Riconoscimento CE: 2011
La zona di produzione della D.O.P. «Ciliegia dell’Etna» si estende dal mare Ionio fino ad altitudini di 1 600 metri s.l.m. sui versanti Est e Sud-Est dell’Etna e comprende in provincia di Catania, il territorio amministrativo dei Comuni di: Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Milo, Zafferana Etnea, S. Venerina, Sant’Alfio, Trecastagni, Pedara, Viagrande, Nicolosi, Ragalna, Adrano, Biancavilla, S. Maria di Licodia, Belpasso, Aci S. Antonio, Acireale.
La zona di coltivazione della «Ciliegia dell’Etna» DOP è caratterizzata da suoli che evolvono su substrati di origine vulcanica. In particolare, il suolo di origine vulcanica e le notevoli escursioni termiche determinano il colore rosso della «Ciliegia dell’Etna». Nella fascia montana i suoli presentano profilo poco profondo, elevata rocciosità superficiale, tessitura sabbiosa e ricca di scheletro; mentre la fascia collinare e litoranea presenta profili più evoluti, profondi, con tessitura franco-sabbiosa, suscettibili di irrigazione. La distribuzione del territorio fino ad altitudini di 1 600 metri s.l.m. conferisce alla «Ciliegia dell’Etna» parametri esclusivi in termini di tempi di maturazione. In effetti, questi ultimi coprono un ventaglio molto ampio che per l’ecotipo Mastrantonio (Donnantonio) va dall’ inizio di giugno fino alla terza decade di luglio. I casi di gelate sono rari e da ricondurre a fenomeni di inversione termica, meno evidenti nelle aree più ventilate di collina. Si registrano valori assoluti delle temperature massime con punte di 44,3 °C a luglio e mediamente si hanno valori di 39-40 °C. I valori annui delle precipitazioni raggiungono i massimi della provincia e della stessa Sicilia ed aumentano con il crescere della quota.
Attorno alla coltivazione della «Ciliegia dell’Etna» si è stratificato negli anni un retroscena culturale ed un importante indotto economico fatto di mestieri, tradizioni e usi ripetuti nei secoli dai coltivatori ortofrutticoli che ancora si tramandano nel lessico dialettale il nome di «cirasa» o «ciriegia», la preparazione dei terreni noti come «terre scatinate» ovvero i terreni derivanti dalle opere di dissodamento delle lave, le tecniche di coltivazione che prevedono pratiche di innesto a «sgroppo» o a «pezza» e la tecnica di raccolta manuale con l’utilizzo di scale a trenta pioli e con ceste note come «panari».
La coltivazione della «Ciliegia dell’Etna» affonda antiche radici nel territorio etneo e l’esperienza degli agricoltori del luogo, acquisita di generazione in generazione, con continua ricerca e messa in atto di specifiche tecniche colturali, ha determinato le condizioni affinché la coltivazione della «Ciliegia dell’Etna» si consolidasse con successo nel tempo, fino a costituire un patrimonio storico- tradizionale e culturale del territorio.
La DOP «Ciliegia dell’Etna» è attribuita ai frutti del ciliegio dolce «Prunus avium L.» famiglia delle rosacee, ecotipo Mastrantonio (Donnantonio). La «Ciliegia dell’Etna» si presenta di colore rosso brillante, di pezzatura medio-grossa, croccante all’esterno ed una polpa molto compatta, peduncolo lungo. Il frutto è dolce, ma non stucchevole, la bassa acidità conferisce un sapore molto gradevole ed equilibrato.
L'elemento distintivo della «Ciliegia dell'Etna», rispetto alle altre varietà presenti nel territorio o alla stessa varietà allevata al di fuori del territorio, è la bassa acidità, associata alla croccantezza e ad un buon tenore zuccherino dei frutti. Ciò consente di avere un prodotto maturo, di colore rosso brillante e turgido, molto dolce senza però percepire la sensazione stucchevole tipica dei prodotti ad elevata concentrazione zuccherina. A queste caratteristiche va poi aggiunta anche la particolarità dei tempi di maturazione che sono più ampi rispetto ad altre ciliegie perché proporzionati al progressivo innalzamento rispetto al livello del mare dei terreni di coltivazione della zona del vulcano Etna.
Ciliegia dell'Etna DOP
Articolo 1.
Denominazione
La Denominazione d’Origine Protetta “Ciliegia dell’Etna” è riservata ai frutti di ciliegio che
rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal Reg. (CE) 510/2006 ed indicati nel presente
disciplinare di produzione.
Articolo 2.
Caratteristiche del prodotto.
2. 1. La specie e le cultivar.
La DOP “ Ciliegia dell’Etna” è attribuita ai frutti del ciliegio dolce “Prunus avium L.” famiglia
delle rosaceae. La coltivazione del ciliegio, nell’area considerata, fa riferimento all’ecotipo
Mastrantonio/i nota anche Donnantonio/i.
2. 2. Caratteristiche del prodotto
Al momento dell'immissione al consumo la Ciliegia dell'Etna deve essere costituita da frutti interi,
di aspetto fresco e sano, asciutti, puliti, privi di sostanze estranee visibili, di colore rosso brillante,
di pezzatura medio - grossa, croccante all’esterno ed una polpa molto compatta ed un peduncolo
lungo.
La ciliegia dell'Etna si caratterizza per i frutti croccanti, dolci ma non stucchevoli, caratterizzati,
soprattutto, da una bassa acidità. L'elevato tenore zuccherino associato alla bassa acidità dei frutti
conferisce un sapore molto gradevole ed equilibrato, distintivo della Mastrantonio/i allevata sul
massiccio etneo.
Le categorie di vendita della “Ciliegia dell’Etna sono così definite:
- Extra (E): frutti di peso ≥ 8,5 grammi;
- 1° Categoria: frutti di peso compreso tra 7 ed 8,5 grammi.
Articolo 3.
Zona di produzione
La zona di produzione della D.O.P. “Ciliegia dell’Etna” comprende, in provincia di Catania, il
territorio amministrativo dei Comuni di: Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia,
Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Milo, Zafferana Etnea, S.
Venerina, Sant’Alfio, Trecastagni, Pedara, Viagrande, Nicolosi, Ragalna, Adrano, Biancavilla, S.
Maria di Licodia, Belpasso, Aci S. Antonio, Acireale.
La zona si estende dal mar Ionio fino ai 1.600 metri s.l.m sui versanti orientale - sud orientale
dell’Etna. Partendo da Giarre, Riposto, lungo la strada ferrata, fino a Mascali, essa comprende
Ficarella, Gona, Fiumefreddo di Sicilia; da Ponte Boria fino a Randazzo, lungo la strada SS n.120,
comprende Quartiere Notara, Piedimonte, Casa Reganati, Terremorte, C.da Alboretto, C.da
Vaccarile, Linguaglossa, Catena, Rovitello, Solicchiata, C.da Marchesa, Passopisciaro,
Montelaguardia; prosegue, da qui, lungo la strada per C.da Piano fino a Cisternazze, lungo la linea
di delimitazione del Parco dell’Etna e comunque fino a quota 1.600 s.l.m.. Segue tale delimitazione
fino al “Leccio secolare” e prosegue fino a quota 1.600 s.l.m.. Attraversa C.da “Cassone”, C.da
Tarderia, costeggia colate recenti fino ad intersecare la Nicolosi-Etna, a Nord di Monte Manfrè. Da
qui segue quota 1.600 s.l.m. fino a raggiungere il vivaio Forestale, C.da Milia, Casa Gemmellaro,
la base di Monte Intraleo, Casa Fisichella, il limite del Parco dell’Etna, la strada per “Prato Fiorito”
e quindi il limite inferiore del Parco dell’Etna fino al Castello Spitaleri in C.da Solecchiata di
Adrano. Da qui coincide con il limite più estremo del Parco dell’Etna, costeggia a Nord i centri
abitati di Ragalna e Nicolosi, prosegue lungo la strada intercomunale Nicolosi-Pedara-Trecastagni-
Viagrande- Aci S. Antonio, tenendosi a monte dei centri abitati, fino ad intersecare la strada ferrata
che porta a Giarre e Riposto.
Articolo 4.
Prova dell’origine
Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli
output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di
controllo, delle particelle catastali sulle quali avviene la coltivazione, dei produttori e dei
condizionatori, nonché attraverso la denuncia alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è
garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi
elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto
dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.
Articolo 5.
Metodo di ottenimento
5. 1. Sistemi di conduzione degli impianti
I sistemi di conduzione degli impianti della D.O.P. “Ciliegia dell’Etna” sono riconducibili alle
tecniche di produzione antiche, consolidate dalla tradizione, e tengono in considerazione le
prerogative del quadrinomio costituito dal tipo di cultivar di ciliegio, dal suolo, dal clima e dallo
uomo. La coltivazione deve essere condotta con uno dei seguenti metodi:
-convenzionale, in uso nella zona, con l’osservanza delle norme di “Buona Pratica Agricola” della
Regione Siciliana;
-integrata, ottenuta nel rispetto delle” Norme Tecniche” previste dal disciplinare della Regione
Siciliana in applicazione del Reg. (CE) 1257/99;
-biologica, secondo il Reg. (CE) 834/2007 e successive modifiche ed integrazioni.
5. 2. Preparazione dei terreni – reimpianto
Nei nuovi impianti, la preparazione dei terreni deve prevedere: analisi chimico-fisiche del
terreno, secondo metodi ufficiali, allo scopo di realizzare eventuali impianti di drenaggio e
qualità/quantità delle concimazioni di fondo con la distribuzione di sostanza organica ed eventuali
concimazioni minerali, lo scasso e quindi l’interramento della sostanza organica, ed altre azioni
correttive, il livellamento delle superfici per facilitare il deflusso delle acque.
5.3. Impianti
Gli impianti del tipo tradizionale caratterizzati da esemplari di grandi dimensioni e possono
coesistere in consociazione all’agrumeto nella fascia pianeggiante collinare, al frutteto o vigneto nella
fascia montana. Nell’impianto è ammesso esclusivamente l’uso di astoni (certificati) di ciliegio selvatico
Prunus avium o di altri soggetti del genere Prunus, anche ibridi. I portinnesti utilizzati in funzione del
tipo di terreno (condizioni di umidità, profondità e tessitura) e di coltivazione (forme di allevamento e
sistemi di potatura) sono il “franco” (Prunus avium L.) e suoi derivati, per le eccezionali doti di
adattamento a terreni poveri, ricchi di scheletro e sciolti con scarsa disponibilità idrica e per la loro
resistenza alle malattie fungine. Sono ammesse tutte le forme di allevamento sia in volume che in parete.
Per le forme in volume, specie per i nuovi impianti, la chioma potrà assumere, con operazioni di
potatura, una forma a vaso basso su tre o quattro branche principali; per le forme in parete si può fare
riferimento alla spalliera o alla ipsilon. Adottando queste forme di allevamento a ridotto sviluppo, sarà
possibile utilizzare mezzi di difesa fisica (coperture fisse o mobili quali reti o films plastici).
5. 4. Innesti
Gli innesti possono essere a ”marza” (a scheggia, a triangolo, a spacco) quando eseguiti a gemma
dormiente, mentre a corona o a gemma nel periodo vegetativo.
5. 5. Densità d’impianto
La densità di piantagione massima ammessa è di 625 piante per ettaro. Nei nuovi impianti, i sesti
non dovranno essere inferiori alle seguenti ampiezze minime: metri 3,50/4,50 sul filare e metri 5,0/7,0
tra i filari. La densità d’impianto deve garantire le operazioni colturali (lavorazione – potatura - raccolta)
con l’ausilio di macchine e la loro movimentazione.
5.6. Conduzione del terreno
Viene adottata la tecnica di aridocoltura con lavorazioni a 20-30 cm di profondità, in primavera. Le
concimazioni devono tenere conto di quanto previsto dalla “Buona Pratica Agricola” della Regione
Siciliana. Adottando il “Metodo di Coltivazione Biologico”, l’impiego periodico di sostanza organica, il
ricorso alla pratica del sovescio e l’uso di cover crops, sono raccomandati.
5.7. Irrigazione
In considerazione della lunga stagione vegetativa in periodo asciutto, risulta diffuso il ricorso
ad impianti irrigui localizzati che consentono irrigazioni di soccorso e fertirrigazione. E’ sempre
richiesto, dopo il trapianto, per 1-2 stagioni, l’uso dell’irrigazione di soccorso.
5. 8. Difesa fitosanitaria
La difesa fitosanitaria dovrà salvaguardare e tutelare la salute umana, l’agro-sistema ed in
particolare il patrimonio apistico locale, facendo riferimento alle “Norme Tecniche” previste dalla
Regione Siciliana. Inoltre vengono adottate le seguenti pratiche agronomiche: la potatura di
arieggiamento delle chiome, l’eliminazione delle eventuali produzioni non raccolte, la corretta
gestione del terreno in primavera e il controllo del deflusso delle acque in eccesso.
5 . 9. Raccolta del prodotto
La raccolta della “Ciliegia dell’Etna” D.O.P., seguendo la naturale maturazione del frutto,
deve essere effettuata a mano (con il peduncolo per evitare infezioni e marciumi), disponendo il
prodotto direttamente nei contenitori adatti, con pareti rigide di dimensioni adeguate per evitare
danni da costipamento, dopo essere state sottoposte ad una prima selezione per eliminare i frutti di
scarto e non rientranti nella categoria “extra” e “1° Categoria”.
Il condizionamento della “Ciliegia dell’Etna” D.O.P. deve avvenire nell’ambito della zona di
produzione delimitata all’articolo 3 per impedire che il trasporto dello stesso allo stato sfuso causi
il deterioramento e la perdita delle sue peculiari caratteristiche definite al precedente articolo 2.
Infatti, le operazioni di manipolazione e trasporto potrebbero causare il deterioramento dei frutti ed
in particolare dell’esocarpo e della polpa, con ammaccamenti, spacchi e quindi insorgenza di
muffe, che andrebbero ad inficiare la qualità del prodotto immesso al consumo con la
denominazione “Ciliegia dell’Etna” DOP.
E’ dunque necessario che tali operazioni siano eseguite all’interno dell’areale di produzione da
personale specializzato e il prodotto non può essere trasferito prima del suo confezionamento
definitivo. Tali operazioni devono essere eseguite entro 12 ore dalla raccolta. In ogni caso i frutti,
dalla raccolta fino al momento del confezionamento, devono essere mantenuti in luoghi freschi ed
ombreggiati al fine di evitarne lo scadimento. Qualora la commercializzazione non sia effettuata
nell’arco delle 48 ore i frutti devono essere trasferiti in cella frigorifero ad una temperatura
compresa tra 18 e 20 °C, ed in generale devono essere adottati tutti gli accorgimenti per rallentare il
metabolismo respiratorio dei frutti.
La “Ciliegia dell’Etna” D.O.P. deve essere commercializzata allo stato fresco in contenitori nuovi,
puliti ed asciutti, conformi alla legge, di altezza non superiore a 12 cm per evitare danni da
costipamento, con una capacità non superiore ai 10 kg di prodotto. Deve essere inoltre indicata la
categoria di vendita. Il prodotto così confezionato deve contenere esclusivamente ciliegie della
varietà Mastrantonio/i , con grado di maturazione e pezzatura uniforme.
Ciascuna confezione deve essere chiusa mediante un apposito sigillo di garanzia in maniera tale che
l’apertura della confezione comporti la rottura del sigillo stesso.
Articolo 6.
Legame con l’ambiente
Il riconoscimento della Ciliegia dell'Etna come Prodotto a Denominazione di Origine Protetta è
giustificato dall'ottenimento di frutti caratterizzati da un contenuto zuccherino medio alto e,
soprattutto, da un'acidità molto bassa. Quest'ultima consente che il prodotto sia percepito dolce ed
equilibrato, ma non stucchevole. A queste caratteristiche va poi aggiunta anche la particolarità dei
tempi di maturazione che sono più ampi rispetto ad altre ciliegie perché proporzionati al progressivo
innalzamento rispetto al livello del mare dei terreni di coltivazione della zona del vulcano Etna.
I frutti si presentano inoltre turgidi e di un colore rosso brillante. Tali specificità sono
intrinsecamente associate alle tecniche di lavorazione, orientate ad una più bassa produzione ma di
alta qualità, e ai fattori pedo-climatici del territorio.
La zona delimitata è caratterizzata da suoli che evolvono su substrati di origine vulcanica: nella
fascia montana si hanno suoli che presentano profilo poco profondo, elevata rocciosità superficiale,
tessitura sabbiosa e ricca di scheletro, mentre dalla fascia collinare e litoranea sono presenti profili
più evoluti, profondi, con tessitura franco-sabbiosa, suscettibili di irrigazione.
La distribuzione del territorio fino ad altitudini di 1600 metri s.l.m. conferisce alla “Ciliegia
dell’Etna” parametri esclusivi in termini di tempi di maturazione. In effetti, questi ultimi coprono un
ventaglio molto ampio che per l’ecotipo Mastrantonio/i va dall’ inizio di giugno fino alla terza
decade di luglio. I casi di gelate sono rari e da ricondurre a fenomeni di inversione termica, meno
evidenti nelle aree più ventilate di collina. Si registrano valori assoluti delle temperature massime
con punte di 44,3°C a luglio e mediamente si hanno valori di 39-40°C. I valori annui delle
precipitazioni raggiungono i massimi della provincia e della stessa Sicilia ed aumentano con il
crescere della quota.
La zona del massiccio etneo è molto nota per la sua produzione di ciliegie e per la loro qualità. Il
nome “Etna” è strettamente legato alle ciliegie considerato che in Italia un gran numero di
consumatori associa il luogo con il prodotto “ciliegia” e viceversa. Le peculiarità della “Ciliegia
dell’Etna” sono strettamente determinate dalle caratteristiche morfologiche e pedo-climatiche
dell’areale di produzione nonché dal contributo fornito dai coltivatori nella preparazione dei terreni
e nella gestione degli impianti. Infatti, se l’esposizione dell’area geografica di produzione a Est –
Sud-est, l’elevato grado d’insolazione, i venti dominanti e le notevoli escursioni termiche
rappresentano condizioni climatiche favorevoli alla coltivazione delle ciliegie, le difficoltà derivanti
dall’estrema vicinanza al vulcano dell’Etna hanno richiesto notevoli sforzi da parte degli agricoltori
locali nel rendere produttive le estese superfici di lave aspre e brulle. A tal proposito infatti il
contributo offerto dall’uomo si è tradotto nella messa in opera di faticose lavorazioni agronomiche
di captazione di acque sotterranee, di scasso delle terre e di terrazzamento dei terreni, che hanno
portato allo sviluppo di impianti a diversa altitudine e a competenze specifiche da parte degli
agricoltori nella loro gestione. Ancora oggi, il continuo impegno dei coltivatori locali nella cura e
nella corretta conduzione degli impianti che sorgono lungo le pendici dell’Etna, rende possibile una
scalarità nella maturazione dei frutti con conseguente ampliamento del calendario di raccolta e
permette alla “Ciliegia dell’Etna” di beneficiare al massimo delle condizioni climatiche
particolarmente favorevoli e produrre frutti apprezzabili per la brillantezza del colore, la consistenza
e il sapore delicato. La qualità del prodotto, del resto, è confermata dal successo della tradizionale
sagra.
Quindi oltre all’ambiente naturale anche il fattore umano, con la sua secolare tradizione, la fatica a
trasformare le “sciare” (dall’arabo terra bruciata) in terreni fertili, il diffuso ricorso ad impianti
irrigui localizzati che consentono irrigazioni di soccorso e fertirrigazione in considerazione della
lunga stagione vegetativa in periodo asciutto, ha contribuito in maniera determinante a
caratterizzare il forte legame tra la “Ciliegia dell’Etna” ed il territorio etneo.
In effetti, attorno alla coltivazione della “Ciliegia dell’Etna” si è stratificato negli anni un retroscena
culturale ed un importante indotto economico fatto di mestieri, tradizioni e usi ripetuti nei secoli dai
coltivatori ortofrutticoli che ancora si tramandano nel lessico dialettale il nome di “cirasa” o “ciriegia”, la preparazione dei terreni noti come “terre scatinate” ovvero i terreni derivanti dalle
opere di dissodamento delle lave, le tecniche di coltivazione che prevedono pratiche di innesto a “sgroppo” o a “pezza” e la tecnica di raccolta manuale con l’utilizzo di scale a trenta pioli e con
ceste note come “panari”.
In conclusione, sulla base di tutti questi elementi è possibile affermare, come già riportato da
diversi autori, che la coltivazione della “Ciliegia dell’Etna” affonda antiche radici nel territorio
etneo e che l’esperienza degli agricoltori del luogo, acquisita di generazione in generazione, con
continua ricerca e messa in atto di specifiche tecniche colturali, ha determinato le condizioni
affinché la coltivazione della “Ciliegia dell’Etna” si consolidasse con successo nel tempo, fino a
costituire un patrimonio storico-tradizionale e culturale del territorio.
Articolo 7.
Controlli
La “Ciliegia dell’Etna” D.O.P. per l’applicazione delle disposizioni del presente disciplinare di
produzione sarà controllato da un organismo autorizzato, in conformità agli articoli 10 e 11 del Reg.
n. CE 510/06. Tale struttura è l’Organismo di Controllo Suolo e Salute, via Paolo Borsellino
12/B,61032 Fano (PU) – Tel 051 6751265 – Fax 051 6751266 e-mail:info@suoloesalute.it.
Articolo 8.
Etichettatura
8. 1. Etichettatura
La parte visibile del contenuto dell’imballaggio deve essere rappresentativa dell’insieme.
All’esterno di ogni imballaggio devono essere riportate oltre al logo della denominazione, al
simbolo grafico comunitario e relative menzioni, le informazioni corrispondenti ai requisiti di
legge: il nome, la ragione sociale e l’indirizzo del confezionatore, la categoria commerciale di
appartenenza secondo quanto disciplinato dall’art.2 del presente disciplinare, nonché l’eventuale
nome delle aziende da cui provengono i frutti, il peso netto all’origine, la data di confezionamento.
Nella designazione è vietata l’aggiunta di qualsiasi indicazione di origine non espressamente
prevista dal disciplinare o di indicazioni complementari che potrebbero trarre in inganno il
consumatore.
8.3 Logo
Il logo della denominazione è di forma rettangolare di dimensioni 100 mm X 38 mm. In alto è
riportata la dicitura “Denominazione d’Origine Protetta”, al centro l’acronimo DOP ed in basso la
denominazione “Ciliegia dell’Etna”. Sul lato destro sono raffigurate 2 ciliegie di dimensioni diverse
sovrapposte alla raffigurazione della Regione Siciliana.
Carattere utilizzato Times New Roman – Commercial Script.
Pantone: Blu reflex; Yellow 109-483U –141 C; Green 353 U; Red 032 C; Violet 326