La indicazione geografica protetta "Carciofo di Paestum (IGP)", è stata registrata con Reg. CE n. 465/04.
Organismo di controllo: Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo di Certificazione dei prodotti e dei processi del settore agroalimentare).
Già dai documenti statistici del Regno di Napoli, nel XIX secolo è evidenziata la presenza di carciofi nella zona di Evoli, l'attuale Eboli e Capaccio. Le prime coltivazioni dovrebbero essere state impiantate, da agricoltori del Napoletano, proprio nelle zone adiacenti ai famosi Templi di Paestum. Una diffusione della coltura in senso economico si ebbe invece, solo nel terzo decennio del Novecento, in seguito alle opere di bonifica e di trasformazione agraria. Il carciofo di Paestum è detto anche “Tondo di Paestum” per la caratteristica forma tondeggiante dei capolini, che presentano altri due importanti elementi di tipicità: la compattezza e l'assenza di spine nelle brattee. Il Carciofo di Paestum (Tondo di Paestum) appartiene alla famiglia dei carciofi di tipo “Romanesco”, ma si distingue rispetto ad altre produzioni carcioficole per le sue innumerevoli qualità e caratteristiche tipiche quali: la grossa pezzatura, la forma sub-sferica e il sapore gradevole, frutto di una accurata tecnica di coltivazione messa a punto dagli agricoltori della Piana del Sele. Ogni pianta produce circa 5-6 capolini nel periodo compreso tra febbraio e maggio, tale caratteristica di precocità consente al carciofo di Paestum di essere presente sul mercato prima di ogni altro tipo di carciofo del tipo Romanesco.
Sino a pochi anni fa la moltiplicazione del carciofo avveniva attraverso i cosiddetti carducci, ossia germogli ascellari prodotti alla base della pianta che vengono staccati poco prima dell'impianto. Tale tecnica comportava produzioni tardive e scarse nel primo anno di produzione.
Questo inconveniente è stato risolto, attualmente, estirpando i germogli solo quando hanno assunto dimensioni tali da riuscire a dar vita a piantine che radicano bene e sono quindi in grado di fornire produzioni più abbondanti. È diventata, negli anni, la coltivazione più importante della Piana del Sele.
La superficie attuale investita a carciofo è di circa 2000 ettari. La produzione di “Carciofo di Paestum” è quindi pari a circa 200.000 quintali.
A favorire il consumo di questo ortaggio sono i numerosi pregi, tra cui le virtù terapeutiche e salutari dovute al suo contenuto salino e vitaminico: il carciofo contiene calcio, fosforo, ferro, sodio, potassio, vitamine A, B1, B2, C, PP, acido nolico, acido citrico, cinarina, tammino e zuccheri. È quindi un tonico, stimola il fegato, calma la tosse, contribuisce a purificare il sangue, fortifica il cuore, dissolve i calcoli e disintossica. Le caratteristiche organolettiche e morfologiche consentono, inoltre, al carciofo di Paestum di essere molto apprezzato sul mercato ed in cucina, dove viene utilizzato nella preparazione di svariate ricette tipiche e piatti locali come la pizza con i carciofini, la crema e il pasticcio ai carciofi.
È consigliabile tenere il prodotto nel frigo e consumarlo il prima possibile.
Carciofo di Paestum IGP
Articolo 1.
L’indicazione geografica protetta (I.G.P.) "Carciofo di Paestum" è riservata ai carciofi che
rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione,
elaborato ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92.
Articolo 2.
L’indicazione geografica protetta "Carciofo di Paestum" designa i capolini dei biotipi riferibili
al tipo “Romanesco”, anche detto “Tondo di Paestum”, prodotto nel territorio definito nel
successivo art. 3.
Articolo 3.
La zona di produzione del "Carciofo di Paestum”, di cui al presente disciplinare comprende
parte del territorio dei seguenti comuni della provincia di Salerno: Agropoli, Albanella, Altavilla
Silentina, Battipaglia, Bellizzi, Campagna, Capaccio, Cicerale, Eboli, Giungano, Montecorvino
Pugliano, Ogliastro Cilento, Pontecagnano Faiano, Serre.
Più precisamente il confine dell'area interessata inizia a Sud dalla strada che, a partire
dall’intersezione tra il Mar Tirreno ed il fiume Solofrone (Carta I.G.M. 1:25000 di Agropoli
Foglio 198 III Sud Ovest), giunge alla Stazione di Ogliastro Cilento e, da qui, prosegue verso
Est costeggiando la località Tempa della Monaca e Mattine, attraversa la località Piscone fino
ad incrociare il vallone San Pietro in corrispondenza del confine naturale tra Agropoli ed
Ogliastro Cilento, prosegue, quindi, incrociando il confine comunale tra Ogliastro Cilento e
Cicerale, passa nei pressi delle località Terzerie, Ficocelle e San Felice dove abbandona la
suddetta via seguendo la curva a quota 49, passando, prima, al di sotto del torrente la Mola
poi, risalendo verso Nord, incrocia il suddetto torrente entrando nel territorio comunale di
Giungano. Qui imbocca la via che passa in prossimità delle località San Giuseppe e
Convingenti, attraversa il vallone Tremonti, costeggia la località Lampione, si immette sulla
strada che da Giungano porta alla Strada Statale n. 18 percorrendola per breve tratto e,
quindi, devia lungo la via che costeggia Terra Lunga attraversando il confine comunale con
Capaccio, passa per la località C.se Picilli, poi per la località Cannito e la località Font.
Strazzano e, quindi, discende lungo il sentiero che attraversa il vallone Cannito e giunge ad
immettersi sulla vecchia strada Cilentana in corrispondenza della località Pisciolo, Da qui
prosegue (Carta I.G.M. 1: 25000 di Paestum Foglio 198 III Nord Ovest), sempre lungo la
strada Cilentana, passando per Chiumara, ed all’altezza di Gian Cesare, risale a monte fino ad
immettersi, all’altezza del Km 2, sulla Strada Provinciale n. 13. Da qui discende fino alla
località Pietrale immettendosi sulla Strada Statale n. 166 degli Alburni, in prossimità del Km. 3.
Prosegue lungo questa via fino ad incrociare, oltrepassato il Km 5, il confine comunale tra
Roccadaspide e Capaccio in prossimità di Seude di Rocca. Prosegue lungo il suddetto confine
comunale, devia su strada che conduce, dopo breve tratto, alla strada che coincide con il
confine comunale tra Capaccio ed Albanella, passando al di sotto di C.se Torre, di Masseria
Scigliati congiungendosi con la via Consortile. Segue la via Consortile, attraversa la località
Fravita fino a raggiungere l’abitato di Matinella del comune di Albanella (Carta I.G.M. 1:25000
di Persano Foglio 198 IV Sud Ovest). Prosegue lungo la continuazione della stessa via fino a
superare il Ponte la Cosa entrando nel comune di Altavilla Silentina e raggiunge (Carta I.G.M.
1:25000 di Altavilla Silentina Foglio 198 IV Sud Est) dopo un tratto pressoché rettilineo,
l’abitato di Cerrelli. Dall’abitato di Cerrelli, imbocca la via che porta al Ponte sul Calore
entrando nel comune di Serre e prosegue verso Ovest lungo la stessa via fino ad incrociare
(Carta I.G.M. 1:25000 di Campagna Foglio 198 IV Nord Est) la Strada Statale n. 19 delle
Calabrie.
Il confine prosegue lungo la suddetta strada passando sul Ponte Sele, entra nel comune di
Campagna, e, sempre lungo la Strada Statale n. 19, passa in prossimità della Masseria S. Vito,
quindi di San Paolo e sempre proseguendo lungo la Statale n. 19, entra nel comune di Eboli,
oltrepassa il fosso del Telegro (Carta I.G.M. 1:25000 di Eboli Foglio 198 Nord Ovest), passa in
prossimità della Madonna della Catena e dell’abitato di Eboli. Prosegue, sempre lungo la
suddetta strada, fino all’abitato di Battipaglia. Da qui imbocca la Strada Statale n. 18 all’altezza
della Masseria Barra. Prosegue la suddetta strada fino al centro dell’abitato di Bellizzi (Carta
I.G.M. 1:25000 di Pontecagnano Faiano Foglio 197 I Nord Est).
Qui imbocca la Strada Statale n. 164 delle Croci di Acerno (Carta I.G.M. 1:25000 di Eboli)
e, all’altezza del Km 3 della suddetta strada, devia verso la Strada Provinciale San Vito -
Pagliarone.
Percorre, entrando nel comune di Montecorvino Pugliano, la suddetta strada sfiorando C.
Salerno e C. Alfano; passa, poi, sotto l’abitato di San Vito (Carta I.G.M. 1:25000 di
Pontecagnano Faiano) e prosegue costeggiando la località Longobardo; a questo punto devia
sulla strada che dalla località Longobardo raggiunge Pontirotti entrando nel comune di
Pontecagnano Faiano, passa sotto la masseria Cacciabene, attraversa la località Scontrafrate e,
quindi, si immette lungo questa strada di collegamento tra Faiano e Sant’Antonio a Picenza;
continua lungo questa strada attraversando la località Conforti, quindi devia sulla strada che
conduce a Trivio Granata. Da questa strada devia nuovamente, passando al di sotto della
località Pollice, fino a congiungersi con la Strada Statale n. 18 Tirrena Inferiore all’altezza del
Km 65. Il confine, poi, attraversa l’abitato di Pontecagnano Faiano fino ad incrociare il corso
del Fiume Picentino che segue fino al Mar Tirreno.
Da qui, procedendo verso Sud, il confine è segnato dal Mar Tirreno sino al punto di
intersezione con il Torrente Solofrone passando per le carte I.G.M. di Pontecagnano Faiano,
Aversana, Foce Sele, Paestum e Agropoli.
Tutta l’area delimitata sopra è riportata nell’allegato A, costituito da cartine I.G.M. in scala
1:25000.
Articolo 4.
Le condizioni climatiche dell’area, ideali per la coltivazione del carciofo di Paestum (clima
tipicamente mediterraneo caratterizzato da inverni miti e piovosi ed estati caldo-asciutte),
hanno favorito la forte presenza della coltura da tempi immemorabili. Gli evidenti segni del
connubio tra coltura e popolazione li troviamo evidenti nel gran numero di piatti a base di
carciofo che caratterizzano la cucina locale, e nell’elevato grado di specializzazione dei
produttori dell’area, acquisita con tecniche di coltivazione tramandate di generazione in
generazione. Per questo prodotto tipico verrà garantita la rintracciabilità mediante la creazione
di un elenco di produttori che saranno soggetti alle verifiche da parte dell’organismo di
controllo.
Gli stessi impianti per la lavorazione del “Carciofo di Paestum I.G.P.”, sono iscritti
nell’apposito elenco, attivato, tenuto e aggiornato dallo stesso organismo di controllo.
Articolo 5.
La coltivazione del carciofo inizia con le operazioni di impianto consistenti in una accurata
preparazione del terreno che prevede una aratura profonda, un interramento dei concimi di
fondo e/o sostanza organica, una o due erpicature ed un definitivo livellamento della
superficie.
Successivamente avviene il trapianto, tra il 15 luglio e il 31 di agosto utilizzando piantine
con pane di terra allevate in alveoli, provenienti da vivai propri o specializzati, oppure tra il 1°
settembre e il 30 settembre utilizzando carducci prelevati direttamente dalle piante madri.
Negli impianti già esistenti devono essere effettuate delle erpicature tra le file per
arieggiare il terreno e procedere con l’irrigazione verso metà agosto per consentire il risveglio
vegetativo della carciofaia.
La carciofaia deve essere mantenuta in coltivazione per non più di tre anni.
Le forme di coltivazione devono essere quelle in uso generalizzato nella zona con un sesto
di impianto di 110-120 cm tra le file e di 80-90 cm sulla fila per un investimento massimo di
10.000 piante per ettaro.
La raccolta va effettuata nel periodo compreso dal 1° febbraio al 20 maggio.
La produzione unitaria massima di “Carciofo di Paestum” è fissata fino ad un massimo di
50.000 capolini ad ettaro.
Le operazioni di cernita, di calibratura e di lavaggio, secondo le tecniche già acquisite
localmente, devono essere effettuate in stabilimenti situati nell’ambito dell’intero territorio dei
comuni ricadenti nella zona di produzione del “Carciofo di Paestum” indicata nel precedente
art. 3. Ai fini dell’immissione al consumo, per dilazionarne la vendita, il prodotto può essere
conservato in locali idonei ed eventualmente a temperatura controllata, non superiore a 4 gradi
centigradi, per un tempo massimo di 72 ore.
Il prodotto recante la I.G.P. “Carciofo di Paestum”, allo stato fresco, all’atto dell’immissione
al consumo, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
pezzatura media (non più di 4 capolini con gambo per Kg di prodotto);
capolini di forma sub-sferica, compatta, con caratteristico foro all’apice, con diametro
della sezione massima trasversale compreso tra 8,5 e 10,5 cm di diametro della sezione
massima longitudinale compreso tra 7,5 e 12,5 cm, e con rapporto tra i due compreso tra 0,9
e 1,2;
colore verde, con sfumatura violetto-rosacea;
brattee esterne ovali, con apice arrotondato ed inciso, inermi;
brattee interne paglierino-verdastre con sfumature violette;
peduncolo di lunghezza inferiore a 10 cm.
Il prodotto, per essere immesso al consumo, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
deve essere ottenuto secondo le tecniche locali tradizionali già acquisite dai produttori.
E’ ammesso l’uso di cocci di terracotta per la protezione dei capolini;
non sono ammessi trattamenti con fitoregolatori (gibberelline), comunque somministrati.
Articolo 6.
Il “Carciofo di Paestum” si distingue rispetto ad altre produzioni carcioficole per le sue
innumerevoli qualità e caratteristiche tipiche (pezzatura grossa, forma sub-sferica, sapore
gradevole), frutto di una accurata tecnica di coltivazione messa a punto dagli agricoltori della
Piana del Sele. E’ un tipo locale proveniente dal gruppo dei carciofi di tipo Romanesco. Da
questi si contraddistingue per una serie di caratteristiche peculiari conferitegli dall’ambiente di
coltivazione. Innanzitutto la precocità che consente al Carciofo di Paestum di essere presente
sul mercato già dal mese di febbraio prima di ogni altro tipo di carciofo del tipo Romanesco.
Inoltre, la precocità, in riferimento al periodo di produzione (febbraio-maggio) caratterizzato
da un clima fresco e piovoso, conferisce maggiore tenerezza e delicatezza ai capolini in
particolare alla parte basale delle brattee ed al ricettacolo più carnoso e più gustoso,
caratteristiche importanti per le svariate destinazioni culinarie. Le caratteristiche del carciofo
restano pressoché invariate nel corso dei cicli produttivi, in quanto gli agricoltori hanno messo
a punto diversi accorgimenti colturali per porre rimedio a variazioni climatiche che si possono
verificare tra diverse annate agrarie.
Articolo 7.
L’accertamento della sussistenza delle condizioni tecniche di idoneità ed i relativi controllo
saranno effettuati da un organismo di controllo rispondente ai requisiti di cui all’art. 10 del
regolamento CEE n. 2081/92.
Articolo 8.
L’immissione al consumo del “Carciofo di Paestum” deve avvenire secondo le seguenti
modalità:
il prodotto deve essere posto in vendita in appositi contenitori rigidi, da un minimo di 2
capolini ad un massimo di 24;
sulle confezioni contrassegnate ad I.G.P., o sulle etichette apposte sulle medesime
devono essere riportate, a caratteri di stampa chiari e leggibili, delle medesime dimensioni, le
seguenti indicazioni:
a) “Carciofo di Paestum” e “Indicazione geografica protetta” (o la sua sigla I.G.P.);
b) il nome, la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda confezionatrice o produttrice;
c) la quantità di prodotto effettivamente contenuto nella confezione, espressa in
conformità alle norme vigenti;
I caratteri di cui alla lettera b) devono essere di dimensioni inferiori almeno del 50%
rispetto a quelli della lettera a);
d) il simbolo grafico di cui all’allegato B, relativo all’immagine artistica del logotipo
specifico ed univoco, da utilizzare in abbinamento inscindibile con l’Indicazione
Geografica Protetta.
I prodotti per la cui preparazione è utilizzato il “Carciofo di Paestum I.G.P.”, anche a
seguito di processi di elaborazione e di trasformazione, possono essere immessi al consumo in
confezioni recanti il riferimento a detta denominazione senza l’apposizione del logo
comunitario, a condizione che:
il “Carciofo di Paestum I.G.P.”, certificato come tale, costituisca il componente esclusivo
della categoria merceologica di appartenenza;
gli utilizzatori del “Carciofo di Paestum I.G.P.” siano autorizzati dai titolari del diritto di
proprietà intellettuale conferito dalla registrazione della denominazione “Carciofo di Paestum”
I.G.P. riuniti in consorzio incaricato alla tutela dal Ministero delle politiche agricole e forestali.
Lo stesso Consorzio incaricato provvederà anche ad iscriverli in appositi registri ed a vigilare
sul corretto uso della denominazione protetta. In assenza del consorzio di tutela incaricato le
predette funzioni saranno svolte dal MIPAF in quanto autorità nazionale preposta all’attuazione
del regolamento (CEE) 2081/92.
L’utilizzazione non esclusiva del “Carciofo di Paestum I.G.P.”, consente soltanto il
riferimento alla denominazione, secondo la normativa vigente, tra gli ingredienti del prodotto
che lo contiene, o in cui è trasformato o elaborato.
All’Indicazione geografica protetta, di cui all'art. 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi
qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli
aggettivi: tipo, gusto, selezionato, scelto e similari.
E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento ad aziende, nomi, ragioni
sociali, marchi privati, consorzi, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in
inganno l'acquirente.
Tali indicazioni potranno essere riportate in etichetta con caratteri di altezza e di larghezza
non superiori alla metà di quelli utilizzati per indicare l’Indicazione Geografica Protetta.
Articolo 9.
Con la creazione del logotipo I.G.P. “Carciofo di Paestum” ai sensi del regolamento CEE
2081/92 si è voluto richiamare il legame stretto tra il carciofo e il luogo (area intorno ai templi
di Paestum) dove è stato per la prima volta coltivato. Il simbolo grafico è, infatti, composto da
una immagine del Tempio di Nettuno sito a Paestum circondato da un cielo di colore (cyan
80% e magenta 25%) e conseguentemente sfumato da nuvole di sottofondo e da piccoli
spicchi di vegetazione la cui difformità varia da un composto di:
cyan = 40%;
magenta = 40%;
giallo = 70%;
nero = 40%;
con una oscillazione a calare del 30% di magenta e del 25% di nero.
L’immagine del Tempio di Nettuno appare scontornata in una forma ovale e racchiusa
esternamente da una bordatura costituita da una doppia linea (interna di colore nero ed
esterna di colore pantone green CVP). La doppia linea viene interrotta a circa 374 dal lato
superiore dell’ovale stesso da una dicitura “Carciofo di Paestum” di colore nero e di carattere“Times”.
Nella parte basso/centrata dell’immagine del tempio è incastonato un ovale di colore bianco
sul quale poggia l’immagine del carciofo di Paestum il cui si interrompe sulla linea di bordatura
esterna di colore pantone green CPV.
Entrambe le immagini (Tempio di Nettuno e Carciofo di Paestum) sono state create
attraverso la sovrapposizione di quattro colori chiamata “quadricromia”, la quale è costituita
dai colori basilari denominati: cyan – magenta – giallo – nero.
Per la realizzazione del logo i colori sopradescritti sono stati necessariamente stampati su
un fondo di colore bianco.
Carciofo di Paestum IGP