro di Monteleone di Spoleto” viene seminato a primavera, dal 1 febbraio fino al 10
maggio. La semina è fatta meccanicamente a file o a spaglio.
Concimazione, diserbo. Al “Farro di Monteleone di Spoleto” vengono somministrate
concimazioni in copertura soltanto nei terreni meno fertili e nelle situazioni di avvicendamento
più sfavorevoli. Questa consuetudine è legata sia alle abitudini dell’agricoltura locale che, a
causa delle scarse potenzialità produttive dell’ambiente, fa poco uso di prodotti chimici, sia alla
grande suscettibilità all’allettamento del farro, se coltivato su terreni troppo fertili. Sui terreni più
poveri, o in successione a cereali ripetuti per diversi anni, al farro vengono praticate letamazioni
nell’autunno precedente la semina. Il “Farro di Monteleone di Spoleto” non viene mai diserbato
chimicamente.
La concimazione all’impianto è esclusivamente organica, letamica, o di derivazione letamica.
Raccolta. La raccolta avviene nei mesi di luglio, agosto, settembre. La raccolta è eseguita per
mietitrebbiatura. Le produzioni sono comprese tra 0,6 e 3,0 tonnellate per ettaro di granella
vestita.
Fasi successive alla raccolta. La filiera tecnologica prevede, dopo la raccolta, anche una serie di
altre operazioni, diverse a seconda della tipologia da ottenere:
• Farro integrale: è il farro solamente decorticato ovvero viene tolta soltanto la pula
esterna, si tratta della tipologia di farro lavorato che subisce meno interventi tra quelle
immesse nel commercio;
• Farro semiperlato: è il farro intero molito esternamente con una leggera molatura della
cariosside attraverso l’utilizzo di una macchina molitrice, per portare ad una riduzione dei
tempi di cottura;
• Farro spezzato: consiste nella spezzatura, molto grossa, del farro decorticato, ottenendo
come risultato una grana tradizionalmente usata per ridurre i tempi di cottura di zuppe e
minestre;
• Semolino di farro: consiste nella molitura del farro al fine di ottenere un semolino
piuttosto grezzo, con un tritello più grande della farina, ma più fine del farro spezzato;
Conservazione. Il prodotto viene immagazzinato, come da tradizione, nelle seguenti modalità:
- in sacchi o balloni,
- in silos.
Le operazioni di coltivazione e lavorazione devono avvenire nel territorio indicato all’articolo 3
al fine di garantire la tracciabilità ed il controllo e per non alterare la qualità del prodotto.
Articolo 6.
Legame con l’ambiente
Le particolari caratteristiche fisiche ed organolettiche del “Farro di Monteleone di Spoleto” e
soprattutto la tipica cariosside dal colore ambrato e dalla consistenza vitrea alla frattura sono da
imputare alla combinazione delle condizioni pedoclimatiche della zona di produzione ed in
particolare ai terreni calcarei sassosi posizionati sopra ai 700 m slm che impediscono il ristagno
dell’acqua nelle stagioni umide.
Le sperimentazioni e gli studi scientifici realizzati, dimostrano che l’utilizzazione della semente
del Farro di Monteleone di Spoleto in altre zone della Valnerina dà un prodotto che col passare
degli anni perde le caratteristiche specifiche diventando bianconato, a testimonianza del fatto che
c’è stata una forte ecotipizzazione connessa alla zona di produzione individuata all’articolo 3 del
presente disciplinare di produzione, causata anche da un forte isolamento geografico, tanto da
costituire uno specifico ecotipo locale.
Dalle analisi sperimentali ufficiali, ne è derivata la descrizione botanica della cariosside: la
descrizione morfologica prevede dimensioni medio- piccole, frattura vitrea e di colore marrone
chiaro ambrato, distinguendosi dagli altri tipi di farro.
E’ una pianta ad habitus primaverile, adatta alla semina di fine inverno nelle zone montane,
questo spiega il forte legame geografico ed antropologico con l’ambiente della zona delimitata
all’art.3. La conformazione dell’altopiano è origine delle particolari caratteristiche climatiche del
territorio con lunghi inverni molto rigidi con frequenti gelate che si protraggono fino a maggio e
pochissime settimane estive con elevate temperature diurne; condizioni climatiche alle quali
resiste fruttuosamente l’ecotipo “Farro di Monteleone di Spoleto” adattatosi nel corso del tempo.
Il terreno è di tipo alluvionale carsico, mediamente dotato di sostanza organica, con elevata
dotazione di fosforo e bassa disponibilità di potassio.
Tali caratteristiche e condizioni hanno determinato l’individuazione della perimetrazione sopra
esposta per garantire le caratteristiche organolettiche del prodotto.
A Monteleone di Spoleto, nella “tomba della biga” (tomba etrusca risalente al VI sec. Avanti
Cristo), sono stati rinvenuti reperti di cereali, tra cui anche cariossidi di farro appartenenti molto
probabilmente proprio alla specie che tradizionalmente viene coltivata oggi a Monteleone di
Spoleto, ovvero Triticum dicoccum, a testimonianza della sua larga diffusione e utilizzo tra le
colture cerealicole di quel tempo. Nell’area in questione, la ricerca d’archivio ha consentito di
recuperare e conservare prove documentali attestanti che fin dal XVI secolo la coltivazione del
farro era largamente praticata, poi il suo uso si è protratto nelle consuetudini agrarie della zona
nei secoli successivi fino ai nostri giorni. Un dato certo e inconfutabile conferma che nel passato
la principale zona di coltivazione del farro era Monteleone e ne danno testimonianza persino i
residenti nelle zone limitrofe a quella delimitata all’art. 3 sostenendo: “ lo coltivano là perché fin
dagli antichi romani…questo farro di Monteleone… qui nella zona c’è sempre stato”. Gli usi
tradizionali della granella di farro inquadrano meglio la dimensione storica del farro rispetto al
suo ambiente. Le tecniche di preparazione dei terreni, la scelta dei tempi giusti della semina e
della raccolta la cura con cui viene lavorato ed immesso al commercio nelle varie tipologie e
soprattutto le numerose ricette culinarie locali che i produttori della zona hanno saputo
mantenere e tramandare nell’arco degli anni aggiungono quel valore umano che più di ogni altro
fattore rende tipica la denominazione di origine di un prodotto.
Articolo 7.
Controlli
Il controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare è svolto conformemente a quanto
stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. CE 510/2006.
Articolo 8.
Etichettatura
Il “Farro di Monteleone di Spoleto” viene immesso al consumo in sacchetti di plastica garantiti
per l’inalterabilità delle caratteristiche organolettiche e di salubrità del prodotto, del peso di ½ kg
e di 1 kg e in sacchi di carta o di nylon del peso di 25 kg. Il prodotto confezionato in sacchetti di
plastica viene commercializzato con la tecnica del sottovuoto, utilizzata per tutte le tipologie di
prodotto, ovvero per farro integrale, semiperlato, spezzato e semolino. Le confezioni del “Farro
di Monteleone di Spoleto” DOP devono rispettare tutte le norme di legge in materia di
etichettatura ed in particolare dovranno essere adeguatamente sigillate. Il prodotto deve essere
condizionato in modo tale da garantire una adeguata protezione. Gli imballaggi devono essere
nuovi, puliti atossici e conformi alla vigente normativa comunitaria e nazionale di riferimento,
così come carte o stampe ivi inserite e a contatto con il prodotto.
La confezione reca obbligatoriamente sulla etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre
al logo della denominazione, al simbolo grafico comunitario e relative menzioni e alle
informazioni corrispondenti ai requisiti di legge le seguenti ulteriori indicazioni:
- Nome e cognome o ragione sociale, indirizzo o sede del confezionatore;
- Data di confezionamento;
- Peso netto all’origine (comunque soggetto a calo naturale);
- L’acronimo D.O.P.;
- La tipologia di farro confezionata secondo quanto descritto all’articolo 2 del presente
disciplinare di produzione.
- La dicitura “Prodotto di montagna”
a) Il logo è composto da un rettangolo contenente una cornice-linea, con rapporto
base/altezza = 1,15. Nella parte destra, compare la sagoma di profilo di un leone
rampante con 2 spighe di farro sulla zampa anteriore destra. In basso vi è un campo, con
in evidenza sei spighe di farro. Di fronte al leone in alto a sinistra è scritto “Farro di
Monteleone di Spoleto” D.O.P.
b) La base minima ammessa è di 2,5 cm;
c) La dicitura “Farro di Monteleone di Spoleto” D.O.P. è ammessa sia in colore nero, sia in
pantone 1805 (Rosso Bordeaux);
d) Tipo di caratteri: Times SC;
e) Specifiche dei colori: pantone 131 (Bronzo), pantone 1805 (Rosso Bordeaux), Nero,
sfondo Bianco.
Nel caso dell’utilizzazione del logo per l’etichettatura, si fa obbligo di rispettare rigorosamente le
proporzioni dei caratteri, secondo la rappresentazione grafica di seguito riportata.
E’ comunque ammesso l’uso del logo in scala di grigi o monocromatico.
Articolo 9.
Prodotti Trasformati
I prodotti per la cui preparazione è utilizzato il “Farro di Monteleone di Spoleto” DOP anche a
seguito di processi di elaborazione e di trasformazione, possono essere immessi al consumo in
confezioni recanti il riferimento alla detta denominazione, senza l’apposizione del logo
comunitario. Il menzionato riferimento alla denominazione dovrà riportare la seguente frase: “prodotto realizzato con Farro di Monteleone di Spoleto”. Le sopramenzionate disposizioni sono
subordinate a condizione che: la Denominazione di Origine Protetta certificato come tale,
costituisca il componente esclusivo della specie Triticum dicoccum (Schubler); il suddetto
riferimento sia fatto in modo tale che non possa sussistere dubbio per il consumatore circa il fatto
che la protezione DOP concerne esclusivamente l’ingrediente e non il prodotto elaborato o
trasformato.