La coltivazione dell’aglio bianco polesano vanta una lunga tradizione che risale agli inizi dell’Ottocento, anche se in realtà i primi accenni di tale coltura risalgono ai Romani. Nel corso degli anni la sua importanza per l’economia del polesine è cresciuta notevolmente tanto che oggi nella zona si produce circa il 90% dell’aglio veneto e il 60% del prodotto nazionale. Per questo motivo l’aglio viene anche chiamato l’oro bianco del Polesine.
La zona di produzione dell’Aglio Bianco Palesano DOP comprende i seguenti comuni del Polesine (Provincia di Rovigo): Adria, Arquà Polesine, Bosaro, Canaro, Canda, Castelguglielmo, Ceregnano, Costa, Crespino, Fiesso Umbertiano, Frassinelle, Fratta, Gavello, Guarda Veneta, Lendinara, Lusia, Occhiobello, Papozze, Pettorazza, Pincara, Polesella, Pontecchio, Rovigo, S. Bellino, S. Martino di Venezze, Villadose, Villamarzana, Villanova del Ghebbo, Villanova Marchesina.
L’aglio bianco polesano DOP è l’ortaggio a bulbo della specie Allium sativum L., nell’ecotipo locale bianco polesano e nella varietà Avorio, che si contraddistingue per il colore bianco lucente, la forma del bulbo, l’elevata resa in sostanza secca che lo rende ben conservabile, e il particolare profilo aromatico, che risulta meno pungente e più persistente, con note gradevoli di erba tagliata di fresco o dolce fruttato.
Aglio Bianco Polesano DOP
Articolo 1.
Denominazione
La Denominazione di Origine Protetta “Aglio Bianco Polesano” è riservata, all’aglio che risponde alle
condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
Articolo 2.
Caratteristiche del prodotto
Caratteristiche fisiche
L’Aglio Bianco Polesano è una pianta con bulbi di colore bianco brillante uniforme data l’assenza di
striature di altro colore, di forma regolare e compatta, leggermente appiattiti nel punto di inserimento
dell’apparato radicale. Le foglie, lanceolate e strette hanno una colorazione verde/azzurra.
Il bulbo deve essere di forma rotondeggiante - regolare con un leggero appiattimento della parte
basale, di colore bianco lucente, ed esente da fitopatologie.
Il bulbo è costituto da un numero di bulbilli variabile che risultano tra loro uniti in maniera compatta e
con una caratteristica curvatura della parte esterna. I bulbilli che lo compongono devono essere
perfettamente adiacenti l’uno con l’altro.
Le tuniche che li avvolgono hanno colorazione rosata di varia intensità nella parte concava, bianca in
quella convessa.
La D.O.P. è ottenuta con l’ecotipo Bianco Polesano e la varietà Avorio.
All’atto dell’immissione al consumo l’Aglio Bianco Polesano deve presentare bulbi:
- sani, consistenti, puliti, in particolare privi di terra e di residui visibili di fertilizzanti o di
antiparassitari;
- esenti da danni da gelo o da sole, da tracce di muffa e da germogli esternamente visibili,à privi di odore o sapore estranei e di umidità esterna anormale.
Lo stato del prodotto deve essere tale da consentire il trasporto e le operazioni connesse.
Il prodotto dovrà avere i requisiti previsti dalle norme di qualità per le classi “Extra” e “Prima”. In
particolare per la categoria:
-
“Extra” calibro minimo di 45 mm.
-
“Prima” calibro minimo di 30 mm.
L’Aglio Bianco Polesano è immesso sul mercato, in trecce e treccioni, in grappoli e grappoloni, in
confezioni retinate e sacchi aventi un numero di bulbi variabile.
Il taglio dello stelo dev’essere netto e l’apparato radicale va asportato o completamente o in modo da
lasciare le radici appena presenti con la loro parte iniziale.
Articolo 3.
Zona di produzione
La zona di produzione e condizionamento dell’Aglio Bianco Polesano comprende i seguenti comuni
del Polesine, situati in provincia di Rovigo:
Adria, Arquà Pol.ne, Bosaro, Canaro, Canda, Castelguglielmo, Ceregnano, Costa, Crespino, Fiesso
Umbertiano, Frassinelle, Fratta, Gavello, Guarda Veneta, Lendinara, Lusia, Occhiobello, Papozze,
Pettorazza, Pincara, Polesella, Pontecchio, Rovigo, S.Bellino, S.Martino di Venezze, Villadose,
Villamarzana, Villanova del Ghebbo, Villanova Marchesana.
Articolo 4.
Elementi che comprovano l'origine
Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando, per ognuna, gli input (prodotti in
entrata) e gli output (prodotti in uscita). In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi,
gestiti dall’organismo di controllo, dei produttori, delle particelle catastali sulle quali avviene la
coltivazione, dei confezionatori, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di
controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità e la rintracciabilità (da monte a valle della
filiera di produzione) del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi,
saranno assoggettate al controllo da parte dell’organismo preposto a tale attività, secondo quanto
disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.
Articolo 5.
Tecniche di produzione e raccolta
Rotazione colturale
L’aglio bianco polesano è una coltura da rinnovo e nell’ambito della rotazione deve seguire una
coltura a semina autunnale o comunque una coltura che permetta l’aratura e la preparazione del
terreno entro l’epoca di semina prevista. Non può ritornare sullo stesso appezzamento prima di 3/4
anni.
Il ciclo di coltivazione è annuale con semina autunno/invernale.
Produzione del “seme”
Caratterizzante la tecnica di produzione è l’ottenimento dei bulbilli per la semina, dato che la
riproduzione avviene per via vegetativa. Infatti ogni azienda seleziona manualmente la quota di
prodotto necessaria per produrre “il seme”.
Qualora l’azienda agricola non sia in grado di produrre il materiale di riproduzione o quello prodotto
non sia sufficiente al suo fabbisogno, può reperirlo presso altri produttori dell’area inserita nel sistema
di controllo della DOP, purché accompagnato dal certificato che ne attesti l’assenza di nematodi.
Le fasi per l’ottenimento del materiale da seminare prevedono:
1. la selezione manuale dei bulbi, detti “teste”, dai mazzi di aglio della partita destinata alla semina;
2. l’eliminazione manuale dei bulbilli esterni al bulbo detti “denti” o “natte”;
3. lo schiacciamento dei bulbi che può avvenire manualmente o meccanicamente;
4. l’eliminazione, mediante ventilazione ed asporto manuale, delle tuniche esterne di contenimento e
dell’apparato radicale;
5. la selezione dei bulbilli detti “spigoi” ottenuti dalle operazioni precedenti. Essa può avvenire con
modalità completamente manuale oppure con l’ausilio di una selezionatrice meccanica che
contemporaneamente effettua anche la ventilazione. In questo caso si effettuerà una successiva
selezione manuale finale dei bulbilli adatti ad essere seminati.
Epoca e modalità di semina
La semina deve essere effettuata dal 1 di ottobre al 31 di dicembre.
Essa può avvenire manualmente, con macchine agevolatrici o essere totalmente meccanizzata con
seminatrici pneumatiche.
E’ ammessa la concia del seme.
Il sesto di impianto (10-12 cm sulla fila e 33-40 tra le file) deve essere tale da evitare lo scalzamento
delle radici durante l’inverno o una moria per asfissia radicale, ed inoltre deve consentire
l’agevolazione delle operazioni colturali in particolare la sarchiatura meccanica. A tal fine il numero
massimo di piante per mq. dovrà essere compreso tra le 20 e 30.
La quantità di “seme” da impiegare varia a seconda della dimensione dei bulbilli, e deve essere
compresa tra 750 – 1.000 Kg./ha.
Concimazione ed irrigazione
E’ obbligatorio predisporre un piano di concimazione che preveda l’esecuzione dell’analisi del terreno
almeno una volta ogni 5 anni. Il tipo e la quantità di unità fertilizzanti da impiegare saranno correlati ai
risultati dell’analisi e terranno conto dell’asporto operato dalla coltura.
Nella concimazione vanno distribuiti al max 150 kg/ha di P2O5, 200 kg/ha di K2O,. L’azoto, distribuito
con più interventi o con un unico intervento se si usano concimi a lenta cessione, non deve superare
i 200 kg/ha.
Sono ammesse le concimazioni fogliari per l’apporto di macro e microelementi.
L’eventuale somministrazione di stallatico deve avvenire sulle colture precedenti per ridurre la
possibilità di sviluppo dei marciumi e per non influenzare il tipico colore bianco lucente
caratterizzante l’Aglio Bianco Polesano.
Qualora si effettuino irrigazioni alla coltura, andranno sospese 20 gg. prima della raccolta per
permettere una migliore maturazione del bulbo e non comprometterne la successiva conservazione.
Raccolta
Sulla base del grado di senescenza del fogliame e della maturità fisiologica delle piante, il produttore
decide il momento in cui inizia la fase di raccolta. Essa può avvenire completamente a mano, con
l’ausilio di macchine agevolatrici o essere completamente meccanizzata. Dopo essere stato estirpato
il prodotto deve subire una essiccazione naturale. Essa può avvenire sia in pieno campo che in
azienda.
Il prodotto conservato può essere venduto come DOP entro il mese di maggio dell’anno successivo
alla raccolta, previa frigo – conservazione.
La produzione di aglio polesano DOP dovrà essere al massimo di 14 ton. ad ettaro di prodotto secco.
Articolo 6.
Legame con l'ambiente geografico
Fattore pedoclimatico
La tipologia dei terreni, il clima temperato e asciutto e la diffusa presenza di aziende a conduzione
familiare ha fatto sì che negli anni l’aglio assumesse importanza per il territorio.
L’area interessata è caratterizzata dalla presenza di suoli fertili, frutto delle numerose inondazioni ed
esondazioni avutesi nei secoli, dei due fiumi che la delimitano a sud ed a nord, ovvero il Po e l’Adige.
L’opera dei suddetti fiumi ha portato alla creazione di suoli di medio impasto, argilloso/limosi, ben
drenati, porosi e fertili che ben si addicono ad una produzione di pregio qual è l’Aglio Bianco
Polesano.
Vi è anche un fondamento geomorfologico comprovato alla base delle caratteristiche chimiche dei
terreni dei Comuni elencati all’art. 3 delle quali va evidenziata la buona dotazione di fosforo e
potassio scambiabili, che influenzano la conservabilità e nel caso del potassio il tipico colore bianco
del prodotto. La presenza di Ca e Mg contribuisce al miglioramento qualitativo dei bulbi. Si può perciò
ritenere che la naturale dotazione di determinati elementi e microelementi, dei terreni dell’area
individuata fa di essi un ottimale substrato per la coltura dell’aglio bianco polesano.
Fattore umano
Esso va ad aggiungersi alle potenzialità dei terreni con due elementi:
1. la capacità, affinata con gli anni e trasmessa da padre in figlio, di selezionare a mano i bulbi “teste”
migliori da cui ricavare il materiale da seminare “ trattenuto dalla coltura precedente o acquistato
sul posto con la sola cura che esso sia grosso e sano.” S. Zennaro 1949;
2. le particolari lavorazioni eseguite a mano: la treccia detta “resta”, il treccione, il grappolo, il
grappolone, fanno sì che tale coltura sia intrinsecamente connessa con il territorio, le sue tradizioni
e la sua storia “.....Prima della vendita l’aglio subisce una leggera trasformazione che consiste nel
riunire insieme 30-32 bulbi secchi in una specie di intreccio, detto resta nel dialetto polesano,
naturalmente questa trasformazione ne aumenta il prezzo unitario......” S. Zennaro 1949.
Fattore storico/economico
Storicamente i primi accenni di tale coltura risalgono ai Romani, (la cui presenza risale al periodo
compreso tra il I e V secolo d.C.) ai Fenici, Etruschi ed ai Celti. Gli interventi di centuriazione e
bonifica operati dai Romani hanno fortemente influito sulla conformazione e assetto idrogeologico del
territorio. Il Peretto R. nella sua relazione sulle strade e bonifiche nell’antico territorio di Adria, ne “La
Centuriazione dell’Agro di Adria”, parlando dell’agro centuriato dice: <<Il grande disegno centuriato,
che interessa per oltre 200 kmq l’area a nord-ovest di Adria e che da Rovigo si porta …..>>.
A contribuire al legame con l’ambiente geografico troviamo, ancora nella pubblicazione “La
Centuriazione dell’Agro di Adria” una relazione di Enrico Maragno trattante dell’attività dei coloni
nell’Agro centuriato nella quale Egli richiama le Georgiche di Virgilio ove vi è la descrizione delle
colture più diffuse tra le altre quella dell’aglio.
Avvicinandoci al Medioevo, F.A. Bocchi scrive nei suoi “Annali Pollicinensi”, ne l’Ordinamento interni
di Rovigo e Polesine durante il secolo terzodecimo: <<..Era obbligo imposto agli abitanti di Rovigo e
del Comitato avente casa propria….inserire seu incalzare in broglio vel orto vel alio loco bono…>>.
Avvicinandoci ai tempi nostri troviamo le prime descrizioni della sua coltivazione in pubblicazioni del
XVI secolo,: Accademia dei Concordi Rovigo,: <<...Le campagne di Rovigo producono soprattutto
frumento, granoturco, barbabietole da zucchero ed uva........ Notevole importanza per la zona di
Selva assumono gli erbai, i prati avvicendati, le patate e l’aglio...>>. La zona di Selva comprende gli
attuali Comuni di Pontecchio, Crespino, Ceregnano.
Nel 1949 S. Zennaro scrive “…L’aglio è una coltura industriale che nel decennio precedente l’ultima
guerra………ha acquistato una importanza notevole ed è entrata decisamente a far parte del tipico
ordinamento colturale della zona.”
Attorno a tale prodotto si creò infatti un’attività di commercio tale da far sì che la piazza di Rovigo, nei
secoli, fosse punto di riferimento.
L’aglio polesano è diventato negli anni sempre più un elemento di sviluppo economico tale da
essere definito l’oro bianco del Polesine.
Articolo 7.
Struttura di controllo
Il controllo per l’applicazione delle disposizioni del presente disciplinare di produzione é svolto da una
struttura di controllo conformemente a quanto stabilito all’articolo 10 del regolamento CEE 2081/82.
Articolo 8.
Confezionamento ed etichettatura
La presentazione deve avvenire come di seguito riportato:
Imballaggi
I contenitori usati come imballaggio devono essere chiusi in modo tale che il contenuto non possa
essere estratto senza la rottura della confezione. Il materiale dell’imballaggio e le dimensioni saranno
quelli che il commercio richiede e la normativa permette.
I grappoloni ed i treccioni vengono messi in vendita, date le dimensioni, senza l’utilizzo di un
imballaggio di contenimento.
Le altre tipologie di lavorazione vengono invece commercializzate in imballi di legno plastica, cartone
o altro materiale idoneo. Ogni singolo pezzo (grappolo o treccia) deve essere accompagnato da un
cartellino riportante la denominazione con la scritta DOP ed il nome del produttore. Inoltre la porzione
terminale del pezzo rimasta deve essere avvolta da nastro adesivo riportante il logo identificativo
della DOP.
Ciascun imballaggio deve recare, in caratteri raggruppati sullo stesso lato, leggibili, indelebili, le
indicazioni che consentano l’identificazione dell’imballatore o speditore. Sui contenitori dovrà inoltre
essere indicata la denominazione “Aglio Bianco Polesano” e denominazione di origine protetta in
caratteri superiori a qualunque altra indicazione presente sulla confezione.
Il logo
Il logo distintivo è formato da un’ovale nel quale è inserita una planimetria stilizzata del Polesine di
colore verde su sfondo azzurro. Nella planimetria, sono evidenziati i due confini naturali del Polesine,
l’Adige e il Po di colore azzurro.
Sopra la planimetria stilizzata campeggia la scritta “DOP” che richiama il tricolore della bandiera
Italiana (la D verde, la P rossa e la lettera“O” bianca, che prende la forma dell’aglio).
Attorno all’ovale si distribuisce la scritta “Aglio Bianco Polesano - Denominazione D’Origine Protetta”
di colore azzurro con carattere Trebuchet MS Bold Italic e Italic (grassetto obliquo e obliquo).
Possono esistere della varianti alla forma a colori: monocromatico e in scala di grigi.
Una minima area di spazio bianco di 5 mm, deve circondare il logo in ogni situazione.
Il logo (compresa la scritta aglio bianco polesano), non deve mai essere riprodotto in misure minori di
20 mm di larghezza.