Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte
TIPOLOGIA A |
ANALISI DEL TESTO |
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Dante Alighieri, Commedia, Paradiso, XVII, vv.106-142 (ediz.
nazionale, 1967).
L’avo Cacciaguida indica a Dante il dovere di proclamare le verità, anche
se scomode.
Nel brano parla per primo Dante, Cacciaguida risponde.
106 |
«Ben veggio, padre mio, sì come sprona |
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107 |
lo tempo verso me, per colpo darmi |
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108 |
tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona; |
più si abbatte |
109 |
per che di provedenza è buon ch’io m’armi, |
per la qual cosa |
110 |
sì che, se loco m’è tolto più caro, |
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111 |
io non perdessi li altri per miei carmi. |
altri luoghi di rifugio a causa dei miei versi |
112 |
Giù per lo mondo sanza fine amaro, |
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113 |
e per lo monte del cui bel cacume |
dalla cui bella vetta |
114 |
li occhi de la mia donna mi levaro, |
mi innalzarono fin qui |
115 |
e poscia per lo ciel, di lume in lume, |
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116 |
ho io appreso quel che s’io ridico, |
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117 |
a molti fia sapor di forte agrume; |
sarà di aspro sapore |
118 |
e s’io al vero son timido amico, |
e d’altra parte |
119 |
temo di perder viver tra coloro |
di non vivere nella memoria |
120 |
che questo tempo chiameranno antico». |
dei posteri |
121 |
La luce in che rideva il mio tesoro |
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122 |
ch’io trovai lì, si fé prima corusca, |
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123 |
quale a raggio di sole specchio d’oro; |
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124 |
indi rispuose: «Coscïenza fusca |
Chi ha la coscienza sporca |
125 |
o de la propria o de l’altrui vergogna |
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126 |
pur sentirà la tua parola brusca. |
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127 |
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, |
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128 |
tutta tua visïon fa manifesta; |
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129 |
e lascia pur grattar dov’è la rogna. |
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130 |
Ché se la voce tua sarà molesta |
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131 |
nel primo gusto, vital nodrimento |
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132 |
lascerà poi, quando sarà digesta. |
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133 |
Questo tuo grido farà come vento, |
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134 |
che le più alte cime più percuote; |
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135 |
e ciò non fa d’onor poco argomento. |
non è piccolo motivo di onore |
136 |
Però ti son mostrate in queste rote, |
Perciò... in questi cieli ruotanti |
137 |
nel monte e ne la valle dolorosa |
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138 |
pur l’anime che son di fama note, |
soltanto |
139 |
che l’animo di quel ch’ode, non posa |
perché l’animo di chi ti ascolta |
140 |
né ferma fede per essempro ch’aia |
se usi esempi |
141 |
la sua radice incognita e ascosa, |
di origine ignota e oscuri |
142 |
né per altro argomento che non paia». |
o argomenti poco evidenti |
Continuando il suo viaggio nel Paradiso, Dante, guidato da
Beatrice, è giunto (canto XIV) nel cielo di Marte, nel quale sono raccolte le
anime di coloro che hanno combattuto per la fede: qui incontra (canto XV)
l’anima del suo antenato Cacciaguida. Questi saluta il suo discendente con
grande affetto e dapprima (canto XVI) gli descrive la vita, a suo dire
pacifica e onesta, della Firenze del suo tempo. Poi Cacciaguida si sofferma
(canto XVII) sul destino che aspetta Dante: la condanna politica e l’esilio.
Il poeta si mostra (versi 106-120) turbato ed esitante: teme di dover subire
molte persecuzioni anche in esilio, ma d’altra parte aspira ad essere
ricordato dai posteri come uomo veritiero e schietto. Il dialogo prosegue con
la risposta di Cacciaguida.
1. Comprensione del testo
Parafrasa con parole tue l’intero testo dantesco, inserendo le spiegazioni
che ti sono date a margine in corsivo. (Per comprendere qualche parola di uso
antico consulta un dizionario). Sulla base di questa comprensione del testo,
procedi poi all’analisi dei suoi caratteri rispondendo alle domande
seguenti.
2. Analisi del testo
2.1 In quali versi rivolti al suo avo Dante mostra maggiori segni
di debolezza? Individuali e commentali.
2.2 In quali versi Dante richiama le tappe del suo viaggio? Con
quali termini descrive i tre “regni” dell’oltretomba? Più avanti, anche
Cacciaguida richiama quei tre ambienti: in quale ordine li nomina? Confronta
le due serie di termini e il loro ordine, che dà un significato alla diversa
posizione dei due personaggi.
2.3 Quando allude alle critiche e accuse che i suoi versi lanciano
contro i potenti, Dante usa una ricca serie di termini figurati: individuali e
commentali.
2.4 Quali termini Dante usa per indicare l’anima beata del suo
antenato e descriverne l’atteggiamento? Nei canti precedenti, in cui avviene
l’incontro, Dante parla di una croce fatta di tanti punti luminosi in
continuo movimento.
2.5 Le parole messe in fine di verso e in rima acquistano maggiore
forza. Quali, tra queste parole, ti sembrano più cariche di significato?
2.6 Sai descrivere la struttura metrica delle terzine dantesche?
3. Approfondimenti
Dante dichiara, nei versi 118-120, che tiene molto ad acquistare fama tra i
posteri. Il poeta può sembrare vanitoso, ma in realtà vuole sottolineare
l’importanza che sempre si deve riconoscere a chi cerca di svelare il male
del mondo, perfino correndo dei rischi personali. Sviluppa l’argomento e
richiama anche altri casi a te noti, di scrittori o artisti o pensatori o
altri ancora, che secondo te hanno fatto, con piena consapevolezza, questo
dono agli altri uomini. Illustra in particolare la funzione che Dante ha avuto
per la coscienza politica, culturale e linguistica degli Italiani e per la
coscienza morale individuale dei suoi lettori.
TIPOLOGIA B |
Redazione di un "SAGGIO BREVE" o di un "ARTICOLO DI GIORNALE" |
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(puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti)
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” o di
“articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano.
Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti
e i dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la tua trattazione,
anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Da’ al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una
destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di
ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai
dare eventualmente uno specifico titolo.
Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, individua nei documenti
e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci
su di essi il tuo ‘pezzo’.
Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul
quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale
scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o
reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).
Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di
metà di foglio protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO - LETTERARIO
ARGOMENTO: L’aspirazione alla libertà nella tradizione e nell’immaginario
artistico-letterario.
DOCUMENTI
Dolce consorte, le rispose
Ettorre, |
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Or ti piaccia
gradir la sua venuta: |
ad esser forte, ed a volar
tra' primi |
|
"1. -[…] E se, come
io dissi, era necessario, volendo vedere la virtù di Moisè, che il
populo d'Isdrael fussi stiavo in Egitto, et a conoscere la grandezza
dello animo di Ciro, ch'e' Persi fussino oppressati da' Medi e la
eccellenzia di Teseo, che li Ateniensi fussino dispersi; così al
presente, volendo conoscere la virtù d'uno spirito italiano, era
necessario che la Italia si riducessi nel termine che ell'è di
presente, e che la fussi più stiava che li Ebrei, più serva ch'e'
Persi, più dispersa che li Ateniensi, sanza capo, sanza ordine;
battuta, spogliata, lacera, corsa, et avessi sopportato d'ogni sorte
ruina. |
O stranieri,
nel proprio retaggio |
|
|
«Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori,
suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: - Viva la
libertà! –
Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino
dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di
berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano. Poi irruppe in una
stradicciuola.
-A te prima, barone! che hai fatto nerbare la gente dai tuoi campieri! –
Innanzi a tutti gli altri una strega, coi vecchi capelli irti sul capo, armata
soltanto delle unghie. – A te, prete del diavolo! che ci hai succhiato
l’anima! – A te, ricco epulone, che non puoi scappare nemmeno, tanto sei
grasso del sangue del povero! – A te, sbirro! che hai fatto la giustizia
solo per chi non aveva niente! A te, guardaboschi! che hai venduto la tua
carne e la carne del prossimo per due tarì al giorno! –
E il sangue che fumava ed ubbriacava. Le falci, le mani, i cenci, i sassi,
tutto rosso di sangue! – Ai galantuomini! Ai cappelli! Ammazza! Ammazza!
Addosso ai cappelli – […]
E come l’ombra s’impiccioliva lentamente sul sagrato, la folla si
ammassava tutta in un canto. Fra due casucce della piazza, in fondo ad una
stradicciola che scendeva a precipizio, si vedevano i campi giallastri nella
pianura, i boschi cupi sui fianchi dell’Etna. Ora dovevano spartirsi quei
boschi e quei campi. Ciascuno fra sé calcolava colle dita quello che gli
sarebbe toccato di sua parte, e guardava in cagnesco il vicino. – Libertà
voleva dire che doveva essercene per tutti!».
G. VERGA, La Libertà, da “Novelle rusticane”, 1883
Su i quaderni di scolaro |
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E come potevamo noi
cantare |
«Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla
storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del
nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo
oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto
venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano
stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba
radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. […]
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa
dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al
piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la
nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente
elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza
dell’anima.
Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non
dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché
molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono
giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono
giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra
libertà».
Martin Luther KING, da I have a dream, 1965
È una delle opere più
note dell'artista. La libertà che guida il popolo nasce in relazione
ai moti rivoluzionari del luglio 1830, che rovesciarono il regno di
Carlo X in soli tre giorni. |
2. AMBITO SOCIO - ECONOMICO
ARGOMENTO: Il viaggio: esperienza dell’altro, formazione interiore,
divertimento e divagazione, in una parola, metafora della vita.
DOCUMENTI
«La felicità, che il lettore lo sappia, ha molte facce. Viaggiare,
probabilmente, è una di queste. Affidi i fiori a chi sappia badarvi, e
incominci. O ricominci. Nessun viaggio è definitivo».
J. SARAMAGO, Viaggio in Portogallo, Torino, 1999
«Che cosa non è un viaggio? Per poco che si dia
un’estensione figurata a questo termine – e non ci si è mai trattenuti
dal farlo – il viaggio coincide con la vita, né più né meno: essa è
forse altra cosa che un passaggio dalla nascita alla morte? Lo spostamento
nello spazio è il primo segno… Il viaggio nello spazio simboleggia il
passaggio del tempo, lo spostamento fisico, a sua volta, il cambiamento
interiore; tutto è viaggio».
T. TODOROV, Le morali della storia, Torino, 1995
«Oggi più che mai vivere significa viaggiare; la condizione
spirituale dell' uomo come viaggiatore, di cui parla la teologia, è anche una
situazione concreta per masse sempre più vaste di persone. Sempre più
incerto, nelle vertiginose trasformazioni del vivere, appare il ritorno -
materiale e sentimentale - a se stessi; l' Ulisse odierno non assomiglia a
quello omerico o joyciano, che alla fine ritorna a casa, bensì piuttosto a
quello dantesco che si perde nell' illimitato».
C. MAGRIS, Tra i cinesi che sognano Ulisse, CORRIERE DELLA SERA,
12/12/2003
«Il bambino che amerà viaggiare comincia a sei anni a
guardare i mappamondi e le carte geografiche. Inginocchiato nella sua stanza,
indifferente a qualsiasi richiamo della madre e del padre, segna col dito la
strada lunghissima che lo conduce per mare e per terra da Roma a Pechino, da
Mosca a Città del Capo, lungo gli andirivieni dei continenti e l’azzurro
scuro e chiaro degli oceani. Sfoglia le carte: si innamora del nome di Bogotà
o di Valparaiso, immagina di violare foreste tropicali e deserti, di scalare
l’Everest e il Kilimangiàro, come gli eroi dei suoi libri d’avventura.
Così l’infinito del mondo diventa famigliare e a portata di mano… Il
ragazzo impara che, quando viaggiamo, compiamo sempre due viaggi. Nel primo,
il più fantastico, egli legge la guida dell’Austria o della Svezia o
dell’Irlanda: città, fiumi, pianure, foreste, opere d’arte, notizie
storiche ed economiche. E studia il viaggio futuro. Nulla è più divertente
che progettarlo: perché il ragazzo muta gli itinerari della guida, stabilisce
nuovi rapporti, insegue luoghi sconosciuti, giunge in Austria dalla Baviera o
dalla Boemia, evita città o regioni che non ama, stabilisce la durata dei
percorsi, distingue mattine, pomeriggi e sere. Le ore sono piene di cose: in
una piazza di Vienna si fermerà, chissà perché, quattro ore. Il tempo viene
governato da una gioiosa pedanteria. Quando inizia il viaggio, il ragazzo si
accorge che la realtà non ha nulla o poco da fare coi suoi progetti
fantastici. Il paese che immaginava giallo è verde: quello che pensava rosso
è celeste. I due viaggi, quello fantastico e quello reale, quello delle guide
e quello del mondo, ora si accordano, ora si combattono».
P. CITATI, Le guide delle meraviglie, LA REPUBBLICA, 28/12/2004
«In definitiva, che modo di viaggiare è questo? Fare un giro
per questa città di Miranda do Douro, questa Cattedrale, questo sacrestano,
questo cappello a cilindro e questa pecora, dopodiché segnare una croce sulla
mappa, rimettersi in marcia e dire, come il barbiere mentre scuote
l’asciugamano: «Avanti un altro». Viaggiare dovrebbe essere tutt’altro,
fermarsi più a lungo e girare di meno, forse si dovrebbe addirittura
istituire la professione del viaggiatore, solo per chi ha tanta vocazione, è
di gran lunga in errore chi crede che sarebbe un lavoro di poca responsabilità,
ogni chilometro non vale meno di un anno di vita. Alle prese con questo
filosofare, il viaggiatore finisce per addormentarsi, e quando al mattino si
sveglia, ecco davanti agli occhi la pietra gialla, è il destino delle pietre,
sempre nello stesso posto, a meno che non venga il pittore e se le porti via
nel cuore».
J. SARAMAGO, Viaggio in Portogallo, Torino, 1999
«Il viaggiatore aveva un pregiudizio favorevole nei confronti
di popoli di contrade lontane e cercava di descriverli ai suoi compatrioti;…
ora l’uomo moderno è incalzato. Il turista farà quindi, un’altra scelta:
le cose, e non più gli esseri umani, saranno oggetto della sua predilezione:
paesaggi, monumenti, rovine… Il turista è un visitatore frettoloso …non
solo perché l’uomo moderno lo è in generale, ma anche perché la visita fa
parte delle sue vacanze e non della sua vita professionale; i suoi spostamenti
all’estero sono limitati entro le sue ferie retribuite. La rapidità del
viaggio costituisce già una ragione della sua preferenza per l’inanimato
rispetto all’animato: la conoscenza dei costumi umani, diceva Chateaubriand,
richiede tempo. Ma c’è un’altra ragione per questa scelta: l’assenza di
incontri con soggetti differenti, è molto riposante, poiché non mette mai in
discussione la nostra identità; è meno pericoloso osservare cammelli che
uomini».
T. TODOROV, Noi e gli altri, “L’Esotico”, Torino, 1991, passim
«Ero a Volgograd…Ero a Benares…Ero a Ketchum…Ero a Jàsnaja
Poljana…Ero a Colonia…Ero sull’Ortigara… Tutti gli spostamenti fisici,
se l’intelligenza vuole e il cuore lo concede, possono assomigliare a
splendidi incroci magnetici. Attraversare lo spazio eccita il tempo. Sarà per
questo che, quando parto, cerco sempre di trovare, innanzitutto, le ragioni
del ritorno? Non erano così i viaggi del Novecento! Molti di quelli che li
compivano avrebbero voluto smarrirsi in un altrove fantastico capace di
garantire, a poco prezzo e senza troppi disagi, chissà quali clamorose
scoperte e fulgide ebbrezze… In classe abbiamo una bella carta geografica.
Molti miei alunni, slavi, arabi, africani e asiatici, possono considerarsi
esperti viaggiatori. Hanno mangiato la polvere dei deserti, il catrame delle
autostrade. Conoscono la vernice scrostata delle sbarre doganali, i sonni
persi con la testa appoggiata al finestrino dell’autobus, i documenti
stropicciati fra le mani… Adesso sono loro a spiegarmi, con pazienza e
lungimiranza, lasciando scorrere il dito sulla mappa, le scalcinate periferie
di Addis Abeba, la foresta pluviale poco distante da Lagos, i mercati
galleggianti di Dacca, gli empori di Herat, le feste di Rabat, gli scantinati
di Bucarest. Ed io compio davvero insieme a loro, senza pagare il biglietto,
il giro del mondo in aula».
E. AFFINATI, Viaggiare con il cuore, CORRIERE DELLA SERA, 4/2/2005
«Si vorrebbe sempre essere: essere stati, mai. E ci ripugna
di non poter vivere contemporaneamente in due luoghi, quando e l’uno e
l’altro vivono nel nostro pensiero, anzi nel nostro sistema nervoso: nel
nostro corpo… Possiamo infatti metterci in viaggio. Ma mentre la meta si
avvicina e diventa reale, il luogo di partenza si allontana e sostituisce la
meta nell’irrealtà dei ricordi; guadagnamo una, e perdiamo l’altro. La
lontananza è in noi, vera condizione umana… Laggiù si sognava la patria,
come dalla patria si sogna l’estero. Ma il primo grande viaggio lascia nei
giovani, di qualunque levatura e sensibilità, un dissidio che le abitudini
non possono comporre; precisa l’idea degli oceani, dei porti, dei distacchi;
crea quasi, nella mente, una nuova forma, una nuova categoria: la categoria
della lontananza; la considerazione, ormai, di tutte le terre lontane. È
forse un vizio. Chi è stato in Cina vorrebbe provare l’Argentina, il
Transvaal, l’Alaska. Chi è stato al Messico si commuove anche quando sente
parlare dell’India, dell’Australia, della Cina. Questi nomi, una volta al
più colorate e melanconiche geografie, sono ora possibili, reali,
affascinanti. Chi ha provato la lontananza difficilmente ne perde il gusto. Il
primo viaggio, la prima sera che il novo-peregrin è in cammino, nasce la
nostalgia, per sempre. Ed è il desiderio di tornare non soltanto in patria;
ma dappertutto: dove si è stati e dove non si è stati. Due grandi direzioni
si alternano: verso casa, verso fuori… Non capisce, forse, non ama il
proprio paese chi non l’ha abbandonato almeno una volta, e credendo fosse
per sempre».
M. SOLDATI, America primo amore, “Lontananza”, 1935
3. AMBITO STORICO - POLITICO
ARGOMENTO: Crollo dei regimi nazionalistici, “guerra fredda” e motivi
economici agli inizi del processo di integrazione europea.
DOCUMENTI
«Era ovunque assai forte [nella seconda metà degli anni Quaranta del sec. XX]
la repulsione contro il nazionalismo – il proprio non meno che quello degli
altri – che tanti mali aveva prodotto...Affermazioni europeiste, più o meno
precise, apparvero quindi con frequenza crescente nelle dichiarazioni
programmatiche di molti partiti e governi. Questa diffusione non fu tuttavia
uguale in tutti i paesi e in tutti i partiti dell’Europa occidentale. Ebbe
un terreno più favorevole nelle nazioni che avevano avuto l’esperienza
dell’umiliazione totale dei loro Stati, e che necessariamente riponevano una
assai minor fiducia nella restaurazione delle tradizionali sovranità
nazionali. L’europeismo si diffuse con relativa facilità, come si può ben
comprendere, in Germania e in Italia, che dal loro sfrenato nazionalismo
avevano raccolto amarissimi frutti, nonché in Olanda, Belgio e Lussemburgo,
che avevano constatato il valore nullo della sovranità dei loro piccoli
paesi…Messo da parte il capo della liberazione, le forze politiche francesi
che assunsero la direzione della Quarta Repubblica si orientarono assai presto
verso una politica estera europeista, vedendo in essa la sola possibilità di
mettere su basi nuove le relazioni future, soprattutto con la Germania».
A. SPINELLI, Europeismo, in “Enciclopedia del Novecento”, vol. II,
Roma, 1977
«Per gli americani però un’Europa efficacemente
ricostruita, parte dell’alleanza militare antisovietica che costituiva il
logico complemento del Piano Marshall – l’Organizzazione del Trattato del
Nord Atlantico (NATO) istituita nel 1949 – doveva realisticamente fondarsi
su una forte economia tedesca e sul riarmo della Germania. Il meglio che i
francesi potevano fare era di intrecciare così strettamente gli interessi
francesi e quelli tedesco-occidentali da rendere impossibile il sorgere di un
nuovo conflitto tra i due vecchi avversari. I francesi proposero perciò la
propria versione dell’unione europea nella forma della Comunità Europea del
Carbone e dell’Acciaio (1950), che si sviluppò nella Comunità Economica
Europea o Mercato Comune Europeo (1957), più tardi semplicemente designata
come Comunità Europea e, dal 1993, come Unione Europea. I suoi quartieri
generali erano a Bruxelles, ma il suo vero nucleo risiedeva nell’unità
franco-tedesca».
E.J. HOBSBAWM, Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 1994
«In questo clima fu approvato il 18 aprile 1951 il testo del
trattato istitutivo della “Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio”, che, dopo il completamento dei processi di ratifica, entrò
in vigore il 25 luglio 1952, con la immediata nomina di Jean Monnet a
presidente dell’Alta Autorità della CECA stessa...Il trattato infatti si
poneva esplicitamente come il primo passo verso il superamento di quelle
rivalità storiche che avevano diviso l’Europa da sempre...L’Europa aveva
pagato con il proprio declassamento internazionale e con l’autodistruzione
l’antico prevalere della politica di potenza. Pur senza voler affermare che
la politica di potenza cessasse per virtù di norme scritte in un trattato, è
importante rilevare che questo trattato recepiva un sentire comune, secondo il
quale nulla poteva giustificare i sacrifici di nuove guerre e tutto doveva
incanalarsi entro l’alveo dei negoziati: all’interno di istituzioni o
fuori di esse ma sempre in modo pacifico. La pacificazione fra la Germania e
la Francia attraverso il trattato CECA era un primo segno, grazie al quale
diventava possibile affermare che i rapporti fra i due paesi non sarebbero più
divenuti una minaccia per la pace europea».
E. DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali (1918-1992), Roma-Bari,
Laterza, 1994
«La tensione provocata dal blocco di Berlino nel 1948, dalla
creazione delle due Germanie, dalle pesanti limitazioni all’attività
industriale tedesca imposte dal Consiglio di controllo alleato era elevata.
Relegare l’economia tedesca a una posizione di inferiorità non appariva
realistico visto che, sin da allora, si cominciava a sentire la necessità di
associare la Germania alla difesa dell’Occidente…Acciaio e carbone
costituivano allora la base della potenza economica».
B. CEPPETELLI CAPRINI, La Comunità del carbone e dell’acciaio, in
“Storia dell’integrazione europea”, vol. I, Marzorati, Milano, 1997
4. AMBITO
TECNICO - SCIENTIFICO
ARGOMENTO: Catastrofi naturali: la scienza dell’uomo di fronte
all’imponderabile della Natura!
DOCUMENTI
«Natura! Ne siamo circondati e avvolti - incapaci di uscirne, incapaci di
penetrare più addentro in lei. Non richiesta, e senza preavviso, essa ci
afferra nel vortice della sua danza e ci trascina seco, finché, stanchi, non
ci sciogliamo dalle sue braccia. Crea forme eternamente nuove; ciò che esiste
non è mai stato; ciò che fu non ritorna – tutto è nuovo, eppur sempre
antico. Viviamo in mezzo a lei, e le siamo stranieri. Essa parla continuamente
con noi, e non ci tradisce il suo segreto. Agiamo continuamente su di lei, e
non abbiamo su di lei nessun potere. Sembra aver puntato tutto
sull’individualità, ma non sa che farsene degli individui. Costruisce
sempre e sempre distrugge: la sua fucina è inaccessibile… Il dramma che
essa recita è sempre nuovo, perché crea spettatori sempre nuovi. La vita è
la sua più bella scoperta, la morte, il suo stratagemma per ottenere molta
vita... Alle sue leggi si ubbidisce anche quando ci si oppone; si collabora
con lei anche quando si pretende di lavorarle contro... Non conosce passato né
avvenire; la sua eternità è il presente… Non le si strappa alcuna
spiegazione, non le si carpisce nessun beneficio, ch’essa non dia
spontaneamente… È un tutto; ma non è mai compiuta. Come fa oggi, potrà
fare sempre».
J. W. GOETHE, Frammento sulla natura, 1792 o 1793
«Molte sono e in molti modi sono avvenute e avverranno le
perdite degli uomini, le più grandi per mezzo del fuoco e dell’acqua...
Quella storia, che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il
carro del padre, poiché non era capace di guidarlo lungo la strada del padre,
incendiò tutto quello che c’era sulla terra ed anch’egli morì fulminato,
ha l’apparenza di una favola, però si tratta in realtà della deviazione
dei corpi celesti che girano intorno alla terra e che determina in lunghi
intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantità di fuoco, di
tutto ciò che c’è sulla terra… Quando invece gli dei, purificando la
terra con l’acqua, la inondano,... coloro che abitano nelle vostre città
vengono trasportati dai fiumi nel mare... Nel tempo successivo, accaduti
grandi terremoti e inondazioni, nello spazio di un giorno e di una notte
tremenda... scomparve l’isola di Atlantide assorbita dal mare; perciò
ancora quel mare è impraticabile e inesplorabile, essendo d’impedimento i
grandi bassifondi di fango che formò l’isola nell’inabissarsi».
PLATONE, Timeo, 22c – 25d passim
«La violenza assassina del sisma ci pone davanti alla nostra
nuda condizione umana e alle nostre responsabilità. Inadeguatezza delle
nostre conoscenze, l’insufficienza delle nostre tecnologie… Un punto
tuttavia – tutto laico - è ineludibile: dobbiamo investire nuove energie
sul nesso tra natura e comunità umana. Energie di conoscenza, di tecnologie
ma anche di solidarismo non genericamente umanitario, ma politicamente
qualificato».
G. E. RUSCONI, L’Apocalisse e noi, LA STAMPA, 30/12/2004
«Mi fa una certa tenerezza sentire che l’asse terrestre si
è spostato. Mi fa tenerezza perché fa della Terra un oggetto più tangibile
e familiare. Ce la fa sentire più «casa», piccolo pianeta dal cuore di
panna, incandescente, che mentre va a spasso negli spazi infiniti insieme al
Sole, gli gira intorno, ruota su se stesso e piroetta intorno al proprio asse
– un ferro da calza infilato nel gomitolo del globo – che con la sua
inclinazione di una ventina di gradi ci dà il giorno e la notte e
l’alternarsi delle stagioni. Non è male ricordarsi ogni tanto che la Terra
è grande, ma non infinita; che non vive di vita propria in mezzo al nulla, ma
ha bisogno di trovarsi sempre in buona compagnia; che non è un congegno
automatico ad orologeria, ma che tutto procede (quasi) regolarmente soltanto
per una serie di combinazioni fortunate. La Terra è la nostra dimora,
infinitamente meno fragile di noi, ma pur sempre fragile e difesa soltanto
dalle leggi della fisica e dalla improbabilità di grandi catastrofi
astronomiche… Quella dello spostamento dell’asse terrestre è solo una
delle tante notizie–previsioni di matrice scientifica… C’è chi dice che
a questo evento sismico ne seguiranno presto altri «a grappoli»... Altri
infine fanno previsioni catastrofiche sul tempo che sarà necessario per
ripristinare certi ecosistemi… Ciò avviene...perché moltissime cose le
ignoriamo, soprattutto in alcune branche delle scienze della Terra... La verità
è che, eccetto casi particolarmente fortunati, non siamo ancora in condizione
di prevedere i terremoti e i maremoti».
E. BONCINELLI, Dall’asse distorto ai grappoli sismici. Quando la scienza
vuol parlare troppo, CORRIERE DELLA SERA, 2/1/2005
«Il paradosso è questo: i fattori che causano un maremoto...
sono gli stessi che, ragionando in tempi lunghi, hanno reso il nostro Pianeta
un luogo privilegiato del sistema solare, dove la vita ha potuto svilupparsi
ed evolvere. Partiamo da considerazioni banali: gli ingredienti di uno tsunami
o maremoto sono due: grandi masse d’acqua liquida, cioè l’oceano; e,
sotto all’oceano, uno strato solido e rigido, la litosfera terrestre, che
però si muove. La litosfera che giace sotto gli oceani varia di spessore tra
i 10 e gli 80 chilometri; in alcune zone particolari è squassata
periodicamente da improvvisi sussulti con spostamenti di masse che possono
trasmettere grande energia alle acque sovrastanti e causare il maremoto. Ma
perché questi sussulti, perché questa litosfera solida ma viva, vibrante,
sempre in movimento...? E poi, perché questi grandi volumi di acqua liquida
che coprono i due terzi della nostra Terra?».
E. BONATTI, Ma è l’oceano che ci dà vita, IL SOLE 24 ORE, 2/1/2005
«Il XX secolo ci ha insegnato che l’universo è un posto più
bizzarro di quanto si immagini... Né l’instabilità dell’atomo, né la
costanza della velocità della luce si accordano allo schema classico della
fisica newtoniana. Si è aperta una frattura fra ciò che è stato osservato e
quanto gli scienziati possono invece spiegare. A livello microscopico i
cambiamenti sono improvvisi e discontinui: gli elettroni saltano da un livello
energetico all’altro senza passare per stadi intermedi; alle alte velocità
non valgono più le leggi di Newton: la relazione fra forza e accelerazione è
modificata, e così pure la massa, le dimensioni e perfino il tempo... La
speranza che tutti i fenomeni naturali possano essere spiegati in termini di
materia, di forze fondamentali e di variazioni continue è più esile di
quanto si creda, anche negli ambiti di ricerca più familiari. Ciò vale per
buona parte della fisica e per alcuni aspetti della chimica, scienza che solo
nel XIX secolo è divenuta rigorosamente quantitativa, mentre è molto meno
vero per la chimica organica e per la biochimica. Scienze della Terra, come la
geologia o la meteorologia, in cui la complessità non può essere troppo
idealizzata, si basano più su descrizioni e giudizi qualitativi specializzati
che su una vera teoria».
A. VOODCKOC – M. DAVIS, La teoria delle catastrofi, Milano, 1982
«Comprendere il mondo, agire sul mondo: fuor di dubbio tali
sono gli obiettivi della scienza. In prima istanza si potrebbe pensare che
questi due obiettivi siano indissolubilmente legati. Infatti, per agire, non
bisogna forse avere una buona intelligenza della situazione, e inversamente,
l’azione stessa non è forse indispensabile per arrivare ad una buona
comprensione dei fenomeni?... Ma l’universo, nella sua immensità , e la
nostra mente, nella sua debolezza sono lontani dall’offrirci sempre un
accordo così perfetto: non mancano gli esempi di situazioni che comprendiamo
perfettamente, ma in cui ci si trova ugualmente in una completa incapacità di
agire; si pensi ad un tizio la cui casa è invasa da un’inondazione e che
dal tetto sui cui si è rifugiato vede l’onda che sale o lo sommerge.
Inversamente ci sono situazioni in cui si può agire efficacemente senza
comprenderne i motivi... quando non possiamo agire non ci resta più che fare
buon viso a cattivo gioco e accettare stoicamente il verdetto del destino...
Il mondo brulica di situazioni sulle quali visibilmente possiamo intervenire,
ma senza sapere troppo bene come si manifesterà l’effetto del nostro
intervento».
R. THOM, Modelli matematici della morfogenesi, Torino, 1985
TIPOLOGIA C |
TEMA DI ARGOMENTO STORICO |
Europa e Stati Uniti d’America: due componenti fondamentali
della civiltà occidentale. Illustra gli elementi comuni e gli elementi di
diversità fra le due realtà geopolitiche, ricercandone le ragioni nei
rispettivi percorsi storici.
TIPOLOGIA D |
TEMA DI ORDINE GENERALE |
L’Unesco ha dedicato il 2005 alla fisica e, con essa, ad
Albert Einstein, che nel 1905, con la pubblicazione delle sue straordinarie
scoperte, rivoluzionò la nostra visione del mondo. La notorietà di Einstein
è legata in modo particolare alla teoria della relatività, ma anche alle sue
qualità morali e ai valori ai quali ispirò la sua azione: fede, non
violenza, antifondamentalismo, rispetto per l’altro, egualitarismo,
antidogmatismo.
Riflettendo sulla statura intellettuale e morale dello scienziato e sulla base
delle tue conoscenze ed esperienze personali, discuti del ruolo della fisica e
delle altre scienze quali strumenti per la esplorazione e la comprensione del
mondo e la realizzazione delle grandi trasformazioni tecnologiche del nostro
tempo.
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Durata massima della prova: 6 ore.
È consentito soltanto l’uso del dizionario di Italiano.
Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla
dettatura del tema.