La cooperazione - quale forma di solidarietà fra gli uomini - è nata per una tendenza naturale dell’uomo ad associarsi, allo scopo di affrontare e superare le difficoltà e gli ostacoli che egli incontra, innanzitutto, nel soddisfacimento di alcuni bisogni primari derivanti dalla necessità di nutrirsi, di vestirsi, ecc., poi nel raggiungimento di condizioni di vita più elevate che gli permettano un migliore sviluppo della sua personalità, nell’ambiente della famiglia, del lavoro ed in quello più vasto della società. L’idea della cooperazione , quindi, è vecchia quant’è vecchio il mondo. Sembra che 3.000 a.C. esistessero a Babilonia delle società mutualistiche per le affittanze collettive della terra e che 44 a.C. ad Ostia operassero delle forme associative tra muratori ed operai del porto.
Lo sviluppo delle forme associative venne intensificandosi nel settecento con l’avvento del capitalismo, cioè di quel sistema economico-politico in cui il capitale assume una funzione preponderante, rispetto al fattore lavoro. Il sistema capitalistico era stato il frutto del liberalismo (teorizzato in campo economico principalmente da Adam Smith 1723-1790) che propugnava la libertà massima, spinta fino alla concorrenza incontrollata, in uno Stato che doveva fungere solo da “carabiniere”, senza preoccuparsi delle classi meno abbienti e senza alcun programma di intervento economico-sociale. Al capitalismo si era arrivati in seguito ad una serie di importantissime scoperte ed invenzioni che diffusero l’impiego delle macchine, favorendo un notevole sviluppo tecnologico, soprattutto nel settore dell’industria. Il nuovo sistema apportò considerevoli profitti ai detentori di capitale, mentre creò per i salariati una situazione di sfruttamento. Questa situazione di sfruttamento spinse i lavoratori ad associarsi nelle varie forme mutualistiche.
Il capitalismo portò alla divisione della società in due classi contrapposte: l’una fatta di pochi straricchi e l’altra di una massa di proletari. Questo stato di cose diede origine alla “questione sociale” (cioè al problema dei rapporti fra la classe dei capitalisti e quella dei proletari) trattata da Leone XIII nella sua ormai famosa enciclica “Rerum novarum” (1891), dove il Papa propugnava la collaborazione delle due classi, ponendo sullo stesso piano i due fattori capitale e lavoro.
Il capitalismo trovò ben presto un feroce antagonista nel collettivismo, sistema economico socialista che - contro la soluzione pacifica del conflitto sociale additata dalla dottrina sociale cristiana - propugnava la lotta di classe e l’eliminazione della proprietà con il trasferimento dei mezzi di produzione allo Stato (Karl Marx 1818-1883).
Di contro alle sperequazioni create dal capitalismo e di contro alla sovversione violenta propugnata dal collettivismo ecco, finalmente, nascere un’idea di pace e di armonia sociale: l’idea cooperativa, ispirata ai principi della fratellanza umana e della solidarietà sociale. La cooperazione infatti mira all’elevazione economica - sociale delle classi più modeste, senza negare l’importanza del capitale, necessario all’organizzazione dell’impresa; senza negare il diritto alla proprietà ed al risparmio, moventi importanti dell’attività umana, affermando la partecipazione del lavoro nel governo della società e non la sua sottomissione al capitale. La cooperazione si presenta, quindi, come una nuova via fra il capitalismo ed il collettivismo, anche se oggi le intersezioni fra un modello e l’altro, nonché l’evoluzione ed il fermento che caratterizzano la società capitalistica e quella socialista sono tali da non permettere più una rigida demarcazione tra l’una e l’altra.
La cooperazione prima di arrivare alla realizzazione di validi esperimenti (metà del 1800) passò attraverso una fase ideologica che trovo espressioni significative in alcuni importanti pensatori inglesi e francesi (utopisti).
Gli esperimenti degli utopisti fallirono per difetti di organizzazione e di poca preparazione e perché troppo poco aderenti alla realtà. Ma i tempi erano ormai maturi per il nascere di vere e proprie cooperative secondo li concetto moderno.
Tra i realizzatori del movimento figurano soprattutto:
· un gruppo di operai tessitori di una cittadina industriale inglese - Rochdale - che nel 1844 fondarono una cooperativa di consumo che dettò i principi basilari del movimento a tutto il modo;
· Schulze - Delitzsch (1808-1883) che nel 1850 costituì la prima di quelle cooperative di credito chiamate più tardi Banche popolari (che operavano soprattutto nelle città e tra i ceti medi);
· F. G. Raiffeisen (1818-1888) che nel 1854 costituì ad Heddesdorf - dove era sindaco - una società di beneficenza, trasformatasi nel 1864 in “Cassa sociale di credito”. Le cooperative di credito costituite dal Raiffeisen e fondate sulla responsabilità illimitata dei loro aderenti operavano soprattutto fra i contadini ed a tale modello si ispirarono poi le Casse Rurali italiane;
· Luigi Luzzati (1841-1927) - il padre della cooperazione di credito italiana - fondatore a Lodi nel 1864 della 1a Popolare italiana;
· Leone Wollenborg (1859-1930) che nel 1883 fondò in provincia di Padova la prima Cassa Rurale;
· Don Lorenzo Guetti (1847-1898) fondatore del movimento cooperativo trentino (1890 - 1a cooperativa di consumo).
Per quanto riguarda la situazione italiana, a differenza di altri paesi europei, la cooperazione si è polarizzata attorno a due filoni principali: uno che si ispira alla matrice cattolica, tipica dei piccoli proprietari agricoli e l’altro che si ispira a quella marxista, propria dei braccianti della valle Padana: In particolare, i cattolici prevalsero nell’orientamento delle cooperative venete e trentine, dando luogo alla formazione della cooperazione “bianca”, mentre i marxisti ottennero, invece, prevalentemente il controllo dell’Emilia Romagna, costituendo il filone della cooperazione “rossa”.
Questa situazione evidentemente ha portato il movimento cooperativo italiano ad organizzarsi attorno a più associazioni di cooperative. Infatti nel 1886 veniva costituita la federazione delle società cooperative italiane, trasformatasi poi in Lega Nazionale delle Cooperative, rimasto organismo unitario di rappresentanza e tutela delle imprese cooperative fino al 1919 quando per il distacco dei cattolici venne costituita la Confederazione delle Cooperative Nazionali.
Lega Nazionale delle Cooperative e Confederazione Cooperative Nazionali vennero poi sciolte nel 1925 ad opera del regime fascista, che nell’insieme svolse un’azione repressiva sullo sviluppo della cooperazione. Nel ritornato clima di libertà dell’immediato dopoguerra(1945) le due centrali vennero ricostituite sotto il nome di Confederazione Cooperative Italiane, cui aderirono le cooperative di ispirazione cattolica, e di Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue cui aderirono le cooperative di ispirazione comunista e socialista. A queste venne ad aggiungersi nel 1952 un’altra associazione riconosciuta e cioè l’Associazione Nazionale delle Cooperative e Mutue promossa dalla componente laica-liberale.
L’art. 2511 del Codice Civile dispone che “le imprese che hanno scopo mutualistico possono costituirsi come società cooperative”. Le cooperative si costituiscono per atto pubblico con un numero illimitato si soci, ma non inferiore a 9 (per taluni tipi di cooperativa richiede un numero di soci maggiore: per le cooperative di consumo il numero non deve essere inferiore a 50 ed a 30 per le casse rurali e artigiane). Sono dotate di personalità giuridica e vengono iscritte presso il Tribunale, la Camera di commercio e la Prefettura per i necessari controlli sul piano fiscale e per quanto concerne la mutualità. L’art. 45 della nostra Costituzione “riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata” e propone di promuoverne e favorirne l’incremento con i mezzi più idonei. A causa dello scopo mutualistico delle cooperative, esse godono di particolari agevolazioni fiscali, subordinate però ad alcuni obblighi e divieti ( es. obbligo di destinare ogni anno alla riserva non meno del 20% dell’utile; divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse legale sul capitale versato; il patrimonio aggiunto, nei casi di scioglimento, deve essere devoluto ad altri Enti mutualistici).
La distinzione fondamentale è la seguente:
· cooperative a responsabilità illimitata, nelle quali per le obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio sociale e, in caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento, rispondono in via sussidiaria i soci solidalmente ed illimitatamente (art. 2513 C.C.);
· cooperative a responsabilità limitata, nelle quali per le obbligazioni risponde di regola solo il patrimonio sociale. Tuttavia, anche per queste ultime, l’atto costitutivo può stabilire, in caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, una responsabilità sussidiaria e solidale dei soci, limitata ad un multiplo della quota di ciascuno (art. 2514 C.C.).
Le norme di costituzione sono previste dall’art. 2518 C.C. La cooperativa deve costituirsi per atto pubblico con la presenza di tutti i soci davanti ad un notaio. L’atto costitutivo deve indicare:
1. il cognome, il nome, la data di nascita, il domicilio, la cittadinanza dei soci fondatori;
2. la denominazione, sede e durata della società;
3. l’attività che la cooperativa intende svolgere per l’elevazione materiale e morale dei soci;
4. se la società è a responsabilità illimitata o limitata;
5. le quote sociali sottoscritte dai soci;
6. le condizioni per l’ammissione, il recesso e l’esclusione dei soci;
7. le norme per la ripartizione degli utili;
8. le forme di convocazione dell’assemblea dei soci;
9. il numero degli amministratori ed i loro poteri con la indicazione di chi ha la rappresentanza sociale;
10. il numero dei componenti il collegio sindacale.
L’atto costitutivo deve essere depositato presso la cancelleria del tribunale per l’omologazione. Emesso il decreto di omologazione, la società deve essere iscritta nel registro delle imprese. Con l’iscrizione al registro delle imprese, la società acquista personalità giuridica. Entro trenta giorni dall’avvenuto deposito della documentazione presso il tribunale, le società cooperative debbono pubblicare i propri atti sul bollettino ufficiale delle società cooperative (BUSC) pubblicato dal Ministero del lavoro. Completata la legale costituzione con l’iscrizione nel BUSC, gli amministratori devono provvedere ai seguenti ulteriori adempimenti:
- presentare alla Camera di Commercio la denuncia dell’avvenuta costituzione della società;
- chiedere l’iscrizione nel registro prefettizio;
- depositare l’atto costitutivo presso l’ufficio distrettuale delle imposte dirette.
Gli organi della cooperativa previsti dalla legislazione vigente sono:
- l’assemblea dei soci;
- il consiglio di amministrazione;
- il collegio sindacale;
- il collegio dei probiviri.
ASSEMBLEA DEI SOCI. E' l’organo che esprime la volontà di tutti i soci: in essa ciascun socio ha diritto ad un voto a prescindere dal valore della quota o dal numero delle azioni possedute. Le personalità giuridiche possono avere una pluralità di voti con un massimo di cinque in base all’ammontare della partecipazione o al numero dei loro membri.
Le assemblee possono essere ordinarie o straordinarie in base alla materia da trattare: Sono ordinarie quelle previste dalla statuto a data fissa, straordinarie quelle convocate per modificare l’atto costitutivo o per la nomina dei liquidatori.
L’assemblea è convocata dagli amministratori; può essere convocata dai sindaci in caso di omissione da parte degli amministratori. Le deliberazioni dell’assemblea vincolano tutti i soci anche se non intervenuti o dissenzienti.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE. Il consiglio di amministrazione è l’organo esecutivo della società al quale affidata la gestione sociale in conformità alle direttive impartite dall’assemblea. La nomina degli amministratori spetta all’assemblea ed ha durata di tre anni. Gli amministratori sono rieleggibili e revocabili da parte dell’assemblea.
COLLEGIO SINDACALE. E' l’organo di controllo e vigilanza delle cooperative. Deve controllare l’amministrazione, la regolare tenuta della contabilità, la corrispondenza del bilancio e del conto profitti e perdite, dei libri e delle scritture contabili, verificare la consistenza della cassa, ecc. Il collegio è costituito da tre a cinque membri effettivi, inoltre possono essere nominati due supplenti.
COLLEGIO DEI PROBIVIRI. E' l’organo a cui è demandato il compito di dirimere le controversie che insorgono tra i soci o tra questi e la società, in relazione all’interpretazione delle disposizione contenute nello statuto e nei regolamenti. Il collegio non è un organo obbligatorio per legge.
Il codice prescrive che le società cooperative debbano tenere libri contabili e sociali per dimostrare in ogni momento la propria situazione economica.
I libri obbligatori sono:
- il libro dei soci (generalità dei soci oltre alle quote o al numero di azioni possedute);
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee;
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni del Consiglio di amministrazione;
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
I libri e le scritture contabili obbligatori sono:
- il libro giornale, che deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa;
- il libro degli inventari che deve redigersi all’inizio dell’esercizio e successivamente ogni anno.
L’inventario deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle attività relative all’impresa. Esso si chiude con il bilancio ed il conto profitti e perdite, il quale deve dimostrare gli utili conseguiti o le perdite subite.
Tra le scritture facoltative ricordiamo: il libro mastro, il libro cassa, il libro magazzino.
Gli amministratori della società devono, a fine di ogni anno, redigere il bilancio d’esercizio con il conto profitti e perdite o conto economico.
Il bilancio di esercizio risulta costituito da due prospetti:
· lo stato patrimoniale che riporta i valori che contribuiscono alla formazione dei redditi degli esercizi futuri;
· il conto economico da cui risultano quei valori concorrono alla formazione del reddito di esercizio.
Il conto economico evidenzia i ricavi realizzati e i costi sostenuti relativi al periodo di gestione considerato.
Le tre principali organizzazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute con decreto del Ministero del lavoro, denominate “centrali cooperative”, attualmente operanti in Italia sono:
1. la Confederazione delle Cooperative Italiane;
2. la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue;
3. l’Associazione Generale delle Cooperative Italiane.
4. l’UNCI, Unione Nazionale Cooperative Italiane www.unci.org
Cooperative di consumo (es. COOP)
- Cooperative di produzione e lavoro
- Cooperative edilizie
- Cooperative agricole
- Cooperative di acquisto (es. Consorzi Agrari Provinciali) - scopi: acquistare mezzi di produzione a prezzi più convenienti, di qualità migliore, con più facili agevolazioni creditizie
- Cooperative di vendita - scopi: vendere le produzioni agricole dei soci a prezzi remunerativi
- Cooperative di trasformazione (es. cantine sociali, caseifici sociali) - scopi: trasformazioni dei prodotti grezzi e facilmente deperibili in altri più finiti e conservabili
- Cooperative di produzione (es. stalle sociali) - mettere in comune i mezzi di produzione (terra, lavoro e capitale) per dar vita ad un’azienda più vasta (inoltre affittanza collettiva)
- Cooperative di servizi (es. cooperative agromeccaniche) - scopi: acquisto in comune di macchine operatrici e motrici di grande potenza molto costose
- Cooperative di credito (es. casse rurali) e di assicurazione (FATA)
In ogni settore produttivo possono essere costituite cooperative che operano in modo autonomo (cooperative di 1° grado). Quando alcune di queste (almeno cinque) si associano per produrre o per gestire insieme una medesima attività, costituiscono una nuova cooperativa, detta consorzio o cooperativa di 2° grado.
Ad esempio: stalla sociale, cooperativa di 1° grado; caseificio sociale, cooperativa di 2° grado. A loro volta più cooperative di 2° grado possono unirsi e costituire un’altra cooperativa, costituita da più consorzi (cooperativa di 3° grado).
Con la legge n. 59 del 31 maggio 1992 sono state introdotte nuove norme in materia di cooperazione. Il provvedimento, atteso da molti anni (l’ultima riforma parziale risale a circa venti anni fa), nasce dalla necessità di contribuire alla costituzione di cooperative più efficienti ed in grado di concorrere, con altre figure societarie, sul libero mercato. La nuova normativa introduce rilevanti novità soprattutto riguardo alla capacità di capitalizzazione delle cooperative tentando di non snaturare i principi sui quali è fondata la cooperazione stessa. Viene, infatti, introdotta la figura del socio “sovventore”, cioè finanziatore; viene elevato il tetto massimo della quota e delle azioni che ciascun socio può possedere; viene data alle cooperative la possibilità di emettere azioni “di partecipazione cooperativa” senza diritto di voto, ma con privilegi nella ripartizione degli utili e nella ridistribuzione del capitale; viene data la possibilità di costituire dei fondi mutualistici da destinare allo sviluppo della cooperazione; viene introdotta la possibilità di destinare una quota degli utili di esercizio all’aumento del capitale versato, realizzando così la rivalutazione delle quote e delle azioni.